[A cura di: Prof. Avv. Rodolfo Cusano]
Come accade per il regolamento di condominio, anche le tabelle millesimali possono essere redatte dal costruttore. Le tabelle, in tal caso, sono richiamate nei singoli atti di compravendita, insieme al regolamento, e si ha la cd. accettazione contrattuale. È questa l’ipotesi meno complessa, in quanto il costruttore è bene a conoscenza di tutti gli elementi dello stabile necessari per la corretta formazione delle tabelle. È chiaro che questi si servirà per la loro redazione dell’opera di un tecnico qualificato, ma ciò che più importa è che, avendosi accettazione al momento della stipula contrattuale, vengono alla radice eliminate tutte quelle contestazioni che invece si hanno quando si procede a mezzo di approvazione assembleare.
La disposizione contenuta nel 1° comma dell’articolo 1118 c.c., anche a seguito dell’intervento della legge di riforma del condominio (L. 11-12-2012, n. 220), conferma nella sostanza il precedente dettato normativo e ribadisce il principio secondo il quale l’ampiezza del diritto spettante a ciascun condomino sulle parti comuni dell’edificio è proporzionale al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene (nel testo previgente si faceva riferimento al valore del piano o porzione di piano), salvo che il suo titolo di acquisto disponga diversamente.
L’obbligo di dotarsi delle tabelle millesimali è dettato dall’articolo 68, primo e secondo comma, disp. att. c.c. laddove, anche a seguito dell’intervento della L. 220/2012 è disposto che “(…) il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio”.
È questa stessa disposizione che, nel prevedere tale obbligo, ne detta anche i criteri di formazione, facendolo, però, per esclusione, indicando ciò di cui non bisogna tener conto. Infatti, al secondo comma dell’articolo 68 disp. att. c.c., così come sostituito dalla legge di riforma, viene confermato che il valore di ciascuna unità immobiliare deve essere determinato senza considerare il canone locatizio, i miglioramenti e lo stato di manutenzione del bene.
Ci si chiede, quindi, quali sono i criteri da porre alla base della corretta redazione delle tabelle millesimali? In primo luogo, occorre precisare che, ove esse non fossero già state redatte dal costruttore, è opportuno che l’amministratore convochi previamente l’assemblea per conferire l’incarico ad un tecnico di fiducia. Ma, anche se a questo punto l’amministratore non è il diretto responsabile della redazione delle tabelle, è opportuno che egli conosca i principi cui le stesse tabelle debbono essere ispirate.
Le quote devono, innanzitutto, essere determinate in base al valore di mercato di ciascuna proprietà esclusiva, in proporzione al valore dell’edificio. Trattasi, quindi, di stabilire il valore venale in commercio dell’intero edificio e, determinato il valore del singolo appartamento, operare la proporzione.
Ma come si fa a conoscere il valore venale in commercio?
Il modo più semplice è chiedere al costruttore il prezzo di vendita al quale ha alienato i singoli cespiti; poi, si divide il numero 1000 per il prezzo totale in modo da ottenere un coefficiente che, moltiplicato per i singoli prezzi di vendita, darà come risultato la quota millesimale di ogni cespite.
In mancanza di tali elementi, per poter determinare il valore di ogni singolo immobile, si dovrà procedere stabilendo un determinato prezzo a metro quadro e rapportarlo, poi, alla superficie reale di ogni singolo cespite. Se questi ultimi sono di altezza diversa, bisognerà fare riferimento alla cubatura e non più ai metri quadri. Si dovrà, infine, tenere conto, con la formulazione di appositi coefficienti, dell’altezza dal suolo (molto importante, per esempio, nel caso in cui il fabbricato sia sprovvisto di ascensore), dell’esposizione (verso l’interno o l’esterno), della destinazione dell’immobile (si pensi ad un piano destinato ad albergo, banca ecc.). In quest’ultimo caso, oltre al criterio del valore, chiaramente maggiore di quello attribuibile ad un semplice appartamento a destinazione abitativa, è sottesa una valutazione anche del correlativo maggior uso di alcune parti comuni; da qui una proporzionale maggiore partecipazione alle spese condominiali determinata una volta e per tutte in sede di redazione delle tabelle millesimali.
