Diritto di proprietà esclusiva contro presunzione di condominialità di un bene. È una diatriba annosa quella di cui si è occupata la Corte di Cassazione con la sentenza 14809 del 14 giugno 2017, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 14.6.2017,
n. 14809
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FATTI
Con atto di citazione notificato in data 30.03.1992 F.E. convenne innanzi al Tribunale di Genova T.A. e T.M. per sentir accertare che il cortile antistante il locale magazzino sito in via (omissis) era di sua esclusiva proprietà, e per sentir condannare i convenuti a cessare le turbative che gli stessi realizzavano utilizzando abitualmente tale cortile come posto auto.
I convenuti contestavano la domanda attorea ed in via riconvenzionale chiedevano la dichiarazione del diritto di proprietà dei condòmini del caseggiato sito in via (omissis) e via (omissis) sul cortile in questione, previo accertamento del possesso ultraventennale esercitato uti domini da parte degli stessi.
Il processo veniva interrotto per la morte di T.A. e veniva riassunto nei confronti degli eredi di questi T.M.C., B.A.M. e T.M. che si costituivano in giudizio.
Il Tribunale di Genova rigettava la domanda principale ritenendo applicabile al cortile in esame la presunzione legale di condominialità di cui all’art. 1117 c.c., presunzione che l’attore non era riuscito a vincere, non avendo prodotto in causa un titolo idoneo, quale l’atto costitutivo del condominio. Rigettava, altresì, la domanda riconvenzionale, ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova del possesso esclusivo ventennale del cortile.
La Corte d’Appello di Genova confermava la sentenza di primo grado, dichiarando inammissibili, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, i nuovi documenti prodotti dall’appellante, in quanto non indispensabili ai fini del decidere e non dotati di evidenza probatoria assoluta. Rigettava, inoltre, le censure nel merito ritenendo che l’attore non avesse superato la presunzione di cui all’art. 1117 c.c., in quanto gli atti prodotti nel giudizio non contenevano alcun riferimento alla volontà del costruttore o unico, originario proprietario di escludere il cortile de quo dalla comunione, né risultava provato il possesso esclusivo ventennale di F.E. pur sommato a quello dei suoi danti causa.
Per la cassazione di detta sentenza, propone ricorso, con cinque motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c., F.E..
T.M. resiste con controricorso.
Gli altri intimati non hanno svolto, nel presente giudizio, attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
(omissis)
Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 345, 115, 167, 347 c.p.c. e art. 1117 c.c. deducendo che la Corte ha erroneamente valutato le risultanze istruttorie, escludendo l’esistenza di un titolo idoneo a superare la presunzione di comunione di cui all’art. 1117 c.c..
Il motivo è infondato.
Occorre premettere che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la presunzione stabilita per i beni elencati nell’art. 1117 c.c., la cui elencazione non è tassativa, deriva sia dall’attitudine oggettiva del bene al godimento comune, sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune (Cass. Civ. sent. del 23/08/2007 n.17928) e colui che rivendica la proprietà esclusiva deve superare tale presunzione fornendo la prova di tale diritto, producendo un titolo d’acquisto da cui risulta escluso il bene dalla comunione. A tal fine, titolo d’acquisto deve ritenersi, come già evidenziato, l’atto costitutivo del condominio, che si identifica col primo atto di trasferimento di una unità immobiliare del fabbricato dall’originario ad altro soggetto (Cass. Civ. Sez. 2 sent del 27/05/2011 n. 11812).
Giova precisare che quella prevista dall’art. 1117 c.c. non costituisce una presunzione in senso tecnico ma, piuttosto, l’attribuzione legale della natura comune ai beni elencati in tale norma. Attribuzione, questa, che può essere derogata solo con patto contrario, risultante dall’atto costitutivo del condominio o con usucapione. Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell’ambito dei beni comuni (nella specie, portico e cortile) risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni.
Ciò premesso, la Corte territoriale risulta essersi conformata a tale indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità, poiché ha escluso l’idoneità dei documenti prodotti e delle risultanze probatorie ad escludere la natura condominiale del cortile in questione, atteso che, come già evidenziato in occasione dell’esame dei primi tre motivi, non risulta prodotto il titolo idoneo ad escludere la natura comune del bene, e cioè il primo atto di trasferimento di una unità immobiliare del fabbricato dall’originario proprietario ad altro soggetto.
(omissis)
Il ricorso va dunque respinto ed il ricorrente va condannato alla refusione delle spese del giudizio in favore della controricorrente costituita, T.M..
Nulla sulle spese avuto riguardo agli altri intimati, non costituiti.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio in favore di T.M., che liquida in complessivi euro 3.200 di cui 200 euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.