Caduta sulle scale che portano dal pianterreno al garage condominiale, una condomina imputa l’infortunio all’assenza di un corrimano. L’amministratore di condominio, inizialmente condannato a pagare una sanzione, viene poi assolto: non era obbligato ad impedire l’uso delle scale, poiché la pericolosità non era mai stata prospettata negli anni precedenti, ma solo alla prima assemblea condominiale tenutasi dopo l’incidente.
Di seguito un estratto della sentenza 13475/2020 di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. IV pen., sent. n. 13475/2020
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1. Con sentenza del Giudice di Pace di Gorizia del 7 maggio 2015, F.M. era stato condannato alla pena di euro seicento di multa in relazione al reato di cui agli artt. 590 e 40, comma secondo, cod. pen. (perché, per colpa generica, quale amministratore condominiale dello stabile sito in via …, omettendo di far installare un passamano lungo le rampe delle scale di collegamento tra il pianterreno e il piano interrato dei garage e non impedendo l’utilizzo di tale manufatto con gradini realizzati a zampa d’oca difformi dal progetto approvato, ove P.F. cadeva, cagionava a quest’ultima lesioni personali con diagnosi di “frattura poliframmentata collo e trochite omerale sinistra; frattura piatto superiore L 2”).
Secondo il Giudice di Pace, la P.F. era scivolata a causa della particolare conformazione della scala, della sua contingente scivolosità per esposizione alle intemperie e dell’assenza dei corrimani destro (nel punto più insidioso) e sinistro, che avrebbe consentito la discese del lato più ampio del gradino a zampa d’oca. La responsabilità era attribuita amministratore di condominio per la sua specifica posizione di garanzia ex art. 40, comma secondo, cod. pen..
2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Gorizia, in riforma della sentenza del Giudice di Pace, ha assolto F.M. in relazione al reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.
In via preliminare, il Tribunale ha condiviso parzialmente l’ordinanza del Giudice di Pace di ammissione di parte civile sotto il profilo che la richiesta risarcitoria in sede civile era stata esercitata nei confronti del Condominio e, in sede penale, nei confronti dell’imputato. Secondo il Tribunale, l’unico profilo di responsabilità ipoteticamente ascrivibile all’imputato poteva essere costituito dalla mancata installazione di corrimano e non dalle modalità di realizzazione delle scale.
Tuttavia, l’applicazione del giudizio controfattuale non conduceva ad un esito in termini di alta certezza (e neanche di probabilità) di mancata verificazione dell’evento in caso di previa installazione del corrimano. Ciò si desumeva dalle dichiarazioni della persona offesa e degli altri due testi B. e R. nonché dalla circostanza che, poco tempo dopo l’infortunio della P.F., anche il marito cadeva, nonostante l’installazione del corrimano su parte delle scale per iniziativa di un condomino. Il corrimano non avrebbe consentito di sorreggere l’intero peso del corpo della donna, scongiurandone la caduta. Non era addebitabile un’omissione all’amministratore in presenza di un pericolo solo astratto e potenziale.
Durante le pregresse assemblee condominiali il problema in questione non era mai stato sollevato.
3. P.F., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza del Tribunale, proponendo tre motivi di impugnazione.
3.1. Vizio di motivazione in relazione alle risultanze del giudizio controfattuale effettuato dal giudice di secondo grado.
Si deduce che il Tribunale aveva erroneamente reputato di non poter concludere con certezza o con alta probabilità che l’evento non si sarebbe verificato in caso di previa installazione del corrimano, valutazione insanabilmente contrastante con le risultanze istruttorie, perché il marito della P.F. era caduto sulle scale ben prima dell’installazione nel punto critico dove era caduta anche la parte civile. Dalla documentazione allegata al ricorso si evinceva che la denuncia relativa alla caduta del marito della P.F. risaliva al 7 febbraio 2010, cioè ad epoca antecedente all’esecuzione del lavoro di posa di un regolare passamano sulla parte della scala avente la conformazione “a piè d’oca”, imposto dal Comune di Gradisca il 22 aprile 2010.
