[A cura di: dottor Ettore Di Folca – funzionario presso la Procura della Repubblica di Napoli ed esperto condominialista]
La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione 2 civile del 19 settembre 2017, n. 21641, ci ha dato l’occasione per un riesame complessivo della materia per la definizione di quei principi che ormai possono ritenersi consolidati in materia di responsabilità e consequenziali riparti delle spese in materia di balconi aggettanti.
Questa ultima decisione ha riaffermato il costante orientamento in materia (da ultimo Cass. n. 10209 /2015), stabilendo che: “In tema di condominio negli edifici, i balconi aggettanti, costituendo un prolungamento della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa; debbono invece considerarsi beni comuni a tutti i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore, quando si inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole”.
Questo indirizzo ormai prevalente ebbe origine dalla famosa sentenza della Corte di Cassazione, del 17 luglio 2007, n. 15913, con cui si è stabilito che: “i balconi non sono beni condominiali e la soletta portante appartiene per metà al proprietario dell’immobile sottostante e per l’altra metà a quello soprastante per le seguenti ed evidenti ragioni:
Tuttavia, alcune porzioni dei balconi, svolgendo una funzione decorativa, che si estende all’intera facciata del fabbricato, del quale accrescono il pregio architettonico, costituiscono parti comuni dello stesso ai sensi dell’art. 1117, n. 3, cod. civ., per cui la spesa per la relativa manutenzione deve ricadere su tutti i condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (cfr. Cass. 15 gennaio 1986, n. 176). L’individuazione di tali elementi assimilabili alle parti comuni di un condominio non può avvenire in linea astratta, ma deve essere effettuata in concreto, caso per caso, “in base al criterio della loro precipua e prevalente funzione in rapporto all’appartamento di proprietà esclusiva e alla struttura e caratteristica dell’intero edificio”.
Quindi, al fine di inquadrare correttamente i balconi tra i beni comuni oppure no, è necessario definire l’attitudine e la funzione del manufatto, se cioè esso fa parte integrante della facciata o meno. Quest’ultima, infatti, va vista non solo dal punto di vista strutturale ma anche architettonico. Al riguardo, non è possibile fare un discorso unitario, in quanto da un lato i balconi sono destinati all’utilizzazione esclusiva da parte dei proprietari degli appartamenti cui accedono, dall’altra hanno, ad essi correlati, parti comuni che ineriscono appunto alla facciata dell’edificio, quali ad esempio: cordoli, frontalini, parapetto, fregi ecc.
Pertanto, occorre in primo luogo avere riguardo al balcone che di per sé è un elemento accidentale e non portante della struttura del fabbricato e come tale appartiene ai proprietari delle unità immobiliari cui serve, costituendo di queste il naturale prolungamento.
Fermo restando questo principio, proprio nel ritenere che anche strutturalmente il balcone sia il prolungamento del solaio dell’appartamento cui inerisce, la Suprema Corte, con diverse sentenze (n. 4821/1983 e 283/1987) ebbe a ritenere che la soletta del balcone era assoggettata al regime di comunione tra il proprietario soprastante e quello sottostante. Consequenzialmente decretò che nel regime delle spese dovesse applicarsi l’articolo 1125 c.c., dettato per i solai, in virtù del quale al proprietario del soprastante appartamento, in caso di riparazione, spettava la spesa per le mattonelle a pavimento; la soletta era divisa in due in parti uguali perché struttura dello stesso balcone, ed il sottobalcone, per analogia del soffitto, spettava al proprietario dell’immobile sottostante.
Così ragionando, il balcone era in comproprietà ai due condòmini del piano di calpestio e di quello sottostante, per cui a questo ultimo era riconosciuto anche il diritto di fruirne, per attaccare tende, come copertura di una veranda ecc..
Questo indirizzo deve ora ritenersi superato alla luce dei più recenti orientamenti della Suprema Corte che, condividendo un precedente orientamento, fin dal 2007 e precisamente con la sentenza n. 15913 (sopra meglio spiegata) ha ritenuto che nel caso di balconi aggettanti, cioè quei balconi che sporgono dalla facciata dell’edificio, essi sono appunto un prolungamento dell’appartamento cui servono e quindi come tali appartengono allo stesso proprietario.
