GLI ANNUNCI SULLE RIVISTE PER RICOSTRUIRE IL REDDITO REALE DEI SOCI DELL’IMMOBILIARE
[A cura di: Carmen Miglino, FiscoOggi – Agenzia delle Entrate]
Le inserzioni pubblicitarie sulle riviste di settore consentono al Fisco di ricostruire induttivamente i ricavi della società di intermediazione immobiliare, pur in presenza di scritture contabili formalmente regolari. Costituisce ius receptum, infatti, il principio secondo cui, in tema di accertamento, l’articolo 39 del Dpr 600/1973 consente la rideterminazione dei ricavi e, quindi, dei redditi su base induttiva, facendo ricorso a presunzioni semplici di cui agli articoli 2727 e 2729 del codice civile, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, quando la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile.
A ribadire il principio di diritto, la suprema Corte, con la sentenza n. 9732 del 13 maggio 2015.
Il fatto
La vicenda riguarda una società d’intermediazione immobiliare, cui il Fisco notificava, per più annualità, un avviso di accertamento a fini Iva e Irap, con cui ricostruiva induttivamente, mediante una percentuale di calcolo basata sulle inserzioni pubblicitarie in una rivista, le provvigioni percepite nell’esercizio dell’attività. Investita della questione, la Ctp accoglieva i ricorsi della società, annullando i relativi accertamenti; stessa sorte per i ricorsi presentati dai singoli soci.
L’appello dell’ufficio, proposto avverso una delle sentenze favorevoli alla società, veniva parzialmente accolto; di contro, quello avverso le sentenze favorevoli ai soci veniva rigettato.
Dopo alterne vicende (difatti, un primo giudizio era stato dichiarato nullo per violazione del litisconsorzio necessario tra società di persone e soci), la vicenda approda in Cassazione, dove viene confermata la legittimità dell’avviso emesso nei confronti della società.
La decisione
I giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dell’ufficio, cassato la sentenza impugnata e deciso nel merito.
In particolare, la Corte ha ribadito che l’articolo 39 del Dpr 600/1973 consente la rideterminazione dei ricavi – quindi dei redditi – su base induttiva, facendo ricorso a presunzioni semplici di cui agli articoli 2727 e 2729 del codice civile, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, quando la contabilità possa essere considerata “complessivamente ed essenzialmente inattendibile”.
Nel caso di specie, osservano i giudici, le Commissioni di merito hanno fatto corretta applicazione del suddetto principio e, infatti, per quanto concerne gli accertamenti a carico della società, hanno ritenuto che gli elementi raccolti in sede di verifica fossero tali da far disattendere le risultanze delle scritture contabili anche se tenute regolarmente; a tali conclusioni, la Ctr giunge “dalle contraddizioni rilevate tra agende e block notes, che testimoniano una intensa attività, confermata dall’elevato numero di inserzioni, e il numero limitato degli incarichi di intermediazione nelle compravendite immobiliari documentati, i risultati di esercizio negativi degli ultimi sette anni e i redditi irrisori di partecipazione dichiarati dai soci”.
I citati elementi sono stati qualificati dalla Ctr come presunzioni semplici ma gravi, precise e concordanti, quindi, prove idonee a supportare l’accertamento a carico della società e dei soci.
Secondo consolidata giurisprudenza, infatti, il ritrovamento di una contabilità parallela legittima, a prescindere dalla sussistenza di altri elementi, la rettifica dell’imponibile (cfr. Cassazione 23585/2009). Inoltre, puntualizzano i giudici, la Ctr non ha omesso di valutare quanto documentato da parte del contribuente, visto che ha ridotto parte dei ricavi accertati sulla base del denunciato minor numero di vendite rispetto al numero di inserzioni pubblicitarie accertate.
Ulteriori osservazioni
L’articolo 39, comma 1, Dpr 600/1973, dopo aver enunciato le diverse fattispecie che costituiscono i presupposti dell’accertamento del reddito d’impresa basato sulle risultanze della contabilità (accertamento analitico), prevede alla lettera d), ultimo periodo, che “L’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti” (accertamento analitico-induttivo).
Tale disposizione consente all’ufficio, anche in presenza di “scritture contabili regolarmente tenute dal punto di vista formale (…), ma affette, in virtù di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, da incompletezze, inesattezze ed infedeltà” (cfr Cassazione, 9884/2002 e 5731/2012), di procedere legittimamente all’accertamento analitico-induttivo della base imponibile del reddito d’impresa, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, ovvero dimostrando anche per presunzioni, purché dotate dei requisiti di gravità, precisione e concordanza (articolo 2729 cc), l’inesattezza o l’incompletezza di una o più poste delle scritture.
È pacifico che gli elementi posti a base di una presunzione non devono essere necessariamente più di uno, “potendo il convincimento del giudice basarsi anche su di un solo elemento – purché grave e preciso – e dovendosi ritenere il requisito della concordanza menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi (cfr. Cassazione 22122/2010, 12671/2005, 12060/2002, 914/1999, 12482/1998 e 12481/1998).
La presunzione semplice, difatti, è un procedimento logico da cui il giudice desume l’esistenza di un fatto ignoto dalla presenza di un fatto noto, sul presupposto di una loro successione nella normalità dei casi; ne consegue che anche un solo fatto, se grave e preciso, possa essere idoneo a fondare il convincimento del giudice.
Se un singolo elemento indiziario è idoneo a fornire una presunzione grave e precisa, non vi sono dubbi sulla legittimità dell’accertamento analitico-induttivo che si fondi esclusivamente su di esso.
I requisiti di gravità, precisione e concordanza, richiesti dalla legge, vanno ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti a una valutazione globale e non con specifico riferimento a ciascuna inferenza induttiva.
In questi termini si è espressa la suprema Corte che, nel descrivere il procedimento che il giudice deve seguire in materia di prova per presunzioni, ha specificato che “Il procedimento che deve correttamente seguirsi per raggiungere una prova per presunzioni consta infatti di due momenti valutativi; in primo luogo, occorre che il giudice proceda a valutare in maniera analitica ognuno degli elementi indiziari per scartare quelli che non abbiano rilevanza e, invece, conservare quelli che, presi singolarmente, rivestano i caratteri della precisione e della gravità, ossia presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, egli deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati e accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni indizi” (cfr. Cassazione 13819/2003).
In pratica, le prove di tipo presuntivo richiedono una complessa attività valutativa del giudice, che si articola in due fasi:
a) esame di ogni singolo elemento di fatto al fine di individuare quelli rilevanti, in quanto dotati di precisione e gravità rispetto alla tesi accertativa dell’ufficio;
b) combinazione degli elementi così individuati, al fine di valutare se essi siano concordanti, ossia se, combinati tra loro, siano idonei a integrare la prova presuntiva dedotta dall’ufficio.
In tale prospettiva, risulta irrilevante che uno o ciascuno degli elementi di fatto presi in considerazione dal giudice sia di per sé non sufficiente a integrare tale prova.
Nel caso sottoposto al vaglio dei giudici, ad esempio, gli elementi posti a fondamento della decisione sono stati le contraddizioni rilevate tra agende e block notes e l’elevato numero di inserzioni pubblicitarie.
In conclusione, la presunzione semplice costituisce, se corredata dai requisiti di gravità, precisione e concordanza, piena prova, con la conseguenza che spetterà al contribuente fornire la controprova rispetto al fatto oggetto di presunzione.