Secondo la Cassazione, le spese di potatura, ma anche di abbattimento e reimpianto di alberi situati in un giardino privato al servizio di un’abitazione in condominio vanno sostenute da tutti i condòmini, allorché si tratti di piante funzionali al decoro dell’intero edificio.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 16.10.2020,
n. 22573
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L.T. ha proposto ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza n. 5666/2015 della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 14 ottobre 2015.
Il Condominio via …, resiste con controricorso.
Con citazione dell’8 ottobre 2009, L.T. domandò la condanna del Condominio via …, al pagamento della somma di euro 5.820, in conseguenza delle spese sostenute e da sostenere per l’abbattimento ed il reimpianto di tre alberi siti nel giardino di proprietà esclusiva di L.T., assumendo che gli alberi svolgessero una funzione ornamentale per l’intero edificio. L’adito Tribunale di Roma respinse la domanda, reputando indimostrata la funzione ornamentale degli alberi. L.T. avanzò appello, che la Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 5666/2015, accolse soltanto con riguardo alla quantificazione delle spese processuali liquidate in primo grado, osservando, quanto al merito, che gli alberi di alto fusto presenti nel giardino dell’appellante, pur concorrendo all’aspetto estetico dell’edificio, restavano di proprietà esclusiva della signora L.T., sicché le spese per l’abbattimento e la sostituzione degli stessi dovevano porsi a carico esclusiva della proprietaria del giardino.
(omissis)
L’unico motivo di ricorso di L.T. denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., quanto all’atto d’obbligo imposto dal Comune di Roma al costruttore del fabbricato quale condizione per il rilascio della concessione edilizia, inerente proprio alla presenza di un congruo numero di alberature da mettere a dimora, anche ai fini del rispetto del vincolo ambientale sussistente nella zona ricadente nel parco dell’Appia Antica; di tal che, gli alberi esistenti nel giardino della ricorrente si dovrebbero intendere ineliminabili ai fini del decoro architettonico dell’intero complesso edilizio, stante il vincolo pubblicistico derivante dalla condizione imposta dal Comune.
(omissis)
Il motivo di ricorso risulta fondato.
È controverso tra le parti se il Condominio via … dovesse partecipare, o meno, alle spese sostenute dalla condomina L.T. per l’abbattimento ed il reimpianto di tre alberi siti nel giardino di proprietà esclusiva di quest’ultima.
La Corte d’appello di Roma ha risolto la questione nel senso di attribuire valore dirimente alla proprietà esclusiva, e non condominiale, degli alberi, pur riconoscendone l’incidenza sul decoro architettonico dell’edificio.
A proposito della questione di diritto rilevante in causa, un precedente di questa Corte in fattispecie assai analoga, affermò che alle spese di potatura degli alberi, che pur insistono su suolo oggetto di proprietà esclusiva di un solo condomino, sono tenuti a contribuire tutti i condòmini allorché si tratti di piante funzionali al decoro dell’intero edificio e la potatura stessa avvenga per soddisfare le relative esigenze di cura del decoro stesso (Cass. Sez. 2, 18/04/1994, n. 3666).
Tale sentenza evidenziava come le piante di alto fusto possano formare oggetto, ad un tempo, di proprietà esclusiva e di comunione, fornendo utilità differenziate al proprietario del suolo e, ad un tempo, ai titolari delle unità immobiliari dell’edificio condominiale, in quanto componenti essenziali del decoro architettonico del fabbricato; ciò giustifica l’obbligo di contribuzione dei partecipanti al condominio alle spese di potatura. Il fondamento della partecipazione agli oneri condominiali, ai sensi degli artt. 1123 e ss. c.c., non è infatti necessariamente correlato alla contitolarità della res, spesso piuttosto derivando dalla utilitas che essa arreca alle singole unità immobiliari, indipendentemente dal regime di proprietà.
La ricorrente L.T. non introduce, tuttavia, una denuncia specifica di violazione o falsa applicazione di norme di diritto (ovvero, in particolare, dall’art. 1123 c.c.). L’unico motivo di ricorso allega, piuttosto, una incompleta ricognizione della fattispecie concreta, non avendo la Corte d’appello esaminato l’atto d’obbligo imposto al costruttore in sede di concessione edilizia per la messa a dimora delle alberature.