Pertanto, oggi dobbiamo ritenere pacifico che i balconi che sporgono dall’edificio non svolgono una funzione di sostegno né di copertura dell’edificio, come invece accade per le terrazze incassate nel corpo dell’edificio, per cui non possono considerarsi al servizio dei piani sovrapposti e quindi di proprietà comune ai proprietari di tali piani, e dunque ad essi non potrà nemmeno applicarsi il disposto di cui all’articolo 1125 c.c. nella ripartizione delle spese (Cass. n. 587/2011 e 12845/2012).
La ripartizione delle spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei balconi va, quindi, risolta alla luce di tale indirizzo giurisprudenziale, il quale ritiene che i balconi costituiscono pertinenze delle parti comuni se ad essi si accede attraverso parti comuni dell’edificio condominiale, e pertinenze delle proprietà esclusive se, invece, vi si accede attraverso proprietà esclusive, secondo il regime appunto delle pertinenze (Cass. 7148/1995 e 637/2000).
Nel primo caso, non vi è dubbio alcuno che le spese debbano fare carico a tutti i condòmini, ove i balconi servano proprietà comuni di uso indistinto, e, invece, (sempre in base ai millesimi di proprietà) ai soli condòmini che se ne possono servire, laddove essi siano posti al servizio di parti comuni destinate all’uso di un solo gruppo di condòmini (es. balconi dei ballatoi di una scala, quando nell’edificio condominiale, le scale siano più di una).
Nel secondo caso, servendo i balconi proprietà esclusive, ogni spesa relativa alla loro manutenzione sarà a carico dei condòmini che ne sono, rispettivamente, proprietari. Si tratta di quelle spese sostenute per la manutenzione della superficie praticabile del balcone, come ad es., quelle relative al ripristino della pavimentazione del piano di calpestio e della parte interna dei davanzali e dei parapetti.
Rimangono, invece, fuori da tale previsione le parti del balcone che rientrano tra gli elementi della facciata. Così, ad esempio, devono essere ripartite fra tutti i condòmini le spese di rifacimento e manutenzione di cornici, fregi, parapetti e balaustre, come pure le spese di manutenzione dei frontalini e degli elementi decorativi situati al di sotto dei balconi, in quanto anch’essi elementi della struttura esterna del balcone aventi la finalità di concorrere all’integrità architettonica dell’edificio come componenti della facciata.
Analogo principio vale per i gocciolatoi (o sgocciolatoi), che secondo la tesi generalmente seguita dalla giurisprudenza servirebbero a preservare l’intero edificio dalle infiltrazioni d’acqua.
Tali criteri saranno osservati chiaramente nel caso di riparazioni dovute a vetustà o cedimenti, mentre, nel caso in cui si siano verificate delle infiltrazioni dovute a carenza di manutenzione della pavimentazione, è responsabile unico il proprietario dell’immobile soprastante che, come tale, sarà tenuto al pagamento dell’intera spesa (art. 2043 c.c.).
In ultimo rimane l’annoso problema dei frontalini. Ad un primo esame sembrerebbe che, facendo parte del balcone in proprietà esclusiva del proprietario dell’appartamento cui accedono, in caso di rovina, l’obbligo alla riparazione degli stessi spetti unicamente a questo ultimo. In realtà, la Cassazione, con diversi arresti, ha ritenuto che i frontalini hanno il più delle volte una funzione ornamentale, per cui le spese ad essi relative vanno ripartite tra tutti i condòmini. Tale impostazione è da condividere anche perché i frontalini dei balconi sono, in genere, distribuiti sulla facciata secondo una linea continua per ciascun piano e quindi ne rappresentano un aspetto peculiare .
Occorre, quindi, procedere caso per caso onde determinare se i frontalini si inseriscono o meno quale parte integrante nel decoro della facciata, perché in tale caso essi dovranno ritenersi beni comuni a tutti (Cass. 12792/1992). Seguendo lo stesso ragionamento si può ritenere, anche per il sottobalcone ed il rivestimento della soletta, che essi rientreranno tra i beni in comune dell’edificio solo quando svolgano una funzione estetica in uno alla facciata (Cass. 4377/1980; 7831/1980; 176/1986; 637/2000).
La giurisprudenza ha infatti precisato, proprio con riferimento ai frontalini, che il rivestimento dei parapetti e della soletta possono essere considerati beni comuni quando svolgono una prevalente funzione estetica per l’edificio, divenendo, conseguentemente, elementi decorativi ed essenziali della facciata. Solo quindi in presenza di particolari caratteristiche, costituendo parte integrante dei connotati e dell’aspetto armonico della facciata, possono essere configurati quali beni comuni, con la conseguenza che alla loro manutenzione è interessata la collettività dei condòmini. In definitiva, secondo la giurisprudenza concorde della Suprema Corte, quando i balconi sono disposti in modo da conferire all’immobile una particolare e armonica fisionomia, devono essere considerati parte integrante della facciata, che, grazie ad essi, acquista un particolare decoro architettonico (ex plurimis Cass. 7603/1994, 8159/1996).
