Un condomino affigge nelle aree comuni volantini satirici in cui l’amministratore è rappresentato come “Pinocchio”. Nei primi due gradi di giudizio è condannato per diffamazione, ma la Cassazione ribalta le sentenze. Vediamo perché.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen.,
sent. n. 41785/2016
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Bologna ha confermato la condanna a pena di giustizia ed al risarcimento del danno emessa in primo grado nei confronti dell’imputato per i delitti di cui agli artt. 594 e 595 c.p., avvenuti in ambito condominiale nei confronti dell’amministratore, in epoca anteriore a novembre 2009.
1. Avverso la sentenza ha proposto ricorso la difesa dell’imputato, che ha lamentato il vizio di motivazione, nella parte in cui la sentenza aveva giudicato firmati dall’imputato tutti i volantini ritenuti diffamatori e non solo quelli che lo stesso aveva ammesso di aver scritto, in base all’assonanza tra lo pseudonimo usato dal firmatario – “…lik” – ed il cognome dell’imputato, G..
(omissis)
2. Col secondo motivo è stata censurata l’errata applicazione degli artt. 594 e 595 c.p. sulla natura ingiuriosa e diffamatoria dei volantini e si è invocato il diritto di critica anche sotto forma di diritto di satira. Sostiene il ricorrente che il condominio aveva interesse a conoscere gli errori compiuti dall’amministratore in specie riguardo a presunte detrazioni fiscali pertinenti le spese per il parcheggio, che aveva ritenuto possibili; il fatto del resto era vero poiché l’imputato era stato informato dall’Agenzia delle entrate dell’impossibilità di tali detrazioni. Per quanto riguarda la vignetta in cui l’amministratore era rappresentato come un personaggio con naso allungato e con un cartello appeso al collo con la scritta Pinocchiopoulos, la stessa era da inquadrare nel diritto di satira, aveva uno stretto legame con l’operato dell’amministratore, criticato per aver dato informazioni inesatte all’assemblea dei condòmini e, per quanto grottesca, non era in sé volgare o ripugnante.
(omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
(omissis)
3. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
È opportuno ricordare che le sentenze del merito hanno ritenuto ingiuriosi e diffamatori gli scritti in cui era stata messa in dubbio la professionalità dell’amministratore, valorizzando allo scopo il fatto che in essi era stata evidenziata la mancanza di titoli ad esercitare la qualifica ricoperta. Le comunicazioni reputate diffamanti avevano fatto specifico e chiaro riferimento all’ignoranza da parte di costui delle leggi fiscali, da cui sarebbe derivato un danno ai condòmini, a causa delle errate informazioni loro fornite circa la possibilità di detrarre fiscalmente una quota delle spese sostenute per il parcheggio. Pure denigratoria dell’onorabilità dell’amministratore era stata stimata la vignetta in cui lo si era paragonato a Pinocchio, dandogli, con implicita ma chiara allusione, del bugiardo.
È necessario esaminare ciascuno dei due suindicati profili dell’apparato motivazionale.
3.1. In particolare quanto al primo aspetto la sentenza impugnata ha opinato, con motivazione invero molto succinta, che il riferimento alla mancata iscrizione ad albi professionali, non essendo questa necessaria ai fini dell’esercizio dell’incarico di amministratore, fosse non pertinente al tema di discussione, concretízzandosi in accuse gratuite nei confronti della parte civile.
3.2. Tale esposizione argomentativa, oltre ad essere al limite dell’inadeguatezza a giustificare le ragioni della decisione, è incoerente con il solido indirizzo di questa Corte, secondo il quale il requisito della continenza, elemento costitutivo e limite del diritto di critica, non riguarda il contenuto delle espressioni ma la forma della comunicazione, che non deve trascendere in espressioni inutilmente disonorevoli e dispregiative o esageratamente aggressive verso la persona criticata. In tal senso Sez. 5, Sentenza n. 18170 del 09/03/2015.
(omissis)
3.3. Applicando tale condiviso principio al caso in esame, va osservato che la citazione nei volantini incriminati della mancanza di titoli abilitativi da parte dell’amministratore, per quanto impropria, non ha assunto caratteri in sé infamanti e/o umilianti, né appare carica di significati aggressivi verso la persona dell’amministratore, riferendosi esclusivamente al suo operato in quanto tale, ritenuto sbagliato in relazione alla circoscritta questione fiscale di interesse del condominio.
3.4. Per quanto riguarda l’immagine di Pinocchio, pure giudicata diffamante, essa appare inquadrabile – come proposto in ricorso e ritenuto dai Giudici di Appello – nel diritto di satira, che la giurisprudenza ha individuato e collocato nell’ambito della scriminante dell’esercizio di un diritto, ex art. 21 Cost. e art. 51 c.p, fermi restando i limiti dell’inutile e gratuito disprezzo personale, che di regola caratterizza il diritto di critica.
(omissis)
3.5 Alla luce dei suindicati principi, nella fattispecie in esame l’uso della figura di Pinocchio, personaggio della cultura letteraria universale, noto per le sue bugie – invero tanto grandi da risultare innocue per tutti se non per lo stesso autore – non risulta in sé dispregiativo, né la vignetta è caratterizzata da tratti volgari. Nel contesto comunicativo ritenuto provato il suo riconoscibile significato simbolico negativo appare riferito all’inaffidabilità dimostrata dall’amministratore nella suddetta specifica questione fiscale e non rivolto al discredito gratuito della sua persona; sul punto appare opportuno precisare che l’epiteto di bugiardo che i Giudici territoriali hanno attribuito al disegno non appare coerente con le altre prove da essi esaminate.
4. Deve, infine, considerarsi che gli argomenti suscitati nei documenti ritenuti diffamatori rivestivano un oggettivo interesse per i condòmini cui erano rivolti, essendo collegati alla ipotizzata possibilità – da parte dell’amministratore – che questi detraessero fiscalmente una quota delle spese sostenute per il parcheggio. Tale possibilità, del resto, appare smentita dalla competente Agenzia delle entrate – come emerge dagli atti allegati al ricorso – risultando, pertanto, veritiera, nel caso specifico, la censura di ignoranza della legge fiscale mossa nei confronti della parte civile tramite i materiali oggetto del processo e giudicati offensivi.
(omissis)
Alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono deve giudicarsi che i fatti-reato attribuiti all’imputato siano scriminanti ai sensi dell’ad 51 c.p, per il legittimo esercizio del diritto di critica e la sentenza deve essere annullata senza rinvio perché gli stessi fatti non costituiscono reato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i fatti non costituiscono reato.