Inoltre, dalla documentazione fotografica acquisita e dalle dichiarazioni dei testimoni B., R. e P. emergeva che il corrimano era già stato installato su iniziativa di un condomino, ma non nel punto di caduta della parte civile. Con motivazione palesemente illogica il Tribunale paragonava la situazione di un corrimano installato da un condomino, cioè da soggetto inesperto, rispetto a quella di un corrimano apposto da una ditta professionale in base alle norme tecniche. Non erano assimilabili le cadute del V. e della moglie, trattandosi di soggetti diversi per età (rispettivamente 73 e 64 anni), con peso, conformazione fisica e salute distinti, e in epoche lontane (rispettivamente febbraio e maggio).
3.2. Violazione dell’art. 40, comma secondo, cod. pen..
Si osserva che la deduzione del Tribunale, secondo cui la caduta era ricollegabile alla particolare conformazione delle scale e alla loro ricopertura con brina e fogliame, non era pertinente e non era razionalmente credibile. Il nesso di causalità è stato escluso in considerazione di quanto avvenuto ad altro soggetto in una porzione di scala diversa. Mancava ogni spiegazione delle caratteristiche tecniche del corrimano e del soggetto che ne facesse uso.
(omissis)
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
(omissis)
2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente per la stretta connessione tra loro, sono infondati.
(omissis)
Il Tribunale, con motivazione immune da censure, ha evidenziato che l’applicazione del giudizio controfattuale non conduceva ad un esito in termini di alta certezza o probabilità di mancata verificazione dell’evento nel caso in cui fosse stato previamente installato il corrimano, riconoscendo quali cause dell’evento:
a) la conformazione della scala “a ventaglio”, la quale escludeva la possibilità di appoggio in sicurezza di entrambi i piedi;
b) la ricopertura delle scale con brina e fogliame (vedi dichiarazioni dei testi B. e R.);
c) la contingente scivolosità della pavimentazione bagnata; d) l’assenza di un corrimano nel punto più insidioso.
Il Tribunale ha compiutamente esaminato il coacervo probatorio, riconoscendo che la responsabilità del F.M. poteva teoricamente fondarsi anche sulla sola mancanza del corrimano (in base alla posizione di garanzia riconosciuta all’amministratore) e ha incentrato la propria attenzione sull’esito del giudizio controfattuale.
Il giudice di secondo grado, peraltro, ha aggiunto che la R. aveva riferito di aver appreso della caduta del marito della P.F., accadimento che aveva comportato lo sradicamento del corrimano dal muro; ha poi rilevato che, in presenza di tutti i predetti fattori di rischio, la sola presenza del corrimano non bastava a sorreggere l’intero peso del corpo di un soggetto evitandone la caduta, come successo anche al marito della persona offesa.
Nella sentenza impugnata si è adeguatamente chiarito che l’amministratore non era obbligato ad impedire l’uso delle scale, costituendo le medesime un pericolo solo astratto e potenziale, in quanto tale problematica non era mai stata prospettata nel corso degli anni precedenti, ma solo alla prima assemblea condominiale tenutasi dopo l’incidente, tanto da designare tecnici per esaminare la situazione logistica. È stata altresì richiamata la contraddittoria dichiarazione della persona offesa, che aveva ammesso che l’argomento non aveva formato oggetto di discussione nel corso delle riunioni, salvo poi riferire di una generica lamentala dei condòmini della scivolosità delle scale.
Il ricorrente si limita a formulare censure in fatto, senza confrontarsi con l’intero compendio probatorio accuratamente vagliato dal Tribunale e senza apportare elementi decisivi idonei ad individuare nell’assenza del corrimano un’efficienza eziologica esclusiva.
(omissis)
4. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 cod. proc. pen.).
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.