La clausola del regolamento di condominio che comporta limiti all’utilizzo della proprietà privata, tanto da condizionare il diritto di ciascun condomino nell’utilizzo del locale di proprietà, rientra nella tipologia delle servitù atipiche e, in quanto tale, per essere opponibile ai terzi acquirenti deve risultare in una apposita nota distinta da quella dell’atto di acquisto.
Tali clausole limitative, infatti, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 2659 e 2665 c.c., devono essere specificatamente indicate, non risultando sufficiente il richiamo al regolamento condominiale inserito nell’atto di acquisto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 19.3.2018, n. 6769
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La M. s.a.s. e la L. s.n.c., rispettivamente proprietaria ed utilizzatrice di appartamento compreso nel Condominio …, hanno proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 1802/2013, depositata il 17/12/2013, che ha rigettato l’appello proposto dalle società ricorrenti contro la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Lucera.
Il Condominio …, resiste con controricorso ed ha presentato memoria ex art. 378 c.p.c. il 19 gennaio 2018.
La Corte d’Appello di Bari ha affermato nell’impugnata sentenza che tanto la condomina M. s.a.s. che la comodataria L. s.n.c. fossero legittimate passive rispetto alla domanda del Condominio …, avanzata con citazione del 27 giugno 2000 e volta alla declaratoria di illegittimità del cambio di destinazione da abitazione ad albergo impresso all’appartamento facente parte del fabbricato, utilizzato per attività di affittacamere, attività vietata dall’art. 5 del Regolamento di condominio, che impedisce gli “usi diversi da quelli di civile abitazione”. La Corte di Bari ha anche condiviso la tardività, già ritenuta dal Tribunale, dell’eccezione di inopponibilità del regolamento condominiale perché non trascritto, qualificando tale eccezione non come mera difesa, ma come eccezione in senso stretto, intempestivamente perciò sollevata dalle originarie convenute soltanto nella memoria di replica conclusionale. (omissis).
(omissis)
I. Il quinto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1138, 1350, 2643, 2659 e 2655 c.c., avendo la Corte d’Appello negato la dedotta inopponibilità del regolamento condominiale alle società ricorrenti per l’omessa trascrizione. Si critica la sentenza impugnata per aver essa dichiarato la relativa eccezione tardiva e perciò inammissibile, in quanto eccezione in senso stretto sollevata solo in comparsa conclusionale, mentre, a dire delle ricorrenti, si tratterebbe non di eccezione in senso proprio, ma di mera deduzione difensiva.
Il Condominio controricorrente replica sul punto che comunque il regolamento contrattuale sarebbe stato richiamato nell’atto di acquisto dell’appartamento in questione.
II. L’ultimo motivo di ricorso riveste un rilievo pregiudiziale, sicché va esaminato in via prioritaria, rivelandosi fondato, con l’effetto di privare di rilevanza decisoria e perciò assorbire le precedenti censure, che potranno essere, quindi, riproposte all’esame del giudice di rinvio.
Va innanzitutto confermato l’orientamento interpretativo cui è pervenuta questa Corte, nel senso che vada ricondotta alla categoria delle servitù atipiche la previsione, contenuta in un regolamento condominiale convenzionale, comportante limiti alla destinazione delle proprietà esclusive (quale appunto risulta, nella specie, l’invocato art. 5 del regolamento del Condominio …), in modo da incidere non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino. Ne consegue che l’opponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti deve essere regolata secondo le norme proprie delle servitù e, dunque, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, mediante l’indicazione, in apposita nota distinta da quella dell’atto di acquisto (in forza dell’art. 17, comma 3, della legge 27 febbraio 1985, n. 52), delle specifiche clausole limitative, ex artt. 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c., non essendo, invece, sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale (Cass. Sez. 2, 18/10/2016, n. 21024; Cass. Sez. 2, 31/07/2014, n. 17493). Non è, quindi, atto soggetto alla trascrizione nei registri immobiliari, ai sensi dell’art. 2645 c.c., il regolamento di condominio in sé, quanto le eventuali convenzioni costitutive di servitù che siano documentalmente inserite nel testo di esso. Ove si tratti di clausole limitative inserite nel regolamento predisposto dal costruttore venditore, originario unico proprietario dell’edificio, con le note di trascrizione del primo atto di acquisto di un’unità immobiliare ivi compresa e del vincolo reale reciproco, si determina l’opponibilità di quelle servitù, menzionandovi tutte le distinte unità immobiliari, ovvero ciascuno dei reciproci fondi dominante e servente. All’atto dell’alienazione delle ulteriori unità immobiliari, il regolamento andrà ogni volta richiamato o allegato e dovrà eseguirsi ulteriore trascrizione per le servitù che man mano vengono all’esistenza, fino all’esaurimento del frazionamento della proprietà originariamente comune.
(omissis)
Il quinto motivo di ricorso comporta, allora, la necessità di verificare come possa entrare nel processo la questione dell’inopponibilità delle servitù reciproche che siano contenute nel regolamento di condominio, ma non indicate in apposita nota di trascrizione.
(omissis)
Deve quindi enunciarsi il seguente principio di diritto:
“La questione relativa alla mancata trascrizione di una clausola del regolamento di condominio, contenente limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, ed alla conseguente inopponibilità di tali limiti ai terzi acquirenti, non costituisce oggetto di un’eccezione in senso stretto, quanto di un’eccezione in senso lato, sicché il suo rilievo non è subordinato alla tempestiva allegazione della parte interessata, ma rimane ammissibile indipendentemente dalla maturazione delle preclusioni assertive o istruttorie”.
Conseguono l’accoglimento del quinto motivo del ricorso, l’assorbimento dei primi quattro motivi e la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bari, la quale deciderà la causa attenendosi al principio sopra enunciato. Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Bari.