È da escludere la provvigione al mediatore qualora non abbia informato il promissario acquirente dell’esistenza di un’ipoteca sull’immobile oggetto della trattativa. Sussiste infatti uno specifico obbligo giuridico, in capo al mediatore, di informare le parti sulle circostanze che incidono sulla sicurezza dell’affare, che siano a sua conoscenza ovvero conoscibili utilizzando la diligenza esigibile da un professionista del settore. E ciò sia quando il mediatore agisca in modo autonomo, sia qualora si sia attivato a seguito di incarico conferito da una delle parti. Questo è quanto statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 27482 del 28 ottobre 2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 28.10.2019,
n. 27482
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Rilevato in fatto
La sig.ra C.S., con citazione del 2003, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 2525/2003 emesso dal giudice designato del Tribunale di Roma, con il quale le era stato ingiunto, su istanza della E. s.n.c., il pagamento della somma di euro 4.958 oltre spese ed interessi, assunta come dovuta a titolo di provvigione per l’opera di mediazione prestata ai fini dell’acquisto di un appartamento in …, di proprietà di T.M., in ordine al quale la predetta società mediatrice aveva asserito che essa opponente si era rifiutata di sottoscrivere il preliminare dopo la sottoscrizione della proposta.
Nella costituzione dell’opposta, l’adìto Tribunale di Roma, con sentenza n. 7301/2006, accoglieva l’opposizione e revocava l’impugnato decreto ingiuntivo, sul presupposto dell’accertamento dell’inadempimento della società mediatrice ai sensi dell’art. 1759, comma 1, c.c. (come tale idoneo a fondare una sua responsabilità contrattuale e a legittimare il conseguente rifiuto del proponente di pagare la provvigione, siccome si era scoperto che l’immobile era gravato da ipoteca) e della vessatorietà (e, quindi, della nullità od inefficacia) della clausola con la quale, nel contratto di mediazione, risultava previsto in favore dell’agente “il diritto al corrispettivo anche in caso di mancata conclusione dell’affare”.
Decidendo sull’appello formulato dalla società mediatrice e nella costituzione dell’appellata, la Corte di appello di Roma accoglieva, con sentenza n. 3204/2014 (depositata il 15 maggio 2014), il gravame e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata decisione, rigettava l’opposizione a decreto ingiuntivo avanzata dalla C.S. e confermava il provvedimento monitorio, oltre a condannare l’appellata alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte territoriale rilevava che non poteva ritenersi sussistente la responsabilità dell’appellante in ordine alla sopravvenuta conoscenza del vincolo ipotecario sull’immobile oggetto della trattativa e che, peraltro, non era nemmeno rilevante accertare la vessatorietà o meno della suddetta clausola, poiché il contratto preliminare era stato in effetti concluso con la formalizzazione della proposta da parte della C.S. (contenente l’indicazione del prezzo, delle modalità di pagamento, della data di stipula del contratto definitivo e della consegna del bene) e la conseguente accettazione da parte della proprietaria dell’immobile, donde l’insorgenza del diritto della società mediatrice a ricevere la pattuita provvigione.
1. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, la C.S., al quale ha resistito con controricorso l’E. s.n.c.
1.1. Con il formulato motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 1759 c.c. in relazione agli artt. 1175 e 1176 c.c., deducendo l’erroneità in diritto dell’impugnata sentenza nella parte in cui aveva ritenuto che, in caso di intermediazione in compravendita immobiliare, non poteva considerarsi compreso nella prestazione professionale del mediatore l’obbligo di accertare, previo esame dei registri immobiliari, la libertà dell’immobile oggetto della trattativa da trascrizioni ed iscrizioni pregiudizievoli.
(omissis)
3. Sgombrato il campo dalle riferite eccezioni pregiudiziali, si può passare alla disamina dell’unico complesso motivo denunciato dalla ricorrente.
Ritiene il collegio che esso sia fondato per le ragioni che seguono.
Con la sentenza qui impugnata la Corte di appello di Roma ha ritenuto che non rientrava nell’obbligo informativo a carico della società mediatrice (ora controricorrente) quello di portare a conoscenza la ricorrente – quale prornissaria acquirente – della sussistenza del pregiudizio consistente nella iscrizione di ipoteca sull’immobile oggetto della trattativa, ragion per cui la E. s.n.c. (appunto quale mediatrice) aveva il diritto a vedersi riconosciuta la provvigione per il sopravvenuto rifiuto della C.S. a stipulare il preliminare del contratto di compravendita, pur essendo ella venuta a conoscenza dell’esistenza dell’ipoteca gravante sull’immobile dedotto in controversia successivamente al momento della sottoscrizione della proposta di acquisto, all’atto della quale la stessa non era stata resa edotta della suddetta circostanza pregiudizievole dalla medesima mediatrice.
