L’assemblea condominiale vieta la modifica di destinazione d’uso di un alloggio in B&B. Il proprietario sospende i lavori ma la delibera viene annullata. Tuttavia non gli spetta alcun risarcimento. Vediamo perché, nella decisione assunta dalla Corte di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 4.4.2016,
n. 6509
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Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:
«Il Tribunale di Trieste, con sentenza in data 19 settembre 2011, respinse la domanda di G.B., intesa ad ottenere la condanna del Condominio … al risarcimento dei danni asseritamente subiti dall’attore a causa di una delibera condominiale, poi annullata dall’autorità giudiziaria, che non aveva autorizzato il cambio di destinazione d’uso di un suo appartamento, posto nell’edificio condominiale, con la conseguenza che egli aveva dovuto sospendere i lavori diretti a realizzare il progettato bed and breakfast.
Il Tribunale condannò l’attore al rimborso delle spese processuali.
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 2 aprile 2014, ha rigettato il gravame interposto dal G.B., compensando tra le parti le spese del grado.
La Corte d’appello ha motivato nel modo seguente.
“È pacifico in causa, perché assunto dallo stesso appellante e risultante comunque dalla comunicazione di G.B. in data 5 aprile 2005, diretta al Comune di Trieste, che egli aveva iniziato i lavori di ristrutturazione prima di chiedere ed ottenere l’autorizzazione dell’assemblea condominiale.
È altrettanto pacifico che l’appellante a ciò fu indotto dalle incaute assicurazioni dell’amministratore – v. la sua firma in calce al progetto e la sua ‘circolare’ ai condòmini (peraltro già successiva all’inizio lavori: 14 aprile 2005) – nonché dal parere del notaio rogante l’acquisto del suo immobile, ma si ritiene che l’ordinaria diligenza gli avrebbe dovuto imporre di verificare funditus la possibilità di mutamento della destinazione d’uso e della conseguente ristrutturazione, proprio per l’entità delle spese che andava ad affrontare.
Risulta inoltre, sempre per le affermazioni dello stesso appellante, che nell’estate del 2005 egli sospese i lavori, dopo la manifestazione delle prime perplessità da parte dell’amministratore e ben prima della delibera.
È quindi ancor più evidente che la prudenza manifestata in quell’occasione doveva essere esercitata ancora prima.
Invece, egli ha prima cessato i lavori, impugnando poi la delibera a lui sfavorevole, ma senza chiederne la sospensione.
Infine, va pure considerato che le spese da lui sostenute hanno comunque comportato una ristrutturazione dell’immobile e quindi del risultato G.B. può (o poteva) avvalersi in funzione del proseguimento della originaria – v. annullamento della delibera – o di altre scelte imprenditoriali e quindi sempre dettate dalle sue decisioni.
L’appello viene quindi respinto.
La particolarità della fattispecie induce a compensare le spese del grado: G.B., pur colposamente, è stato indotto ad avviare e poi sospendere i lavori dal comportamento dell’amministratore del condominio (riconducibile quindi ai condomini che rappresentava)”.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello G.B. ha proposto ricorso, con atto notificato il 27 ottobre 2014, sulla base di due motivi.
Il Condominio ha resistito con controricorso.
Il primo mezzo lamenta che la Corte d’appello non abbia preso in considerazione il principio basilare di cui all’art. 1175 cod. civ., secondo cui il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza.
Il motivo è inammissibile, perché pone una questione, implicante accertamenti in fatto, che dal testo della sentenza impugnata non risulta essere stata trattata nel grado di merito.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente deduce che se la Corte d’appello avesse preso in considerazione la perizia e le fotografie allegate innanzitutto avrebbe rilevato che i lavori sono stati sospesi ad avvenuta demolizione totale di tutti gli impianti preesistenti, delle pareti divisorie, dei pavimenti e dei rivestimenti. Ancora si rileva che dalle fotografie risulterebbe che ci troviamo in un cantiere edilizio, per cui l’affermazione che comunque il G.B. avrebbe potuto trarre un vantaggio da tali lavori sarebbe un’affermazione fine a se stessa, illogica e non suffragata da alcun elemento concreto.
Il motivo appare inammissibile, perché si risolve in una contestazione, attraverso un generico rinvio alla perizia e alle fotografie allegate, delle valutazioni di fatto compiute dal giudice del merito con congruo e logico apprezzamento.
Il ricorso può essere avviato alla trattazione in camera di consiglio, per esservi rigettato».
Letta la memoria di parte ricorrente.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ.;
– che i rilievi critici contenuti nella memoria illustrativa non colgono nel segno;
– che il primo motivo è inammissibile, oltre che per novità della questione, perché demanda a questa Corte una valutazione sulla correttezza e della diligenza delle parti coinvolte, il G.B., da una parte, ed il Condominio o il suo amministratore, dall’altra, che implica accertamenti di fatto;
– che il secondo motivo, oltre ad essere formulato con il richiamo – privo della necessaria specificità – a risultanze probatorie, propone una rivisitazione delle valutazioni di fatto del giudice del merito, il quale ha – con congruo apprezzamento – escluso la sussistenza di un danno risarcibile;
– che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal Condominio controricorrente, che liquida in complessivi euro 3.200, di cui curo 3.000 per compensi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.