L’avvocato difensore di un’amministratrice condominiale, condannata in primo grado e in appello per appropriazione indebita ai danni del condominio, fa ricorso in Cassazione chiedendo che le attenuanti abbiano un peso maggiore rispetto all’aggravante. Ma gli Ermellini evidenziano che non soltanto i prelievi indebiti da parte della professionista non sono stati episodici ma hanno attraversato ben due anni di gestione condominiale; ma l’imputata, pur sollecitata, non ha collaborato con l’amministratore entrante per aiutarlo a ricostruire la contabilità. Di seguito, un estratto della sentenza 49202/2019 della Corte di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II pen., sent. n. 49202/2019
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1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 20.6.2018, ha confermato quella con cui il Tribunale del capoluogo lombardo aveva riconosciuto M.B. responsabile del delitto di appropriazione indebita pluriaggravata per essersi impossessata della complessiva somma di Euro 58.878,27, sottraendola al Condominio di via …, somma di cui l’imputata aveva la disponibilità nella sua qualità di amministratrice; il Tribunale, riconosciute le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alle contestate aggravanti, la aveva di conseguenza condannata alla pena complessiva di mesi 10 di reclusione ed Euro 400 di multa oltre al pagamento delle spese processuali; aveva inoltre condannato l’imputata a risarcire i danni cagionati alla costituita parte civile da liquidarsi in separato giudizio assegnando tuttavia al Condominio una provvisionale immediatamente esecutiva nella misura di Euro 40.000.
2. Ricorre per Cassazione il difensore di M.B. articolando un unico motivo incentrato sul vizio di motivazione in relazione al giudizio di valenza ovvero per non aver ritenuto la prevalenza delle attenuanti di cui all’art. 62 bis cod. pen. rispetto alla aggravante di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen.: richiama, a tal proposito, il motivo di appello che era stato articolato sul punto sottolineando come la istruttoria dibattimentale avesse dimostrato che le condotte distrattive fossero di portata più limitata rispetto a quella ipotizzata e pari, in realtà, alla sola somma dì Euro 39.000, risultante da un calcolo algebrico sviluppato sulla base dei prelievi operati sul conto corrente; con l’ulteriore considerazione secondo cui avrebbero dovuto essere considerate le somme prelevate dalla M.B. “in compensazione”; sottolinea che la Corte di Appello, a fronte delle considerazioni difensive, si era limitata a riproporre la ricostruzione operata dalla sentenza di primo grado considerando approssimativo, virtuale e meramente deduttivo il calcolo operato dalla difesa.
3. Il ricorso è inammissibile.
La Corte di Appello ha preso specificamente in considerazione i rilievi difensivi articolati con l’atto di appello anche in merito alla ricostruzione contabile ivi proposta e richiamata anche nel ricorso facendo riferimento alla deposizione del ragionier F.L., succeduto alla M.B. nella amministrazione del condominio ed alla la condotta della ricorrente che, pur sollecitata, mai aveva collaborato con il medesimo per aiutarlo a ricostruire la contabilità; hanno quindi fatto presente che, dalle indagini della GdF, l’ammontare delle somme di cui la M.B. si sarebbe appropriata ammonta a quella di Euro 58.878,27 (cfr., pagg. 3-4) laddove la ricostruzione contabile della difesa, non essendo stato dedotto un vizio di travisamento della prova, si risolve nella riproposizione di una versione contabile differente ed alternativa in termini che non possono essere utilmente spesi in sede di legittimità.
Per altro verso, poi, la censura articolata in merito al giudizio di valenza (e fondata proprio sulla minore entità delle distrazioni rispetto a quanto originariamente contestato) è stata evasa (cfr., pag. 5 della sentenza di appello) con considerazioni che prescindono dalla entità complessiva degli importi abusivamente prelevati segnalando, piuttosto, che “la condotta dístrattiva posta in essere dalla B. non si è limitata ad uno o due episodi circoscritti in un breve lasso temporale, ma che ha attraversato ben due anni di gestione condominiale (dal 2012 al 2014) e che pertanto [non può] non essere giudicata grave” (cfr., ivi).
Ed è noto che in tema di concorso di circostanze, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti sono censurabili in sede di legittimità soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico e non anche qualora risulti sufficientemente motivata la soluzione dell’equivalenza (cfr., Cass. Pen., 5, 26.9.2013 n. 5.579; Cass. Pen., 6, 25.11.2009 n. 6.866, relativa ad una fattispecie in cui il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e la contestata recidiva è stato ritenuto implicitamente confermato dal giudice di secondo grado, nel dare atto della congruità della pena inflitta dal giudice di prime cure; cfr., ancora, Cass. Pen., 1, 13.1.1994 n. 3.232).
4. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.