Nel riportare una sentenza con cui la Cassazione rigetta l’appello di un condomino finalizzato a una diversa ripartizione delle spese processuali, si richiama la decisione della Corte d’Appello di Napoli, secondo cui è da annullare una delibera condominiale nella parte in cui il rendiconto approvato pone a carico del condominio le spese di iscrizione dell’amministratore di condominio ad un’associazione professionale di amministratori condominiali. Di seguito un estratto dell’ordinanza 13233/2017.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 25.5.2017,
n. 13233
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Il ricorrente G.C. propone ricorso, articolato in unico motivo, per violazione dell’art. 92, comma 2, c.p.c., avverso la sentenza n. 3385/2015 del 24 luglio 2015 della Corte d’Appello di Napoli, la quale, accogliendo in parte l’appello formulato dal G.C. avverso la sentenza resa dal Tribunale di Napoli il 30 ottobre 2009, dichiarava nulla la deliberazione assembleare del convenuto Condominio di via …. La deliberazione veniva nella specie annullata nella parte in cui il rendiconto approvato poneva a carico del condominio le spese di iscrizione dell’amministratore di condominio ad un’associazione professionale di amministratori condominiali, come nella parte in cui si faceva ricorso al fondo di riserva regolamentare per far fronte a spese legali. La Corte d’Appello valutava allora che l’impugnativa della delibera condominiale era stata accolta solo in parte, essendo state respinte alcune censure del condomino G.C., e perciò compensava interamente le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
Il ricorrente nel suo motivo di ricorso deduce che sarebbe stata conforme a diritto la compensazione di solo 1/3 delle spese di lite, in quanto la censura disattesa (in ordine alla riapprovazione dei lavori) era marginale e meno importante rispetto ai motivi di impugnativa della delibera accolti dalla Corte d’Appello.
Il Condominio di via …, resiste con controricorso.
Ritenuto che il ricorso proposto potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5), c.p.c., su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Nel presente giudizio, iniziato con citazione del 6 novembre 2006, è applicabile la formulazione del secondo comma dell’art. 92 c.p.c. introdotta dall’art. 2 della legge 28 dicembre 2005, n. 263 (operante per i procedimenti instaurati successivamente alla data del 1 marzo 2006), secondo cui la compensazione delle spese è consentita sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di “altri giusti motivi, esplicitamente indicati in motivazione”.
Ora, per costante orientamento di questa Corte, la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca o parziale e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, c.p.c., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2149 del 31/01/2014; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 406 del 11/01/2008). Non è dunque sindacabile in sede di legittimità la statuizione della sentenza d’appello che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, provveda all’accoglimento parziale della domanda proposta, articolata in più capi, dei quali alcuni accolti ed altri rigettati, e, nello statuire nuovamente sulle spese, provveda alla liquidazione di entrambi i gradi di giudizio considerando la sussistenza di una situazione di soccombenza reciproca e perciò compensando integralmente tra le parti le spese processuali.
Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese del giudizio di cassazione vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente, nell’ammontare liquidato in dispositivo.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 1.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.