“Fatti commessi arrecando danni, in molti casi anche rilevanti, ad una pluralità di condomini ed abusando dell’attività professionale in favore degli stessi”. Queste le motivazioni che hanno indotto la Cassazione, con la sentenza 21011/2018, a confermare la non applicabilità delle attenuanti all’amministratore che si era appropriato indebitamente del denaro di 12 condomini da lui gestiti. Occhio, però, ai termini di prescrizione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 21011/2018
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1. C.L. ricorre per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello di Milano il 3/4/2017 ha confermato il giudizio di penale responsabilità espresso dal Tribunale di Monza il 22/6/2016, all’esito di giudizio abbreviato, nei confronti dello stesso C.L. in ordine a dodici ipotesi di appropriazioni indebite continuate ed aggravate commesse ai danni di condomini dei quali era amministratore, con la conseguente condanna alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed euro 1.100 di multa, oltre al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese processuali in favore delle costituite parti civili.
A sostegno del ricorso il C.L. deduce:
1.1. Violazione di legge con riferimento all’intervenuta estinzione dei fatti contestati fino all’anno 2010, assumendo il ricorrente che, per il disposto degli artt. 1135, 1129 e 1138 cod. civ., la carica di amministratore cesserebbe ogni anno con conseguente onere dello stesso, nello stesso termine, di dare il conto della gestione e restituire le somme detenute per conto del condominio.
1.2. Vizio di motivazione e violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio ed al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
2. Il ricorso è in parte fondato, atteso che il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, nel momento in cui l’agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria, con la conseguenza che il momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del comportamento illecito è irrilevante ai fini della individuazione della data di consumazione del reato e di inizio della decorrenza del termine di prescrizione (omissis). Alla luce di tali principi, ancor prima che il C.L. si rendesse irreperibile, deve ritenersi evidente che lo stesso si è appropriato delle somme dei diversi condomini amministrati ogni anno, quando era tenuto a rendere il conto della gestione ed a restituire le somme detenute per conto di ogni condominio, ed ometteva invece tale restituzione con la volontà di far proprie le somme dovute.
Conseguentemente, giacché in virtù dei diversi atti interruttivi deve considerarsi il termine massimo della prescrizione, determinato in anni sette e mesi sei di reclusione dal combinato disposto degli artt. 157 e 161 cod. proc. pen., va riconosciuta l’estinzione per prescrizione dei fatti di appropriazione indebita antecedenti al 6/8/2010.
3. Il secondo motivo di ricorso è, invece, inammissibile, avendo ad oggetto valutazioni di merito in ordine all’esercizio di poteri discrezionali in modo non illogico né arbitrario.
La sentenza impugnata, infatti, ha adeguatamente valorizzato, sia per negare le invocate attenuanti generiche che, più in generale, per la determinazione del trattamento sanzionatorio, significativi indici di gravità dei fatti, sotto il profilo soggettivo che oggettivo, trattandosi di fatti commessi arrecando danni, in molti casi anche rilevanti, ad una pluralità di condomini ed abusando dell’attività professionale in favore degli stessi. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata, pertanto, da motivazione esente da manifesta illogicità, che è conseguentemente insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del
24/9/2008), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (omissis), così come è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (omissis).
4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente ai fatti di appropriazione indebita antecedenti al 6/8/2010, perché estinti per prescrizione, ferme restando anche per essi le statuizioni civili, in alcun modo coinvolte dal ricorso per cassazione non avente ad oggetto la responsabilità del ricorrente, ma soltanto l’estinzione dei reato ascrittigli ed il trattamento sanzionatorio, ferme restando le statuizioni civili in ordine agli stessi reati, ed il processo va rinviato ad altra sezione della Corte di appello di Milano per la determinazione della pena in ordine ai fatti successivi alla predetta data.
Non essendo coinvolte questioni civili nel presente grado di giudizio, vanno disattese le richieste di rimborso delle ulteriori spese processuali sostenute dalle parti civili intervenute.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai fatti di appropriazione indebita antecedenti al 6/8/2010, perché estinti per prescrizione, confermando le statuizioni civili in ordine agli stessi reati.
Rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Milano per la nuova determinazione della pena.
Dichiara nel resto inammissibile il ricorso e definitiva l’affermazione di responsabilità per i reati residui.
Rigetta le domande di rimborso delle spese processuali del grado proposte dalle parti civili intervenute.