La causa condominiale si protrae per quasi 30 anni, ma a ricorrere per l’irragionevole durata può essere solo il condominio per il tramite dell’amministratore, non i singoli condòmini. È quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 5426 del 18 marzo 2016.
————–
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., sent. 18.3.2016, n. 5426
————–
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3 dicembre 2015 dal Presidente relatore dott. ….
Ritenuto che, con distinti ricorsi depositati presso la Corte d’appello di Torino, F.G. (e altri) chiedevano la condanna del Ministero della giustizia per la irragionevole durata di un giudizio civile iniziato dinnanzi alla Pretura di Genova nel 1989 e definito in primo grado con sentenza depositata il 9 gennaio 2009, confermata in appello con sentenza 20 marzo 2012;
che il consigliere designato rigettava la domanda ritenendo che legittimato fosse il solo condominio, quale parte processuale nel giudizio presupposto;
che avverso questo decreto i ricorrenti proponevano distinti ricorsi in opposizione ai sensi dell’art. 5-ter della legge n. 89 del 2001;
che la Corte d’appello, in composizione collegiale, riuniti i giudizi, rigettava l’opposizione;
che per la cassazione di questo decreto F.G. (e altri) hanno proposto ricorso sulla base di due motivi;
che l’intimato Ministero ha resistito con controricorso;
che i ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
Considerato
– che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117, 1119, 1131, 1133 e 1134 cod. civ., sostenendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere il difetto di legittimazione attiva dei singoli condòmini perché una domanda di equa riparazione era già stata proposta dall’amministratore del condominio, a tanto autorizzato dall’assemblea condominiale;
– che, proseguono i ricorrenti, il condominio costituisce un mero ente di gestione, privo di personalità giuridica, sicché tutte le vicende riferibili al condominio, e tra queste la irragionevole durata di un giudizio dal quale il condominio sia parte, afferiscano ai singoli condòmini;
– che con il secondo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e / o falsa applicazione degli artt. 2 della legge n. 89 del 2001, 12 delle preleggi, 1117 e 1131 cod. civ., sollecitano una riconsiderazione dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte n. 19663 del 2014, atteso che l’approdo cui la stessa è pervenuta – affermazione della esclusiva legittimazione attiva al condominio risulta contrastante con la ribadita configurazione dal condominio come ente di gestione, oltre che fondarsi su elementi – l’attribuzione del codice fiscale, la possibilità di denominare il condominio – tutt’altro che determinanti;
– che il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, è infondato;
– che le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente affermato il principio per cui “in caso di violazione del termine ragionevole del processo, qualora il giudizio sia stato promosso dal condominio, sebbene a tutela di diritti connessi alla partecipazione di singoli condòmini, ma senza che costoro siano stati parte in causa, la legittimazione ad agire per l’equa riparazione spetta esclusivamente al condominio, quale autonomo soggetto giuridico, in persona dell’amministratore, autorizzato dall’assemblea dei condòmini” (Cass., S.U., n. 19663 del 2014);
– che la Corte d’appello si è attenuta a tale principio, che il Collegio condivide;
– che le deduzioni dei ricorrenti non appaiono idonee ad indurre ad una riconsiderazione del richiamato arresto, peraltro assai recente e congruamente motivato in relazione alle peculiarità della posizione del condominio nell’ordinamento giuridico;
– che il ricorso deva essere rigettato;
– che, essendo intervenuta la citata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte successivamente alla proposizione del ricorso, le spese del presente giudizio possono essere interamente compensate;
– che, risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui al comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico approvato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di cassazione.