Infiltrazioni dall’alloggio soprastante: quando a risarcire è il condominio
I residenti di un alloggio danneggiato da una perdita d’acqua derivante dall’appartamento soprastante ne chiamano in causa i proprietari, i quali a propria volta convengono in giudizio il condominio, che viene condannato al risarcimento. È legittimo? Secondo la Corte di Cassazione, sì. Vediamo perché.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 6.4.2016,
n. 6623
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MOTIVI DELLA DECISIONE
I. Il Consigliere relatore, designato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato in cancelleria la seguente relazione ex artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
“1. M.P. e L.F., proprietari di un appartamento sito nel condominio …, Druento (To), convenivano in giudizio innanzi al giudice di pace di Torino C.B. e G.D., proprietari dell’appartamento soprastante, per sentirli condannare al risarcimento di danni da infiltrazioni d’acqua piovana.
Nel resistere in giudizio i convenuti chiamavano in causa il condominio …, cui attribuivano la responsabilità dell’evento dannoso. Il condominio si costituiva e a sua volta chiamava in garanzia la Reale Mutua Assicurazioni s.p.a., che pure resisteva in giudizio.
Il giudice di pace accoglieva la domanda condannando il condominio al risarcimento del danno in favore degli attori.
1.1. Tale sentenza era riformata dal Tribunale di Torino, adito dal condominio. Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, il Tribunale riteneva che gli attori avevano sempre e solo richiesto (anche dopo la chiamata in causa del condominio) la condanna dei convenuti al risarcimento, sicché la condanna ai danni direttamente nei confronti del condominio era stata pronunciata senza vi fosse domanda in tal senso da parte degli attori.
2. Per la cassazione di detta sentenza M.P. e L.F. propongono ricorso, affidata a un solo motivo.
2.1. Nessuna delle parti intimate ha svolto attività difensiva.
3. Preliminarmente si rileva che dagli atti in possesso di questo consigliere relatore non risulta l’avviso di ricevimento della notificazione effettuata al condominio … a mezzo del servizio postale.
4. Con l’unico motivo di ricorso è dedotto il vizio di motivazione e la violazione o falsa applicazione dell’art. 106 c.p.c., in quanto il giudice d’appello non ha applicato il principio dell’estensione automatica della domanda della parte attrice al terzo chiamato, nella specie il condominio, che è stato indicato dai convenuti quale soggetto responsabile dei danni.
5. Il motivo è fondato.
Nell’ipotesi in cui il terzo sia stato chiamato in causa dal convenuto come soggetto effettivamente e direttamente obbligato alla prestazione pretesa dall’attore, la domanda attrice si estende automaticamente ad esso, senza necessità di un’espressa istanza, dal momento che il giudizio verte sull’individuazione del responsabile sulla base di un rapporto – obbligazione ex illicito – oggettivamente unico (Cass. nn. 5057/10, 1522/06, 4145/03 e 11371/02).
Nella specie, al di là della formula adottata nell’istanza, la chiamata in causa del condominio, da parte dei convenuti, indica in quest’ultimo il soggetto responsabile dei danni, cui la causa deve, pertanto, ritenersi comune. Ne consegue che, non trattandosi di chiamata in garanzia, né propria né impropria, la domanda attorea deve ritenersi estesa di diritto al condominio.
6. Per le ragioni su estese, si propone la decisione del ricorso con le forme camerali, nei sensi di cui sopra, in base all’art. 375, n. 5 c.p.c.”.
II. Rilevato che è stato depositato l’avviso di ricevimento della notifica del ricorso a mezzo del servizio postale, attestante l’esito positivo della notifica stessa, la Corte condivide la relazione, rispetto alla quale non è stata depositata memoria. La soluzione accolta, infatti, risulta conforme – quanto all’ammissibilità del ricorso – anche al recente arresto di S.U. n. 25774/15, in base alla quale la sentenza, con cui il giudice d’appello riforma o annulla la decisione di primo grado e rimette la causa al giudice a qua ex artt. 353 o 354 c.p.c., è immediatamente impugnabile con ricorso per cassazione, trattandosi di sentenza definitiva, che non ricade nel divieto, dettato dall’art. 360, comma 3, c.p.c., di separata impugnazione in cassazione delle sentenze non definitive su mere questioni, per tali intendendosi solo quelle su questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito che non chiudono il processo dinanzi al giudice che le ha pronunciate.
III. Pertanto, in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Torino, in persona di diverso magistrato, che esaminerà il gravame nel merito e provvederà sulle spese di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Torino, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche sulle spese di cassazione.