In conclusione, i balconi “aggettanti”, costituendo un “prolungamento” della corrispondente unità immobiliare, appartengono in via esclusiva al proprietario di questa. A loro volta, i rivestimenti e gli elementi decorativi della parte frontale e di quella inferiore dei balconi “aggettanti” si devono considerare beni comuni a tutti, ex articolo 1117 c.c., solo quando s’inseriscono nel prospetto dell’edificio e contribuiscono a renderlo esteticamente gradevole (ipotesi non ricorrente nel caso in esame; Cass. 2241/2012).
In tale situazione i balconi, che si compongono di una pluralità di elementi (piano di calpestio, soletta, frontalino, sottobalcone) assolvono una duplice funzione: costituiscono da un lato una proiezione dell’appartamento cui accedono e dall’altro parte integrante e strutturale della facciata, ponendosi come elemento decorativo ed estetico dello stabile. Ne deriva che dottrina e giurisprudenza oggi prevalenti considerano i balconi di proprietà esclusiva come proiezione della proprietà individuale per quanto attiene la possibilità di affaccio e di utilizzazione esclusiva, mentre tendono a considerarli come parti comuni in relazione alla loro stretta inerenza alla facciata, della quale sono componenti essenziali.
A questa duplice funzione individuale e collettiva dei balconi viene, pertanto, ricondotto il regime di riparto delle relative spese di manutenzione. Si afferma, in generale, che competono al proprietario dell’unità immobiliare dalla quale si accede al balcone le spese relative al piano di calpestio o alla parte interna dei parapetti del balcone mentre, invece, gravano sul condominio le spese necessarie al fine di garantire e salvaguardare l’armonia estetica della facciata ossia tutte quelle spese che concernono gli elementi esterni dei balconi, che ineriscono alla facciata, concorrendo insieme ad essa a conferire allo stabile quel decoro architettonico che costituisce bene comune dell’edificio (Trib. Napoli sent. n. 30 aprile 2013 n. 5515; Cass. 637/2000).
Devono, pertanto, essere considerate di competenza dell’assemblea condominiale le spese relative alle parti che, pur essendo ricomprese nella proprietà esclusiva dei singoli condòmini, sono tuttavia strettamente connesse con le facciate del fabbricato, in quanto collegate a queste ultime, sotto il profilo tecnico, da un inscindibile rapporto di funzionalità e complementarità. E, sulla scorta della funzione prevalente, si è stabilito che il rivestimento dei parapetti, dei frontalini e dell’intradosso decorato (parte sottostante della soletta) dei balconi degli appartamenti in condominio può essere considerato di proprietà comune (Cass. 17 luglio 1999, n. 7603; Cass. 7 settembre 1996, n. 8159) quando contribuisce all’estetica dell’edificio, divenendo così elemento decorativo e ornamentale essenziale della facciata e, quindi, condominiale (Cass. 21 gennaio 2000, n. 637).
Le spese che attengono alla funzionalità del balcone come proiezione della proprietà individuale debbono, per contro, essere eseguite dal proprietario dell’appartamento cui il balcone inerisce, quali sono quelle per la manutenzione della soletta e della ringhiera (Trib. Roma 24/2/2009, n. 4150; Trib. Napoli 30.04.2013 n. 5515).
La presente disamina, che può essere utile a fare chiarezza sulla molteplicità dei casi che in realtà possono accadere, ha trovato una sua pratica applicazione in un caso molto controverso: quello in cui la struttura del balcone era in pietra di piperno. Quindi a struttura unica. Orbene, se in un normale balcone gli elementi strutturali fanno capo ad un’obbligazione di manutenzione in capo al proprietario e quelli estetici (se ritenuti tali) in capo all’intera compagine condominiale, nel caso in esame essi sono un unicum.