Fino all’anno 2010 e, precisamente, fino alla sentenza delle Sezioni Unite n. 18477/2010, era principio condiviso che in condominio sussistessero da un lato la tabella generale, detta anche della proprietà e, dall’altro, una serie infinita di tabelle che riguardavano singole spese. Mentre la prima tabella era il frutto di un accordo negoziale, per cui era necessaria l’unanimità dei condòmini per poterla modificare, per tutte le altre era sufficiente la maggioranza dei partecipanti all’assemblea che rappresentassero i 500 millesimi del valore dell’edificio.
Con tale sentenza la Suprema Corte cambia completamente indirizzo, non ritiene più la tabella A come espressione del diritto di proprietà e la considera solo quale: espressione matematica della forza del voto in assemblea e misura di partecipazione alle spese di cui all’articolo 1123, primo comma, c.c.. Testualmente: «caratteristica propria del negozio giuridico è la conformazione della realtà oggettiva alla volontà delle parti», al contrario l’atto di approvazione della tabella «fa capo ad una mera documentazione ricognitiva di tale realtà dove la tabella altro non era che l’espressione della forza del voto in assemblea e del peso relativo agli obblighi».
La conseguenza è che, in base a tale sentenza, non sarebbe stato più necessario, per approvare modifiche o variazioni alla ripartizione dei millesimi, il consenso unanime dei condòmini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136, secondo comma, c.c.
Questa sentenza è stata intesa come un capovolgimento dei principi che riguardano la tabella generale, detta anche della proprietà. E non a torto, perché la Cassazione, partendo dal disposto dell’articolo 1138 c.c. che prevede l’approvazione del regolamento di condominio con 500 millesimi, in base al disposto di cui all’articolo 68 disp. att. c.c. che prevede che le tabelle millesimali debbono esservi allegate, conclude con il ritenere che anche per queste sia sufficiente la maggioranza dei 500 millesimi per l’approvazione.
I precedenti indirizzi sull’approvazione e revisione delle tabelle millesimali possono dividersi in due grandi linee: il primo con cui si riteneva la nullità assoluta della delibera assunta in mancanza della totalità dei condòmini, ed il secondo che riteneva in tale evenienza sussistere solo una nullità relativa.
Una prima tesi sosteneva, infatti, che la determinazione dei valori della proprietà e la loro espressione in millesimi fosse regolata direttamente dalla legge, per cui non rientrava nella competenza dell’assemblea.
Altra tesi, ad essa molto vicina, sosteneva la natura negoziale dell’approvazione in quanto, pur non potendo essere considerata come un vero e proprio contratto, non avendo carattere dispositivo, la delibera andava inquadrata nei negozi di accertamento con conseguente necessità del consenso di tutti i condòmini .
Nella sentenza del 2010 la Suprema Corte confuta, uno ad uno, tutti gli indirizzi citati adducendo che non è vero che la legge determina il valore della proprietà di ciascun condomino e la loro espressione in millesimi, per cui l’assemblea non è competente. D’altronde, se le tabelle fossero direttamente regolate dalla legge senza alcun margine di discrezionalità, per la loro approvazione non sarebbe affatto necessario il consenso unanime, per cui ben potrebbero essere redatte direttamente dall’amministratore. Non è neanche vero, secondo la Cassazione, che siamo in presenza di un negozio di accertamento perché in altre sentenze la Corte ha ammesso che le tabelle servono solo ad esprimere un rapporto matematico senza incidere nei diritti dei singoli condòmini. Tanto è vero che non è richiesta la forma scritta per la rappresentanza dei condòmini trattandosi di deliberazione che non incide sui diritti spettanti a ciascun condomino. Inoltre, tale deliberazione non ha nemmeno natura negoziale in quanto non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, che è previsto dalla legge, ma solo quale parametro di quantificazione dell’obbligo.
La Corte, quindi, considerato che le tabelle millesimali, in base all’articolo 68 disp. att. c.c. sono allegate al regolamento di condominio che, ex articolo 1138 c.c., è approvato a maggioranza e che esse non accertano alcun diritto immobiliare di proprietà esclusiva ma solo il valore di tali unità rispetto all’intero edificio ai soli fini della gestione, conclude con il ritenere che esse vanno approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento di condominio.
Da ciò la consequenziale conclusione che le tabelle millesimali, anche quelle dette della proprietà, non debbono essere approvate con il consenso unanime dei condòmini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136, secondo comma c.c..
