[A cura di: avv. Andrea Marostica – andreamarostica@studiomarostica.com]
Il codice civile pre-riforma utilizzava, in merito all’obbligo di redazione del rendiconto da parte dell’amministratore, parole particolarmente significative: l’amministratore “deve rendere il conto della sua gestione”. La plasticità di questa espressione, benché non sopravvissuta all’intervento riformatore nelle sue singole parole (anche se trasferita quasi identica al co. 11 dell’art. 1129 c.c.), certamente rimane quale sguardo d’insieme delle disposizioni dettate in materia, a sottolineare la centralità del rendiconto nella vicenda annuale del condominio, quale fulcro di dinamiche tra amministratore, assemblea, condòmini.
Questo l’intreccio. L’amministratore deve redigere annualmente il rendiconto della gestione; deve convocare annualmente l’assemblea per la sua approvazione. La mancata redazione annuale del rendiconto costituisce ipotesi di revoca dell’amministratore da parte del giudice su istanza di anche un solo condomino, così come la mancata convocazione annuale dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto costituisce grave irregolarità e, dunque, ulteriore ipotesi di revoca giudiziale. L’assemblea provvede all’approvazione: del rendiconto relativo all’anno gestionale concluso; del preventivo di spesa relativo al nuovo anno gestionale.
IL CONTENUTO
Mentre prima dell’intervento riformatore il codice civile non forniva una descrizione del rendiconto, la Legge 220/2012 ha introdotto ex novo l’art. 1130 bis, rubricato “Rendiconto condominiale”, che si occupa di indicare il contenuto del rendiconto ed i relativi poteri di controllo da parte dei condòmini. Ecco quanto afferma l’art. 1130 bis c.c. sul contenuto del rendiconto: “Il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica. Si compone di un registro di contabilità, di un riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”.
Unendo questa disposizione a quanto detto più sopra, si ricava che il rendiconto è composto dai seguenti documenti:
1) bilancio consuntivo e relativa ripartizione;
2) registro di contabilità;
3) riepilogo finanziario;
4) stato patrimoniale;
5) nota sintetica esplicativa.
La necessaria presenza del bilancio consuntivo e della relativa ripartizione (1), benché documenti qui non citati, è evidente non appena si ponga questa disposizione in relazione all’art. 1135 c.c. (approvazione del rendiconto e del preventivo di spesa da parte dell’assemblea).
Il registro di contabilità (2) è espressamente citato; dall’art. 1130, co. 1, n. 7 c.c. sappiamo trattarsi di un libro cassa, nel quale “sono annotati in ordine cronologico, entro trenta giorni da quello dell’effettuazione, i singoli movimenti in entrata e in uscita”; l’art. 1130 bis c.c. ha cura di ribadire che il rendiconto contiene “le voci di entrata e di uscita”.
Il riepilogo finanziario (3) è espressamente citato; altro non è se non un riepilogo dei movimenti contenuti nel registro di contabilità ed organizzati in gruppi omogenei, ad esempio “quote versate gestione in corso”, “spese erogate gestione precedente”.
Lo stato patrimoniale (4) non è espressamente citato; si dice invece che il rendiconto contiene, oltre alle voci di entrata e di uscita, “ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica”. Ora, il documento che meglio può esprimere questi dati nel modo richiesto è lo stato patrimoniale, ovvero un’istantanea delle attività e delle passività del condominio in un dato momento (si ritiene, il giorno di chiusura dell’anno gestionale, considerato “a fine giornata”, in modo che le risultanze siano determinate anche dai movimenti dell’ultimo giorno della gestione).
La nota sintetica esplicativa (5) è espressamente citata; contiene le informazioni utili alla migliore comprensione dei documenti sopra descritti, “con l’indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”.
POTERI DI CONTROLLO
Si veda ora quanto afferma l’art. 1130 bis c.c. sui poteri di controllo da parte dei condòmini. Quanto alla nomina di un revisore condominiale:
“L’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio (…)”.
Quanto al diritto di visionare i documenti giustificativi di spesa: “I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo e estrarne copia a proprie spese. (…)”.
Quanto alla nomina di un consiglio di condominio: “L’assemblea può anche nominare, oltre all’amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condòmini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo”.
L’EVOLUZIONE
La giurisprudenza di legittimità, in tema di contenuto e modalità di redazione del rendiconto, ha affermato costantemente che (si veda per tutte Cass. Civ. 9099/2000) “la contabilità presentata dall’amministratore del condominio non è necessario che sia redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, ma deve essere idonea a rendere intellegibili ai condòmini le voci di entrata e di uscita, con le relative quote di ripartizione, e cioè tale da fornire la prova, attraverso i corrispondenti documenti giustificativi, non solo della qualità e quantità dei frutti percetti e delle somme incassate, nonché dell’entità e causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito e di stabilire se l’operato di chi rende il conto sia adeguato a criteri di buona amministrazione”.
È certamente condivisibile che il principio cardine nella redazione del rendiconto condominiale sia l’intelligibilità dei dati presentati: questi devono risultare comprensibili al condomino medio, ovvero al soggetto non esperto di contabilità ma animato dal desiderio di comprendere. Si ritiene, però, alla luce della novella legislativa, che il principio di intelligibilità sia sì necessario, ma non più sufficiente.
È innegabile che alcuni tratti distintivi del rendiconto siano rimasti fermi, primo fra tutti la non equiparabilità al bilancio societario; mentre per quest’ultimo la legge predetermina in modo rigido la modalità di esposizione dei dati, in ambito condominiale è stata mantenuta la libertà della forma. Nondimeno, la previsione analitica dei documenti di cui il rendiconto deve essere composto agisce nella direzione di limitare la discrezionalità di colui che lo redige. Da un lato, si riduce la libertà nella scelta della modalità di redazione, poiché non vi sono molti modi di compilare un riepilogo finanziario o uno stato patrimoniale, né di nominare le singole voci di cui questi documenti si compongono. Dall’altro lato, con la richiesta di includere nel rendiconto “ogni dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve”, si impone di valorizzare in modo più complesso ed interconnesso i dati grezzi delle entrate e delle uscite, dei crediti e dei debiti.
Pertanto, a parere di chi scrive, il principio di intelligibilità deve ormai essere affiancato da un principio di formalità attenuata. In quest’ottica, si ritiene, deve essere letta la possibilità di sottoporre il rendiconto all’esame di un revisore contabile: come una domanda di maggior rigore.