L’amministratore può esercitare nel giudizio penale l’azione civile per il risarcimento dei danni subiti dal condominio, senza neppure che sia necessario uno specifico mandato assembleare. Questo il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 31473/2018, di cui riportiamo un sintetico estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VII pen., ord. n. 31473/2018
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1. P.L. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Genova che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 646, 61 n.7 e 11 cod. pen., per essersi appropriato della somma di spettanza del condominio del quale era amministratore.
1.1 Al riguardo il ricorrente eccepisce che, essendo il condominio mero centro di interessi, non poteva costituirsi parte civile.
1.2. II ricorrente eccepisce inoltre che la sentenza di appello era viziata per carenza di motivazione in ordine alla rivisitazione della pena entro i minimi edittali.
2. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
2.1. Pacifico è infatti il principio affermato da questa Corte secondo il quale l’amministratore di condominio può esercitare nel giudizio penale l’azione civile per il risarcimento dei danni subiti dal condominio, senza neppure che sia all’uopo necessario uno specifico mandato assembleare, giacché egli è titolare “ex lege” di un potere rappresentativo comprendente tutte le azioni volte a realizzare la tutela dei diritti sulle parti comuni dell’edificio (Sez. 4, Sentenza n. 3320 del 12/12/2014; da ultimo vedi Sez. 2, sentenza n.30297 del 26/05/2017).
2.2. Con riferimento alla quantificazione della pena, deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorché siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 c.p. (vedi sez.6, sentenza n. 9120 del 02/07/1998); nel caso in esame la Corte di appello ha motivato la pena base con riferimento alla gravità del fatto, alla entità della somma di cui l’imputato si era appropriato ed ai gravi danni arrecati ai condòmini, con motivazione esente da censure.
3. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di euro 3.000 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 3.000 alla Cassa delle ammende.