I cani abbaiano e disturbano i vicini. I padroni, condannati, fanno ricorso in Cassazione. Ma gli Ermellini confermano che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità del rumore non deve essere necessariamente effettuata mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti. Di seguito un estratto della sentenza 38901/2018.
————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 38901/2018
————-
1. Con l’impugnata sentenza, il Tribunale di Lucca condannava G.V. e N.K. alla pena di euro 300 di ammenda ciascuno, condizionalmente sospesa per entrambi, perché ritenuti responsabili del reato previsto dagli artt. 110, 659 cod. pen., per avere detenuto, in concorso tra loro, presso la propria abitazione alcuni cani che abbaiavano continuamente nottetempo, impedendo il riposo e le occupazioni delle persone residenti nelle adiacenze. Fatto commesso dal giugno 2013 fino all’aprile 2015.
2. Avverso l’indicata ordinanza, gli imputati, a mezzo del comune difensore di fiducia, propongono ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in relazione agli artt. 191, 234, 431, 511, 526, comma 1, cod. proc. pen. Assumono i ricorrenti che la prova della fonte del disturbo sarebbe rappresentata da plurimi esposti presentati il 26 luglio 2013, il cui contenuto è stato pedissequamente riprodotto in motivazione, senza l’esame dei denuncianti, all’infuori di due testi, gli unici escussi.
(omissis)
2.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione della legge penale in relazione all’art. 659 cod. pen. e correlativo vizio motivazionale. Ad avviso dei ricorrenti, il tribunale avrebbe errato nel ritenere l’idoneità delle emissioni rumorose a disturbare un elevato numero di persone, avendo invece raggiunto una cerchia limitata di soggetti, ossia i testi C. e L..
(omissis)
1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Quanto al primo motivo, si osserva, preliminarmente, che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilità non deve essere necessariamente effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, occorrendo, ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto.
Orbene, nel caso in esame la prova del superamento della soglia della normale tollerabilità delle fonti sonoro è stata desunta dalle deposizioni testimoniali di tre vicini di casa (i testi C., L., C.), nonché dell’agente di polizia municipale che effettuò il sopralluogo il 16 dicembre 2014, e del teste di p.g. C., in forza presso il commissariato di P.S. di Forte dei Marmi, il quale pure si recò sui luoghi, su indicazione del collega C., accertando non solo che gli animali abbaiavano e che in casa non vi era nessuno, ma che sul cancello dell’abitazione vi era un cartello con la scritta “sono una mamma, i cani abbaiano da molto tempo”. La circostanza che fosse stato presentato un esposto rileva, perciò, come mero dato di conferma del compendio probatorio di cui si è dato conto, e da esso può unicamente trarsi, a livello probatorio, il dato che il 18 luglio 2013 era stato, appunto, presentato un esposto da trentuno persone che lamentavano l’abbaiare dei cani, proveniente dall’abitazione dove abitavano gli imputati.
(omissis)
4. Inammissibile, perché manifestamente infondato, è pure il terzo motivo.
Invero, poiché il bene tutelato dalla fattispecie in esame è rappresentato dalla quiete pubblica, la quale implica di per sé l’assenza di disturbo per la pluralità dei consociati, per la sussistenza del reato è necessario che i rumori abbiano una tale diffusività che l’evento di disturbo sia idoneo ad essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero dei soggetti che si trovino nell’ambiente o, comunque, in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la valutazione circa l’entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica. Il Tribunale ha, perciò, ritenuto la sussistenza del reato, desumendolo dalla diffusività del rumore, ben percepibile al di fuori dell’edificio da cui proveniva, in pieno orario notturno, arrecando così disturbo al riposo di un numero indeterminato di persone, ossia i numerosi vicini che abitavano nelle adiacenze della villetta degli imputati. Si tratta di una valutazione fattuale, che, essendo logica e giuridicamente corretta, non è censurabile in questa sede.
(omissis)
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.