A prescindere dalla durata e consistenza che questo nuovo indirizzo ha avuto (dato il nuovo testo dell’articolo 69 disp. att. c.c., così come modificato dalla L. 220/2012, che a proposito della revisione ripristina la necessità dell’unanimità salvo i casi di errore o mutamento dei valori proporzionali per oltre un quinto e di cui meglio appresso si dirà) non ci possiamo esimere, in questa sede, dal trattare due sue logiche implicazioni.
In primo luogo, se è sufficiente per l’approvazione delle tabelle millesimali la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, c.c., qualora questa non venga raggiunta, ma la delibera comunque approvata, saremmo in presenza di un mero vizio di annullabilità che, in quanto tale, deve essere impugnato nei trenta giorni, altrimenti la stessa delibera si consolida.
Conseguenza logica è che anche la relativa impugnativa va notificata al solo amministratore, trattandosi di un mero vizio di annullabilità per mancato raggiungimento del quorum per legge previsto.
Su tale situazione si viene ad innestare il nuovo testo dell’articolo 69 disp. att. c.c. laddove prevede che “i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo 68 possono essere rettificati o modificati all’unanimità”.
Ci si chiede, quindi, a questo punto, se questa nuova disposizione ci fa ritornare ad una generale previsione di unanimità anche per l’approvazione delle tabelle millesimali.
Non si può ritenere ciò, in quanto, limitandosi l’espressione testuale della norma ai casi di rettifica o modifica, ed in applicazione del principio ubi lex voluit dixit, si deve concludere che rimangono ferme tutte le precedenti posizioni giurisprudenziali, venendo ad essere modificate solo le maggioranze necessarie all’approvazione delle rettifiche.
Infatti, sulle posizioni assunte dalla Suprema Corte ormai vi era stata pacificità di indirizzo salvo qualche isolato parere contrario della dottrina oltre alla considerazione che così si rendeva anche possibile approvare a maggioranza le tabelle millesimali evitando il continuo ricorso al Tribunale con una citazione indirizzata a tutti i partecipanti al condominio.
Per cui, data la notevole difficoltà interpretativa del momento, ed avvertendo il discente di seguire su questo particolare punto quelle che saranno le pronunce anche future della giurisprudenza, si può concludere dicendo che per l’approvazione delle tabelle millesimali, redatte in applicazione dei criteri legali e convenzionali, è richiesta la sola maggioranza dei 500 millesimi.
Tale assunto trova conferma anche nella giurisprudenza successiva alla riforma. Infatti con la sentenza del 13.5.2013, n. 11837 la Cassazione ribadisce che “il legislatore, con la recente legge 220/2012 ha sostanzialmente recepito l’insegnamento di cui alla sentenza a SS.UU. 18477/2010 modificando e profondamente innovando l’articolo 69 delle disp. att. c.c.. Tale norma nel testo novellato prevede appunto che in linea generale i valori espressi dalle tabelle millesimali possono essere rettificati o modificati all’unanimità”.
Per le approvazioni già avvenute prima della nuova legge si riporta la massima della Corte di Cassazione, Sez. VI, ordinanza 27-6-2012, n. 10762, in tema di condominio negli edifici: “Ai fini dell’approvazione o della modifica delle tabelle millesimali non è necessario il consenso unanime della totalità dei condòmini. Sulla base del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18477/2010 – principio applicabile tanto alle delibere assunte successivamente quanto a quelle intervenute precedentemente tale sentenza – risulta sufficiente, infatti, la maggioranza qualificata di cui all’articolo 1136, secondo comma, c.c.”.
Passando all’esame del nuovo articolo 69 disp. att. c.c., questo, nella sua originaria formulazione prevedeva che le tabelle potessero essere rettificate o modificate, anche nell’interesse di un solo condomino, quando erano conseguenza di un errore e quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, era notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.
Nel silenzio della legge, la giurisprudenza prevalente affermava che, tanto per la revisione che per la modifica, era sufficiente la maggioranza, ad eccezione delle tabelle di natura contrattuale, per le quali era richiesta l’unanimità dei partecipanti al condominio.
Il nuovo testo dell’articolo in esame specifica, ora, che:
“1. i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale possono essere rettificati o modificati all’unanimità;
2. nei casi di seguito indicati, però, la revisione o la modifica dei millesimi può essere deliberata dall’assemblea, anche nell’interesse di un solo condomino, con il voto favorevole del 50% + 1 degli intervenuti, in rappresentanza di almeno la metà del valore dell’edificio; ciò è possibile:
3. ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale, può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore, il quale è tenuto a darne notizia all’assemblea dei condòmini: il mancato assolvimento di tale compito può comportare la revoca dell’amministratore, nonché la responsabilità di quest’ultimo per gli eventuali danni”.
