La normale diligenza richiesta al notificante, legittima la notifica dell’atto di citazione effettuata ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ. qualora il notificante abbia prima proceduto a notificare l’atto nella residenza risultante dall’anagrafe e, dalle informazioni assunte dall’ufficiale notificante presso il portiere dello stabile, il notificando sia risultato sconosciuto all’indirizzo noto. Ha risvolti estremamente importanti la sentenza numero 8114 pronunciata dalla Corte di Cassazione il 21 aprile 2015, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI-3 civ., sent. 21.4.2015, n. 8114
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Ai fini che ancora rilevano nella presente controversia, la domanda di dichiarazione di inefficacia nei confronti dei creditori, avanzata dal Fallimento I. Spa con atto di citazione notificato – ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ. – ai coniugi convenuti I. e F. ed avente ad oggetto l’atto pubblico con il quale la moglie aveva venduto al marito la propria quota, pari alla metà, della proprietà di un immobile, fu accolta dal Tribunale di Napoli nella contumacia dei convenuti.
La Corte di appello di Napoli accolse l’impugnazione proposta dai convenuti ritenendo la nullità della notifica dell’atto di citazione effettuata ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ. e rimise la causa al giudice di primo grado.
Nel corso del giudizio era intervenuta la C.V. srl, quale assuntore delle attività e passività del concordato fallimentare della I. Spa, riportandosi alla comparsa della Curatela del Fallimento; la Corte emise ordinanza di inammissibilità della querela di falso proposta dagli appellanti in relazione alla relata di notifica dell’atto di citazione.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello dell’11 aprile 2012, C.V. srl propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, esplicato da memoria. Resistono con unico controricorso I. e F..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 143 e 116 cod. proc. civ., unitamente a vizi motivazionali.
1.1. La Corte di merito ha dato atto che la notifica dell’atto di citazione era stata richiesta dai notificanti, ed era stata effettuata, ai sensi dell’art. 143 cit., dopo l’esito negativo della prima notifica, indirizzata alla residenza dei convenuti risultante dal certificato anagrafico e nella cui relata negativa l’ufficiale giudiziario aveva attestato che entrambi risultavano sconosciuti a quell’indirizzo, secondo quanto riferito dal portiere.
Quindi, ha richiamato quella giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto nulla la notifica effettuata ex art. 143 cit. sulla base del solo certificato anagrafico, omettendo ulteriori ricerche, e ha ritenuto illegittimo il ricorso alla procedura dell’art. 143 per l’inerzia informativa e del pubblico ufficiale e del fallimento notificante. Nella specie, si è imputato all’ufficiale giudiziario di non aver svolto ulteriori ricerche sul domicilio effettivo e di non avere controllato il citofono, dopo che il portiere – all’indirizzo risultante dal certificato anagrafico – aveva dichiarato che i notificandi erano sconosciuti, perché le ulteriori ricerche e i controlli avrebbero potuto consentire di accertare che i convenuti, contrariamente a quanto affermato dal portiere, vi abitavano con nome sul citofono.
Si è imputato al Fallimento notificante di non aver svolto, dopo la relata negativa, ulteriori indagini che avrebbero consentito di conoscere il domicilio o la dimora diversa da quella indicata nel certificato anagrafico, tanto più che il fallimento stesso aveva dedotto che i convenuti non dimoravano effettivamente nel luogo risultante dall’attestazione anagrafica.
1.2. Il ricorrente censura la sentenza rilevando l’erronea applicazione alla specie del principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la notifica ex art. 143 presuppone l’avvenuto esperimento di tutte le indagini necessarie a risalire alla residenza, domicilio, dimora, non essendo sufficienti le sole risultanze anagrafiche. Sottolinea che all’ufficiale giudiziario è richiesta l’ordinaria diligenza e non ricerche straordinarie, con valutazione in concreto della diligenza impiegata. Mette in rilievo, anche sotto il profilo motivazionale, che il giudice di merito non ha dato alcun rilievo a quanto dichiarato dal portiere, secondo l’attestazione dell’ufficiale giudiziario, e cioè che i notificandi erano sconosciuti all’indirizzo risultante dall’anagrafe, mentre ha dato rilievo alla deduzione degli appellanti, priva di riscontri, secondo la quale il loro nome risultava dal citofono nonostante in atti risultassero altre notifiche negative di altri procedimenti avvenute allo stesso indirizzo.