Sul punto si è pronunciata la Suprema Corte con la sentenza n. 637/2000. La fattispecie riguardava l’impugnativa di un condomino della delibera con cui “l’assemblea dei condòmini aveva deciso di riparare il balcone principale del suo appartamento e aveva ripartito le spese, imputando la metà al condominio e l’altra metà ad esso M.C. In realtà, il balcone – costituito da grosse lastre di pietra piperno, sorretto da colonne di marmo e posto immediatamente al di sopra il portone – si identificava con questo e, per le sue caratteristiche monumentali ed i fregi di notevole valore artistico, doveva ricomprendersi nella facciata dell’edificio, soggetto al vincolo monumentale per la sua riconosciuta importanza storica. E, per tale motivo, detto condomino ebbe a domandare l’annullamento della delibera e chiese che le spese di riparazione facessero carico integralmente al condominio.
Il condominio chiese il rigetto dell’avversa pretesa; rispose che la ripartizione della spesa aveva tenuto conto del beneficio comune, in quanto la riparazione si concentrava soprattutto sul piano di calpestio, di proprietà ed uso esclusivi del M.C.
La sentenza – premesso che la riparazione riguardava soltanto il piano di calpestio del balcone, riservato (in quanto appartenente in proprietà esclusiva all’uso del proprietario dell’appartamento cui accedeva, e non anche la trabeazione di sostegno); e che, pertanto, non era condivisibile la prospettata preminente funzione estetica, posto che detta funzione poteva riconoscersi all’insieme del balcone (ai suoi fregi ed agli elementi decorativi nel complesso), ma non al piano di calpestio, il quale era privo della collocazione esterna che determinava la essenzialità del decoro architettonico – ebbe a confermare la decisione assembleare. Sentenza poi confermata nei successivi gradi di giudizio.
D’altronde detta sentenza non ha fatto altro che applicare i principi vigenti in materia e di cui sopra si è già ampiamente riferito, testualmente:
“Avuto riguardo a questi principi e tenendo conto delle differenze originate dalla forma architettonica dell’edificio, appare sostanzialmente corretta l’affermazione della giurisprudenza, secondo cui i balconi, non avendo una funzione portante, non costituiscono parti comuni anche se sono inseriti nella facciata, in quanto formano parte integrante dell’appartamento, cui accedono (Cass., 7 settembre 1996, n. 8159; Cass. 29 ottobre 1992, n. 11775).
Salvo che il rivestimento e gli elementi decorativi del sottostante della soletta fronte (parapetto) o della parte assolvano prevalentemente alla funzione di rendere esteticamente gradevole l’edificio: in questo caso debbono essere considerati di proprietà comune dei condomini (ancora Cass. n. 8159 del 1996 cit. e Cass. 28 novembre 1992, n. 12792).
Del pari coerente è la precisazione che la natura di beni comuni o di beni in proprietà esclusiva del rivestimento della fronte e della soletta dei balconi, in quanto destinati all’uso comune, ovvero a pertinenza dell’appartamento di proprietà esclusiva, va accertata sulla base del criterio della prevalenza della funzione (Cass. 3 agosto 1990, n. 7831).
Posto che sovrasta il portone d’ingresso ed aggetta sul suolo (presumibilmente pubblico), il balcone di cui si discute non può considerarsi di proprietà comune ma, in quanto prolungamento dell’appartamento cui accede, di proprietà esclusiva del proprietario dell’unità abitativa. Per conseguenza in comune a tutti i condomini appartengono solo gli elementi ornamentali del manufatto”.
In conclusione, nel caso di specie la Suprema Corte ha ritenuto che il pavimento del balcone fosse ad esclusivo uso del proprietario dell’appartamento cui esso afferisce e che la parte sottostante della soletta fosse, invece, di natura condominiale, in quanto si trattava di un balcone costituito da grosse lastre di pietra di piperno, sorretto da colonne di marmo e posto immediatamente sopra il portone, identificandosi con questo e, per le sue caratteristiche monumentali e i fregi di notevole valore artistico, doveva ricomprendersi nella facciata dell’edificio. Ritenendo così legittimo il riparto fatto dall’assemblea di ripartire le spese al 50% a carico del proprietario del balcone e l’altro 50% a carico della compagine condominiale.
In merito alla soluzione adottata, si ricorda che deve preliminarmente procedersi all’esame della natura del fabbricato stesso, che potrebbe essere privo di qualsiasi uniformità architettonica, o che versi in uno stato di scadimento estetico tale da rendere irrilevante l’arbitrarietà costruttiva o di manutenzione dei singoli particolari. Non solo, ma anche dell’incidenza sull’estetica dello stesso del sottobalcone o/e dei rivestimenti del balcone stesso in maniera che essa possa essere esclusa (Cass. 17 luglio 1999, n. 7603).