Oltre al terzo in capo al proprietario, per i restanti 2/3 gli oneri spettano solo ai condòmini delle unità immobiliari comprese nella colonna d’aria sottostante, mentre nulla è dovuto dagli altri.
È il principio di diritto rimarcato nuovamente dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza 18045 del 28 agosto 2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 28.8.2020,
n. 18045
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A.D. ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 3153/2015 della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 21 maggio 2015.
Il Condominio … resiste con controricorso.
A.D. (e altri) impugnarono la deliberazione assembleare 8 maggio 2008 del condominio …, che aveva ripartito tra i soli proprietari degli “appartamenti sottostanti la parte di lastrico interessata dai lavori” le spese di rifacimento del lastrico solare di uso esclusivo del condomino R.G..
Gli attori dedussero che l’edificio condominiale è costituito da quattro scale, in parte coperto da tetto (circa i 3/4, corrispondenti alle scale B, C, D) ed in parte coperto da un lastrico solare (quello, appunto, adibito ad uso esclusivo del condomino R.G., in corrispondenza della scala A);
(omissis)
1.2. I tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano infondati.
(omissis)
1.2.2. Sono comunque implausibili le ragioni diritto poste a sostegno del ricorso.
(omissis)
Le censure contenute nel ricorso erroneamente suppongono, peraltro (anche ai fini della valenza in questa causa dell’invocato giudicato contenuto nella sentenza 14 gennaio 2003), una fungibilità, in termini di regime condominiale e di correlato riparto tra le spese, tra beni, invece, del tutto diversi, quali i “tetti” (che, nella specie, coprono le scale B, C e D del Condominio e che erano stati oggetto della decisione del 14 gennaio 2003) ed i “lastrici solari” (quale, nella specie, quello ad uso esclusivo del condomino R.G., a copertura della scala A).
I tetti (salvo quelli che siano per titolo negoziale di proprietà esclusiva) rientrano, per la loro funzione necessaria all’uso collettivo, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 c.c., non ricomprendendosi, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condòmini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condòmini e non di altri, di cui all’art. 1123, secondo e terzo comma, c.c.. La ripartizione delle spese di manutenzione proporzionate all’uso delle cose comuni o correlate all’utilità che se ne tragga non si giustifica, infatti, con riferimento a quelle parti, come appunto il tetto (o la facciata), che costituiscono le strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e che sono destinate a servire in maniera eguale ed indifferenziata le varie unità immobiliari dell’edificio (omissis).
Il lastrico solare di uso esclusivo (che è quello di cui si discute nel presente giudizio, stando a quanto accertato in sede di merito) costituisce, diversamente dal tetto, quella superficie terminale dell’edificio dotata di accessibilità ed adibita, quale accessorio, oltre che alla funzione di copertura, alla utilizzazione esclusiva di uno degli appartamenti in forza di diritto, di carattere reale o personale, che risulti dal titolo.
In ipotesi di lastrico solare di uso esclusivo trova perciò applicazione il regime sulle spese stabilito dall’art. 1126 c.c.. La disciplina posta da tale norma prevede, invero, ai fini del riparto delle spese di riparazione e ricostruzione, il presupposto applicativo della possibilità di uso esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello) (omissis), di tal che, se l’uso del lastrico o del terrazzo, anche se di proprietà esclusiva, non sia limitato ad uno o più titolari, ma sia comune a tutti i condomini, l’art. 1126 c.c. non opera.
La decisione della Corte d’appello di Roma si conforma, pertanto, alla consolidata giurisprudenza di questa Corte.
L’art. 1126 c.c., obbligando a partecipare alla spesa relativa alle riparazioni del lastrico solare di uso esclusivo, nella misura di due terzi, “tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”, si riferisce a coloro ai quali appartengono unità immobiliari di proprietà individuale comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, con esclusione dei condòmini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto (omissis).
L’obbligo di partecipare alla ripartizione dei cennati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualità di partecipante del condominio (come ipotizza il ricorrente), ma dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto della riparazione.
Del resto, è pressoché inevitabile che la terrazza a livello o il lastrico di uso esclusivo coprano altresì una o più parti che siano comuni a tutti i condòmini, e non solo quelli della rispettiva ala del fabbricato, come, ad esempio, il suolo su cui sorge l’edificio, la facciata, le fondazioni, ma se bastasse ciò per chiamare a concorrere alle spese del bene di copertura tutti i condòmini, l’art. 1126 c.c. non avrebbe alcuna pratica applicazione. Anche, ad esempio, per le scale o per gli impianti destinati a servire “una parte dell’intero fabbricato”, il terzo comma dell’art. 1123 c.c. prevede che le spese restino a carico del solo gruppo dei condòmini (e, cioè, dei proprietari degli appartamenti siti nell’edificio) che ne trae utilità: altrimenti, poiché le scale o gli impianti di una parte soltanto del fabbricato sono pure mezzi che danno utilità a parti comuni a tutti i condòmini (come il tetto, il cortile unico, la facciata, ecc.), identicamente tutti i condomini dovrebbero sostenere le spese nelle ipotesi di cosiddetto “condominio parziale”.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.