L’amministratore, accusato di aver sottratto quasi 30mila euro alle casse condominiali, la scampa perché l’atto di denuncia-querela a suo carico, oltre a non scaturire da un’apposita, unanime, delibera condominiale, è stata presentata da un “delegato” dei condòmini, senza alcuna autentificazione delle firme dei sottoscrittori.
Di seguito un estratto della sentenza 12410/2020 di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 12410/2020
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1. Con sentenza del 29.4.2017 il Tribunale di Milano aveva riconosciuto F.D. responsabile del reato di appropriazione indebita aggravata e continuata in danno del condominio … essendosi appropriato, nella qualità di amministratore condominiale, della complessiva somma di Euro 29.850,41; ritenute in suo favore le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alla contestata aggravante ed alla pure contestata recidiva, il Tribunale lo aveva pertanto condannato alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 400 di multa, così ridotta per la scelta del rito abbreviato;
2. La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena rideterminandola in quella di mesi 6 di reclusione con conferma, nel resto, della sentenza impugnata;
3. Ricorre per cassazione il difensore di F.D. lamentando:
3.1 violazione di legge con riferimento agli artt. 120 cod. pen. e 337 cod. proc. pen. e vizio di motivazione sulla condizione di procedibilità: rileva che il procedimento era nato da una “denuncia-querela” depositata in data 3.7.2014 da tale J.G. “incaricato” al deposito, come risulta dal corpo dell’atto sottoscritto dai condòmini; osserva che l’atto non poteva equivalere ad una rituale querela, ormai necessaria condizione di procedibilità del reato di appropriazione indebita contestato al ricorrente, a séguito della riforma intervenuta con il D. L.vo 36 del 2018; sottolinea, a tal proposito, che manca una delibera assembleare espressione della volontà di tutti i condòmini atteso che i sottoscrittori dell’atto sono in numero tale da non esprimere la maggioranza numerica nonché quella in termini di millesimi; richiama, peraltro, la giurisprudenza di questa Corte in punto di espressione della volontà punitiva da parte del condominio come ente di gestione dotato di una sua propria individualità rispetto a quella dei singoli condòmini.
Osserva che, anche ritenendo valida la manifestazione di volontà del singolo condomino, le firme apposte sull’atto non risultano autenticate come invece previsto dall’art. 337 cod. proc. pen. nelle varie ipotesi da tale disposizione disciplinate.
Il ricorso è fondato.
1. F.D. è stato riconosciuto responsabile del delitto di appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 11 cod. pen. per avere egli abusato, profittandone, del suo ruolo di amministratore condominiale in forza del quale era nella materiale disponibilità delle somme di proprietà del condominio e di cui si era appropriato.
I fatti risalgono al 1.3.2014 quando, dunque, l’aggravante di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen. fondava la procedibilità di ufficio del reato in esame; l’art. 10 del D. Lg.vo 36 del 2018 ha tuttavia abrogato il capoverso dell’art. 646 cod. pen. eliminando perciò questa eccezione alla generale procedibilità a querela del delitto di appropriazione indebita.
2. Nessun dubbio sulla rilevanza della sopravvenuta procedibilità a querela del reato già procedibile di ufficio: non a caso, e proprio su questo presupposto, il legislatore ha introdotto la norma transitoria di cui all’art. 12 che, per l’appunto, è relativa ai “reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso …”; ciò a riprova che la sopravvenuta perseguibilità a querela di fatti di reato già perseguibili di ufficio rileva ai sensi dell’art. 2 cod. pen. introducendo un regime sanzionatorio complessivamente più favorevole.
D’altra parte questa Corte ha già chiarito che, proprio a séguito della modifica del regime di procedibilità per i delitti di cui agli artt. 640 e 646 cod. pen., introdotta dal d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, nei procedimenti in corso per il delitto di appropriazione indebita aggravata ex art. 61, n. 11 cod. pen., l‘intervenuta remissione della querela comporta l’obbligo di dichiarare la non procedibilità ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., ove non ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale (omissis).
Né, nel caso di specie, a conservare il regime di perseguibilità di ufficio potrebbe rilevare il disposto di cui all’art. 649 bis cod. pen. in quanto, a prescindere da ogni altra considerazione sul piano della disciplina applicabile, si tratta di una recidiva “semplice” inidonea, perciò, laddove peraltro ritenuta, a rendere il reato procedibile pur in assenza di rituale e formale istanza della persona offesa.
3. Ed è tuttavia proprio su questo profilo che occorre soffermarsi: nel caso di specie, infatti, dagli atti (la cui verifica è consentita ed anzi imposta dalla natura della censura che fa della Corte di Cassazione giudice anche del “fatto” procedurale) risulta che l’“atto di denuncia-querela” nel quale era stata rappresentata la condotta dell’odierno ricorrente e se ne era chiesta la punizione, era stato presentato in data 3.7.2014 presso la Procura della Repubblica di Milano ed era stato sottoscritto da (alcuni) “Condomini” e “Consiglieri” (cfr., dalla intestazione dell’atto in esame) del Condominio ….
Questa Corte ha più volte ribadito che per la proposizione di una valida istanza di punizione da parte di un condominio di edifici occorre la preventiva unanime manifestazione di volontà da parte dei condòmini volta a conferire all’amministratore l’incarico di perseguire penalmente un soggetto in ordine ad un fatto ritenuto lesivo del patrimonio comune (omissis).
Per altro verso, l’atto di denuncia-querela risulta depositato da tale dott. J.G. a tal fine delegato (cfr., pag. 6); ed è pacifico che, alla luce di quanto espressamente disposto dall’art. 337 cod. proc. pen., sarebbe stato allora necessaria la autenticazione delle firme atteso che la mancata autenticazione della sottoscrizione determina l’improcedibilità dell’azione penale, per l’ipotesi in cui la querela non venga presentata personalmente dall’interessato, ma venga depositata da un incaricato, riflettendosi sulla garanzia di sicura provenienza dell’atto dal titolare del diritto di querela (cfr., Cass. Pen., 2, 18.12.2013 n. 5.527, Puleo).
In definitiva, quindi, non par dubbio che l’atto di denuncia-querela sopra indicato non potesse e non possa in alcun modo, nell’attuale quadro normativo, consentire la perseguibilità del delitto di appropriazione indebita, quand’anche aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 11 cod. pen..
(omissis)
5. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio; la Corte di Appello, infatti, decidendo il processo in data successiva alla entrata in vigore del D. Lg.vo 36 del 2018, avrebbe dovuto prendere atto della sopravvenuta perseguibilità del reato ad istanza di parte e, per altro verso, della irritualità ed inidoneità della istanza di punizione già formalizzata ed agli atti del fascicolo del dibattimento.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata per mancanza di valida querela.