Con l’ordinanza n. 41542 del 27 dicembre 2021, la Suprema Corte di Cassazione, pronunciandosi in materia condominiale, ha stabilito che in caso di furto nell’appartamento di un condominio verificatosi grazie all’impalcatura priva di allarme e illuminazione, rispondono la ditta ed il condominio.
Nella vicenda in esame, Tizia citava in giudizio il condominio Alfa e la ditta di costruzioni Beta, deducendo di aver subito, nell’appartamento dei suoi genitori presso cui aveva il domicilio, sito al quinto piano del predetto condominio, un furto di gioielli per un valore complessivo di euro 33.925,00; il furto in questione era stato agevolato dalla presenza di un’impalcatura, posizionata a ridosso dell’edificio dall’impresa appaltatrice Beta in occasione di lavori di manutenzione straordinaria, di cui i ladri si erano serviti per raggiungere l’appartamento. La donna chiedeva la condanna di entrambi i convenuti, in solido, al risarcimento dei danni patiti.
Il giudice di prime cure riconosceva la responsabilità di entrambi i convenuti: in particolare, secondo il Tribunale, la ditta era responsabile, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per aver omesso la dovuta diligenza nel posizionare l’impalcatura, ed il condominio, ai sensi dell’art. 2051 c.c., per omessa custodia. Pertanto, li condannava, entrambi in solido, a risarcire la somma di euro 33.925,00 alla luce del preventivo in atti.
La Corte territoriale confermava che la responsabilità di entrambi gli originari convenuti era stata provata, sia a mezzo di prove testimoniali, sia con riscontri oggettivi, effettuati dagli agenti di Pubblica Sicurezza; altresì, escludeva l’omessa valutazione di un preteso comportamento colposo di Tizia nel custodire i preziosi ed accoglieva esclusivamente il motivo di appello, inerente al quantum di cui aveva ridotto l’importo, in via equitativa, ad euro 10.000,00.
A questo punto, la vicenda approdava in Cassazione, la quale dichiarava inammissibile il ricorso.
In particolare, il Tribunale Supremo affermava che tutti i motivi erano volti ad evocare un inammissibile riesame degli elementi di prova, elementi che, lungi dall’essere costituiti dalla sola testimonianza de relato actoris, come ritenuto dal ricorrente, erano stati tutti oggettivamente riscontrati dall’agente di polizia intervenuto nell’immediatezza del fatto e confermati da altri testi. Inoltre, tutti gli elementi riscontrati avevano consentito di ricostruire, in maniera univoca, il furto, le modalità di accesso all’appartamento, l’assenza di sistemi di allarme e di illuminazione sulle impalcature, nonché la presenza di una porta blindata nell’appartamento.
Infine, gli Ermellini precisavano che la pretesa violazione dell’art. 1226 c.c. era in evidente contrasto con consolidato principio della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “Il giudice deve, anche d’ufficio, procedere alla liquidazione equitativa dei danni di cui riconosca l’esistenza, tanto nell’ipotesi in cui sia completamente mancata la prova del loro ammontare, a causa dell’impossibilità di fornire congrui ed idonei elementi a riguardo, quanto nell’ipotesi in cui, pur essendosi svolta attività processuale per fornire tali elementi, per la notevole difficoltà di una precisa quantificazione, non siano stati ritenuti di sicura efficacia”.
Avvocato Giusy Sgrò