Il controricorrente ha formulato una eccezione di giudicato interno per mancata impugnazione in appello del “II° CAPO” della sentenza del Tribunale, a proposito proprio dei vincoli imposti dal Comune di Roma per il rilascio della licenza edilizia.
Ora, secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale, per capo autonomo di sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato (anche) interno, deve intendersi solo quello che risolva una questione controversa, avente una propria individualità ed autonomia, sì da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente, mentre manca la suddetta autonomia nelle mere argomentazioni che unitamente ad altra, abbiano concorso a formare un capo unico di sentenza (cfr. Cass. Sez. 1, 23/03/2012, n. 4732; Cass. Sez. 1, 18/09/2017, n. 21566).
Occorre, comunque, evidenziare che, se effettivamente la sentenza della Corte di Roma non compie alcun esame dell’atto d’obbligo e della circostanza dei vincoli imposti dal Comune di Roma per la messa a dimora di un “congruo numero di alberature”, il ricorso di L.T. specifica di aver prodotto tale documento in primo grado, ricevendo in proposito risposta dal Tribunale di Roma che lo stesso atto non contenesse “riferimenti specifici alla proprietà dell’attrice né tanto agli alberi per cui è causa”. La sentenza impugnata della Corte di Roma, a pagina 2, precisa che L.T. avesse altresì lamentato in sede di gravame proprio che “la funzione ornamentale degli alberi doveva desumersi … dall’atto d’obbligo in cui si era imposto al costruttore ‘un congruo numero di alberature’”. Non può dunque in alcun modo dirsi coperta da giudicato la ritenuta irrilevanza dell’atto d’obbligo imposto al costruttore in sede di concessione edilizia per la messa a dimora delle alberature.
L’omesso esame dell’atto d’obbligo risulta, poi, decisivo, in quanto lo stesso, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.
Ora, è vero che in giurisprudenza si evidenzia come la convenzione, stipulata tra un comune e un privato costruttore, con la quale questi, al fine di conseguire il rilascio di una concessione o di una licenza edilizia, si obblighi ad un “facere” o a determinati adempimenti nei confronti dell’ente pubblico (quale, ad esempio, la destinazione di un’area ad uno specifico uso), non costituisce un contratto di diritto privato, né ha specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, configurandosi come atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale, dal quale promanano poteri autoritativi della pubblica amministrazione. Ne consegue che, non potendosi qualificare l’atto d’obbligo come contratto a favore di terzi, ai sensi dell’art. 1411 c.c., i privati acquirenti dell’immobile edificato non hanno alcuna possibilità di rivendicare diritti sulla base di esso, né, quindi, di agire per il suo adempimento, salva l’ipotesi che detto obbligo sia stato trasfuso in una disciplina negoziale al momento del trasferimento delle singole unità immobiliari (Cass. Sez. 2, 18/09/2013, n. 21396; Cass. Sez. 1, 17/04/2013, n. 9314; Cass. Sez. 2, 23/02/2012, n. 2742).
Tuttavia, nel caso in cui il beneficiario dell’originario atto di assenso edificatorio si sia, con atto d’obbligo allegato alla concessione edilizia, impegnato, nei confronti della p.a., a non modificare la destinazione d’uso del bene in precedenza assentito, le prescrizioni contenute nella concessione edilizia costituiscono un vincolo permanente, che non è consentito ai privati di rimuovere o modificare. Occorre perciò verificare se il vincolo di destinazione alla messa a dimora di un “congruo numero di alberature” del complesso immobiliare costituente il Condominio via …, costituisce una situazione giuridica a vantaggio dell’intero edificio, situazione che accede alla proprietà esclusiva degli alberi, facente capo a L.T., proprietaria del giardino. Ove gli alberi rientranti nella proprietà L.T., in forza del vincolo di destinazione, arrechino ai condòmini l’utilità di elemento ornamentale, essi possono concorrere a costituire in modo indissolubile il decoro architettonico dell’edificio, che è bene comune tutelato dalla legge, con la conseguenza che tutti i partecipanti al condominio sarebbero obbligati a contribuire alle spese per l’abbattimento ed il reimpianto, giacché funzionali alla conservazione di tale decoro (ancora Cass. Sez. 2, 18/04/1994, n. 3666).
(omissis)
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.