2. Il ricorso è fondato.
Per decidere la questione posta all’attenzione della Corte, che investe il grado di diligenza richiesta al notificante al fine di poter legittimamente ricorrere alla notifica ex art. 143 cod. proc. civ., occorre innanzitutto considerare la valenza di quanto attestato dall’ufficiale giudiziario. Nella relata di notifica l’Ufficiale giudiziario ha attestato che entrambi i soggetti cui l’atto era diretto risultavano sconosciuti a quell’indirizzo, coincidente con quello risultante dall’anagrafe, secondo quanto riferito dal portiere. Tale attestazione non è più discutibile, essendo stata dichiarata inammissibile la querela di falso proposta avverso la relata di notifica.
Nella specie, quindi, la notifica è stata originariamente effettuata presso la residenza anagrafica e le informazioni assunte dall’ufficiale notificante presso il portiere della residenza nota sono state negative, risultando i destinatari sconosciuti. Solo in esito a tale negativo risultato si è provveduto alla notifica ex art. 143 cit..
In simile ipotesi deve ritenersi integrata la normale diligenza richiesta al notificante, che ha esperito rituali ricerche anagrafiche e ha fatto affidamento sul compimento di indagini, effettuate dall’ufficiale giudiziario, presso il portiere. Indagini svolte in un luogo in cui è ragionevole ritenere, secondo una presunzione fondata sulle ordinarie manifestazioni della cura che ciascuno ha dei propri affari e interessi, siano reperibili informazioni lasciate dallo stesso soggetto interessato.
Mentre, a chi – come il notificante – non è dotato di particolari poteri di indagine, non può richiedersi l’uso di diligenza straordinaria nello svolgimento di indagini approfondite, dovendo, piuttosto, ricadere sul notificando, che abbandoni l’originaria residenza senza preoccuparsi della necessaria registrazione anagrafica, il rischio della irreperibilità.
E in tal senso è la giurisprudenza di legittimità che, nelle varie fattispecie applicative, ha richiesto per il notificante l’uso della ordinaria diligenza (cfr. da ultimo Cass. n. 12526 del 2014; più risalente, Cass. n. 6618 del 1997).
Né contrasta con tale giurisprudenza quella che ritiene nulla la notifica ai sensi dell’art. 143 cit. tutte le volte che la stessa sia stata effettuata solo sulla base della certificazione anagrafica del trasferimento verso luogo ignoto (a titolo esemplificativo, Cass. n. 2909 del 2008; Cass. n. 18385 del 2003). In tal caso infatti, erroneamente considerato applicabile alla specie dal giudice di appello, manca ogni possibile indagine in concreto e il ricorso all’art. 143 cit. si fonda solo sul trasferimento verso destinazione ignota risultante dall’anagrafe.
2.1. In conclusione, il ricorso è accolto sulla base del seguente principio di diritto: “Dovendosi ritenersi integrata la normale diligenza richiesta al notificante, è legittima la notifica dell’atto di citazione effettuata ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ. qualora il notificante abbia previamente proceduto a notificare l’atto nella residenza risultante dall’anagrafe e, dalle informazioni assunte dall’ufficiale notificante presso il portiere dello stabile, il notificando sia risultato sconosciuto all’indirizzo noto”.
La sentenza impugnata che, in presenza delle suddette condizioni, ha ritenuto nulla la notifica dell’atto di citazione di primo grado ed ha accolto l’appello proposto per tale unico motivo, è, di conseguenza, cassata.
3. Rilevato che l’appello fu proposto solo per l’assunta violazione dell’art. 143 cod. proc. civ., la Corte, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., può decidere la causa nel merito e rigettare l’appello.
4. Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate per il giudizio di secondo grado e per il giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello; condanna I.R. e F.G., in solido, al pagamento: in favore di C.V. srl e di Fallimento I. Spa, delle spese processuali del giudizio di appello che liquida, per ciascuno, nella misura di Euro 250 per esborsi, Euro 1.450 per diritti e Euro 2.600 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge dovuti; in favore di C.V. srl, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.400, di cui Euro 200 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.