La ricostruzione e l’esito del ragionamento compiuto dal giudice di appello (che, invero, pure trova supporto in alcune pronunce di questa Corte) non possono essere condivisi in punto di diritto.
Secondo questo collegio, infatti, l’interpretazione operata dalla Corte territoriale (di segno inverso a quello del giudice di primo grado) è da ritenersi contraria sia alla lettera che alla ragione giustificatrice del disposto di cui all’art. 1759, comma 1, c.c..
Questa norma, infatti, impone uno specifico obbligo informativo in capo al mediatore di comunicare alle parti le circostanze a lui note (nelle quali devono ricomprendersi quelle comunque conoscibili, anche per effetto delle propedeutiche ed ordinarie visure che è possibile acquisire presso i pubblici registri), riguardanti la valutazione e la “sicurezza” dell’affare (soprattutto per il promissario acquirente o, comunque, acquirente) tali da poter incidere sulla conclusione dello stesso: in tal senso, invero, la legge prevede una forma di responsabilità specifica e qualificata del mediatore, la violazione dei cui relativi obblighi comporta il venir meno del presupposto per la configurazione del diritto alla provvigione in suo favore.
Rileva il collegio che – anche al fine dell’individuazione dei doveri e delle responsabilità incombenti sul mediatore – non si può prescindere, in primo luogo, dall’osservazione che il nostro ordinamento giuridico, già con gli artt. 1175 e 1375 c.c., impone in via generale al debitore e al creditore di comportarsi reciprocamente secondo le regole di correttezza e ciò anche nella fase di esecuzione del contratto.
Poi, non si può non rilevare – sul presupposto che la funzione del mediatore comporta l’esercizio professionale di un’attività (tanto è vero che i mediatori sono obbligati all’iscrizione in un apposito albo ai sensi della legge n. 39 del 1989) – che in materia è applicabile anche l’art. 1176 c.c., in virtù del quale è richiesta, per l’adempimento delle obbligazioni relative, non la diligenza del buon padre di famiglia, ossia quella dell’uomo medio, bensì una diligenza adeguata alla professionalità che ragionevolmente ci si può attendere dal mediatore. Pertanto, ciascuna parte di un rapporto contrattuale è obbligata ad agire secondo buona fede, preservando gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di obblighi contrattuali specifici o di quanto stabilito espressamente da norme di legge e agendo con la dovuta diligenza, e ciò vale anche per il mediatore.
Il nostro legislatore – sulla base di questo impianto generale – ha, per l’appunto, inteso specificamente inserire nel codice civile una norma apposita e peculiare per disciplinare l’attività del mediatore, ovvero il richiamato art. 1759, comma 1, la cui ratio va individuata nella necessità di salvaguardare l’interesse delle parti contraenti che potrebbe risultare compromesso da una falsa od incompleta rappresentazione della realtà, e, quindi, essa è improntata ad evitare che l’interesse personale del mediatore prevalga su quello delle parti, coinvolgendo queste ultime in affari che non avrebbero voluto se fossero state informate su determinate circostanze, così risultando inefficaci eventuali clausole completamente esoneratrici apposte nel contratto di mediazione favorevoli alla parte mediatrice.
Il mediatore deve, quindi, adempiere a specifici obblighi particolari, relativi al modo con cui svolgere l’attività intermediatrice, che, pur se da parte di alcuni orientamenti scientifici vengono definiti secondari o ipotetici, mettono in evidenza che il mediatore è libero di iniziare o meno la sua attività, ma una volta che l’abbia iniziata, deve seguire determinate regole e, fra i relativi obblighi, assume particolare importanza proprio quello di prestare le informazioni previsto nel primo comma dell’ad 1759 c.c., il quale ha la finalità di impedire che il mediatore presti la propria attività per lucrare la provvigione, pur sapendo che le parti, per effetto del suo intervento, concluderanno affari che potrebbero risultare di nessuna convenienza, di elevato rischio nell’inerente investimento a carico dell’acquirente o promissario acquirente (come proprio nel caso di eventuale pignorabilità dell’immobile da parte di un terzo creditore che abbia precedentemente iscritto ipoteca sullo stesso) o che potrebbero essere successivamente annullati per loro vizi di origine.
