La pronuncia in merito ad un’evasione dagli arresti domiciliari è occasione, per la Corte di Cassazione, di rimarcare che il concetto di abitazione comprende le sue strette pertinenze, frequentabili dal solo soggetto, e non le aree condominiali nel loro complesso. Di seguito un estratto dell’ordinanza 13985/2019.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VII pen., ord. n. 13985/2019
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1. Il difensore di fiducia di A.N. impugna per cassazione la sentenza in data 04.05.2018, con cui la Corte di appello di Palermo ha confermato la pronuncia del Tribunale di Marsala, di condanna del prevenuto alla pena di mesi otto di reclusione per il reato previsto e punito dall’art. 385 co. 3 cod. pen.
Assume in proposito il legale ricorrente che la sentenza della Corte distrettuale sarebbe inficiata:
a) da violazione di legge, avendo erroneamente ritenuto che “qualsiasi allontanamento dal luogo degli arresti” valga ad integrare il contestato reato, laddove il prevenuto si era semplicemente portato all’interno di un giardino condominiale, “luogo privato ed accessibile esclusivamente dal condominio”, da ritenersi compreso nel concetto di abitazione, conformemente all’interpretazione abbracciata dalla sentenza di legittimità a tal fine citata;
b) da mancanza e manifesta illogicità della motivazione, quanto alla reputata sussistenza dell’elemento psicologico richiesto dalla contestata fattispecie incriminatrice, che da “dolo generico è andato erodendosi (sic) in favore del dolo specifico, ritenuto maggiormente rispetto(so) del principio di offensività, quale parametro di legittimità della irroganda sanzione penale”.
2. L’impugnazione proposta va dichiarata inammissibile.
Il riferimento ad aree condominiali in tanto può avere rilevanza per escludere la sussistenza del reato di cui all’art. 385 cod. pen., in quanto le stesse siano di stretta pertinenza dell’abitazione ove il soggetto agente è ristretto e siano da lui solo frequentabili (cfr., fra le tante, Sez. 2, sent. n. 13825 del 17.02.2017, e Sez. 6, sent. n. 4830 del 21.10.2014): correttamente, pertanto i giudice di merito hanno convergentemente reputato integrato il reato, essendo qui pacifico che l’imputato fu sorpreso all’esterno della propria abitazione, in un luogo che lo stesso atto di appello a suo tempo proposto definisce “area condominiale circostante la palazzina, in corrispondenza del portoncino d’ingresso ovvero in una strada chiusa che permette l’accesso solamente alle abitazioni facenti parte del condominio”.
Manifestamente infondata è, all’evidenza, la seconda censura, alla luce della pacifica natura dell’elemento soggettivo richiesto dal reato di cui trattasi.
Seguono le statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. pen., nella misura di giustizia indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 3.000 alla Cassa delle ammende.