Integra il reato di violenza privata, di cui all’art. 610 c.p., la condotta del condomino che, per non avere gradito l’approvazione di una delibera da parte dell’assemblea, straccia e ingoia il verbale, costringendo così i presenti a sospendere l’adunanza in corso, a chiamare le forze dell’ordine ed a redigere un nuovo verbale. Non rileva, ai fini della responsabilità, che l’assemblea abbia già deliberato e approvato, quanto il fatto che l’imputato, con la propria condotta minacciosa e violenta, abbia costretto i partecipanti ad un pati (sospensione dell’assemblea), e ad un facere (chiamare la polizia).
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 34800/2019
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1. Con sentenza emessa il -04.10.2017 la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale capitolino, ha confermato l’affermazione di responsabilità nei confronti di R.M. per il reato di violenza privata, in esso ritenuto assorbito il reato di minaccia, per avere costretto i condomini dello stabile di via … a sospendere i lavori dell’assemblea condominiale ed a chiamare la polizia, minacciando l’Avv. C.M., delegato di altro condomino, e S.R., e strappando una pagina del verbale dell’assemblea, che ingoiava, rendendola inservibile.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di R.M., Avv. S.P., deducendo tre motivi di ricorso.
Con i primi due motivi denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 610 cod. pen.: sostiene che la violenza o la minaccia attribuite all’imputato non avrebbero esercitato alcuna influenza limitativa o ostativa della libertà dei condomini, in quanto l’assemblea aveva già approvato i lavori che l’imputato non voleva; la sua condotta era una mera ritorsione alla deliberazione non gradita.
Inoltre, la Corte non avrebbe considerato che C.M. e S.R., dopo la condotta aggressiva dell’imputato, reagirono afferrandolo per il braccio, e cagionandogli lesioni personali refertate; sicché non è configurabile un non facere, un omettere o un tollerare.
Con un secondo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al diniego dell’art. 131 bis cod. pen..
(omissis)
1. Il primo ed il secondo motivo sono inammissibili, perché sono manifestamente infondati, e perché propongono doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997); infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale (omissis).
In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica – unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del significato della condotta dell’imputato.
Inoltre, la deduzione del ricorrente, secondo cui il reato di violenza privata non sarebbe stato integrato, perché l’assemblea condominiale aveva già approvato i lavori che l’imputato non condivideva, è manifestamente infondata, in quanto il R.M. risulta avere minacciato l’Avv. C.M. e gli altri partecipanti all’assemblea, avere spintonato il condomino S.R., facendolo cadere a terra, ed avere strappato la pagina del verbale che, pertanto, dopo la ripresa dei lavori che erano stati sospesi, dovette essere nuovamente redatto.
Tali condotte, integranti minaccia e violenza, hanno costretto i partecipanti dell’assemblea condominiale a tollerare quantomeno la sospensione dei lavori, ed a chiamare la polizia e poi redigere nuovamente il verbale strappato dal R.M.; a nulla rileva che la delibera fosse stata già approvata (nel senso che si era già formata la volontà assembleare), in quanto la costrizione concerne il pati (la sospensione dell’assemblea condominiale) ed il facere (la richiesta dell’intervento della polizia e la nuova redazione del verbale strappato ed ingoiato dall’imputato).
Né la condotta minacciosa e violenta e l’effetto costrittivo sono suscettibili di essere obliterati, ai fini dell’integrazione della tipicità del reato di cui all’art. 610 cod. pen., dall’asserita reazione di C.M. e S.R., che avrebbero provocato lesioni personali all’imputato, trattandosi di comportamento che, a prescindere dalle valutazioni eventualmente rilevanti ai sensi dell’art. 52 cod. pen., è successiva alla condotta dell’imputato, e non ne elide la tipicità.
(omissis)
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, e al versamento della somma di euro 3.000 alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, liquidate in euro 2.500, oltre accessori di legge, per C.M., e in complessivi euro 3.000, oltre accessori di legge, per P.F. e S.R., con distrazione in favore dell’Avv. C. antistatario.