Il complessivo obbligo gravante sul mediatore comprende, quindi, in senso positivo, quello di comunicare le circostanze a lui note o conoscibili con la diligenza tipica della professione esercitata (che – ove omesse – potrebbero sortire un’incidenza causale contraria all’interesse effettivo delle parti), e, in senso negativo, il divieto di fornire informazioni non veritiere o informazioni su circostanze delle quali non abbia consapevolezza o che non abbia controllato.
Alla stregua di tale impostazione, quindi, il mediatore – tanto nell’ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell’ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti (c.d. mediazione atipica, la quale costituisce in realtà una forma di mandato) – ha l’obbligo di comportarsi con correttezza e buona fede, e di riferire alle parti le circostanze dell’affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza da lui ordinariamente esigibile.
Tra queste ultime rientrano necessariamente, nel caso di mediazione immobiliare, le informazioni sulla eventuale contitolarità del diritto di proprietà in capo a più persone, sull’insolvenza di una delle parti, sull’esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli, sull’esistenza di prelazioni od opzioni concernenti il bene oggetto della mediazione (cfr. Cass. n. 19951/2008; Cass. n. 16382/2009 e, da ultimo, Cass. n. 965/2019, con particolare riferimento all’obbligo del mediatore di riferire la circostanza relativa alla provenienza da donazione del titolo di acquisto del promittente alienante, in quanto afferente alla valutazione e alla sicurezza dell’affare; v., anche in precedenza, Cass. n. 6714/2001, secondo la quale il limite dell’obbligo d’informazione che l’art. 1759, comma 1, c.c. pone a carico del mediatore non esclude affatto la possibilità di configurare la sua responsabilità per avere dato ad uno dei contraenti informazioni obiettivamente non vere, segnatamente se esse vertano su circostanze d’indubbio rilievo, quali quelle attinenti tra l’altro all’affermata ed inveridica assenza di iscrizioni ipotecarie sull’immobile).
È appena il caso di aggiungere che, ai fini dell’adesione alla raggiunta conclusione in punto di diritto, non ha alcuna incidenza l’ulteriore argomento adottato dalla Corte territoriale sul fatto che l’eventuale esistenza del vincolo ipotecario non sarebbe stata – a suo avviso – idonea ad arrecare danno alla promissaria acquirente (oggi ricorrente), essendo ella nella possibilità di poter estinguere il finanziamento a tutela del quale era stata iscritta ipoteca, il cui importo avrebbe dovuto essere detratto dal prezzo della vendita.
Tale supposizione non ha alcun fondamento giuridico (ma è correlata ad un’ipotetica eventualità fattuale) ed è priva di rilevanza in funzione della valutazione dell’inosservanza dell’obbligo giuridico incombente sulla società mediatrice ai sensi del più volte citato art. 1759, comma 1, c.c., che – se accertato (ed a prescindere dalla possibile futura conclusione del contratto di vendita tra le parti per loro autonoma scelta indipendentemente da eventuali pregiudizi sull’immobile costituentene oggetto, ancorché taciuti dalla mediatrice all’atto della sottoscrizione della proposta di acquisto) – comporta il venir meno del presupposto per il riconoscimento della provvigione in favore della stessa mediatrice.
4. In definitiva, sulla scorta delle complessive ragioni svolte, il ricorso deve essere accolto con la conseguente cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che, oltre a regolare le spese del presente giudizio di legittimità, si conformerà al seguente principio di diritto: il mediatore – tanto nell’ipotesi tipica in cui abbia agito in modo autonomo, quanto nell’ipotesi in cui si sia attivato su incarico di una delle parti (c.d. mediazione atipica) – ha, ai sensi dell’art. 1759, comma 1, c. c., l’obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, con la conseguente configurazione dell’obbligo specifico a suo carico di riferire alle parti le circostanze dell’affare a sua conoscenza, ovvero che avrebbe dovuto conoscere con l’uso della diligenza da lui ordinariamente esigibile e, in queste ultime, si includono necessariamente, nel caso di mediazione immobiliare, le informazioni sull’esistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile oggetto della trattativa (come quella relativa all’iscrizione precedente di ipoteca).
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.