Amministratore di condominio: il ritardo dei bilanci non prova gli ammanchi
Il ritardo nella presentazione del bilancio ad opera dell’amministratore di condominio non è sufficiente a configurare il reato di appropriazione indebita. È uno dei principi enunciati dalla Cassazione con la sentenza 6977/2019, di cui si riporta un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 6977/2019
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Ritenuto in fatto
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma ha confermato integralmente la sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 20.10.2014, che aveva dichiarato l’odierna ricorrente L.A., in atti generalizzata, colpevole di appropriazione indebita nei confronti di due condomini (entrambi siti in Roma) che amministrava, condannandola alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni civili in favore di entrambe le parti civili.
Contro tale provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, con l’ausilio di un difensore abilitato, denunziando i motivi che saranno di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.
(omissis)
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
1. Dopo aver riepilogato le pregresse vicende (ff. 1 – 10 del ricorso), l’imputata lamenta:
- travisamento di fatto e motivazione apparente e violazione dell’art. 192 c.p.p. per omesso esame della documentazione prodotta ed erronea valutazione delle dichiarazioni del teste C., della ditta Ma.;
- vizi di motivazione in ordine alla mancata ammissione di una perizia contabile (conseguente alla mancata valutazione dei documenti prodotti dall’imputata ed all’erronea valutazione delle dichiarazioni rese dai testi escussi);
- non configurabilità del reato di appropriazione indebita;
- violazione di legge e vizi di motivazione quanto alle statuizioni civili.
1.1. In particolare, l’imputata deduce:
- che il mero ritardo nella redazione e consegna dei bilanci non può dimostrare la configurabilità degli elementi costitutivi della contestata appropriazione indebita;
- che l’entità delle somme dovute è inferiore rispetto al quantum contestato;
- che gli elementi valorizzati dalla Corte di appello sono in massima parte inesatti (cfr. rilievi operati a partire da f. 13 del ricorso).
1.2. Con l’atto di appello l’imputata aveva lamentato l’erroneità della contestazione, richiamando plurimi documenti a riprova della correttezza, o quanto meno dell’irrilevanza penale del proprio operato:
condominio di via …
- quanto ai versamenti all’ACEA delle somme dovute;
- quanto all’esistenza in atti di quietanze documentali attestanti il pagamento dei premi assicurativi dovuti per gli anni 2006 e 2007;
- al fatto che il credito vantato a saldo dal condominio sarebbe pari unicamente ad euro 1254,76, di molto inferiore a quella oggetto del configurato reato.
condominio di via …
- quanto all’erroneità, per il triennio 2007/2009, del computo dei pagamenti delle fatture della ACEA e degli altri pagamenti;
- alla mancata valutazione del fatto che i decreti ingiuntivi ottenuti dalla ditta L. sarebbero stati notificati ad un condomino che non ne avrebbe dato notizia all’amministratrice;
- al corretto pagamento delle fatture della Ma.;
- al fatto che il credito vantato a saldo dal condominio sarebbe pari unicamente ad euro 118, somma incompatibile con il configurato reato.
1.3. Come lamentato in ricorso, e come effettivamente rilevabile dalla motivazione della sentenza impugnata, la gran parte delle specifiche censure operate dall’imputata non ha costituito oggetto di compiuta disamina, essendosi la Corte d’appello limitata:
- ad osservare genericamente che l’imputata ha ammesso di dovere somme ai condòmini (pur se in misura nettamente inferiore a quanto contestato, quando non in assoluto esigua: ed una cosa è un mero sbilancio contabile in ipotesi rimasto non adempiuto, solo civilisticamente rilevante, altra sono le contestate e sistematiche appropriazioni indebite);
- a valorizzare il ritardo nella redazione dei bilanci, peraltro solo indiziariamente rilevante, ma insufficiente a dar prova della responsabilità dell’imputata a fronte delle puntuali contestazioni, sempre documentate, sollevate dalla difesa per negare o ridurre l’entità dei presunti ammanchi;
- a richiamare le vicende riguardanti i mancati pagamenti alla ACEA e dei premi di assicurazione, senza in proposito considerare le puntuali ed asseritamente documentate censure sollevate dalla difesa.
2. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma per il giudizio, che dovrà colmare i vuoti motivazionali innanzi evidenziati.
P.Q.M.
Annulla l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.