È precisato che l’applicazione della nuova disciplina è circoscritta alle ipotesi di rettifica o revisione di tabelle che siano state redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali. Infatti, qualora invece esse fossero in deroga a tali princìpi, sarà pur sempre necessaria l’unanimità per poterle cambiare.
Quindi, l’errore che giustifica la revisione delle tabelle millesimali non coincide con l’errore vizio del consenso, ma consiste nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari e il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle. Di conseguenza, dovranno rientrare nella nuova ipotesi normativa gli errori commessi nella misurazione della superficie reale o della cubatura, della planimetria o degli schizzi altimetrici, o nell’aver dato ad un alloggio una destinazione diversa da quella reale.
La Corte di Cassazione ha precisato che costituiscono errori essenziali e possono quindi dar luogo a revisione delle tabelle millesimali, in base all’articolo 69 disp. att. c.c.:
Non possono, invece, qualificarsi essenziali gli errori determinati soltanto dai criteri più o meno soggettivi con cui la valutazione dei singoli elementi necessari per la stima sia stata compiuta, poiché l’errore di valutazione in sé considerato non può mai essere ritenuto essenziale, non costituendo un errore sulla qualità della cosa, a norma dell’articolo 1429 c.c.
In merito agli errori di fatto la stessa sentenza della Cassazione ha precisato che la casistica più ricorrente è la seguente:
Sono, invece, errori di diritto quelli relativi ad una imperfetta interpretazione delle disposizioni legislative e giurisprudenziali come, ad esempio, il far rientrare nella valutazione le migliorie apportate dal singolo condomino o il valore locativo.
Restano fuori da possibili censure le valutazioni soggettive del tecnico. Infatti, non possono essere oggetto d’impugnazione l’individuazione che il perito faccia delle diverse caratteristiche del fabbricato e dei punteggi che egli riterrà conseguentemente opportuno attribuire.
Ciò che conta non è tanto la valutazione che il perito fa delle caratteristiche individuate in un condominio, ma che una volta dettati i criteri di stima, essi vengano logicamente ed imparzialmente applicati.
Non comporta modifiche della tabella millesimale, invece, il frazionamento di un’unità immobiliare in più unità. In tale evenienza, infatti, non si verifica alcuna delle condizioni previste dall’articolo 69 disp. att. c.c., perché la somma delle nuove quote risulta uguale a quella precedente, per cui si può procedere con una semplice operazione matematica al fine di aggiornare le tabelle millesimali alle mutate condizioni dell’edificio.
Negli atti di acquisto di immobili già esistenti prima della data di entrata in vigore del codice civile del 1942, spesso le indicazioni delle quote di proprietà si trovano espresse in maniera differente da quella millesimale: invece dei millesimi troviamo i centesimi, oppure divisioni fatte per frazioni o parti. In questo caso è doveroso per il condominio effettuare la trasformazione in millesimi anche con una semplice operazione matematica, laddove le quote non calcolate su base millesimale esprimano non solo i criteri per ripartire la spesa per la cosa comune ma anche la misura del voto di ciascun partecipante.
La legge di riforma non si è quindi occupata della prima approvazione delle tabelle millesimali per cui nulla ha predisposto al riguardo. In tale silenzio, la giurisprudenza più recente ha continuato ad applicare l’indirizzo di cui alla sentenza a SS.UU. n. 18477/2010. Per tale motivo in sede di prima approvazione le tabelle conformi a principi previsti dalla legge si approveranno con la maggioranza dei presenti in assemblea che raggiunga almeno 500/1000 (Conformi, Trib. Bari, sent. n. 914/2014;
Cass., sent. n. 11387/2013; Trib. Lucca n. 2210/2015; Trib. Palermo n. 765/2017).
Per cui possiamo concludere con il ritenere che, in tema di condominio negli edifici, per le delibere assembleari, ai fini dell’approvazione delle tabelle millesimali, stante la natura di atto non negoziale dell’adozione e/o modifica delle stesse, non è necessario il consenso unanime dei condòmini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2°, cod. civ.; infatti la deliberazione che approva le tabelle millesimali non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, fonte che è costituita dalla legge stessa, ma solo come parametro di quantificazione dell’obbligo, determinato in base a una valutazione tecnica.