Il caso preso in esame riguarda la vicenda processuale tra un condominio e la ditta di costruzione che ha realizzato l’edificio. La Cassazione è intervenuta respingendo il ricorso del direttore lavori, ritenendolo “chiaramente responsabile di omesso controllo su tutte le opere rivelatesi difettose” e dunque responsabile dei vizi nella costruzione del fabbricato stesso. Di seguito l’estratto della sentenza.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 23.2.2017,
n. 4673
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1) Il Condominio … ha agito in giudizio vittoriosamente, davanti al tribunale di Monza, contro la s.r.l. Costruzioni …, il geometra direttore dei lavori P.V. e l’ing. E.G., responsabili di vizi nella costruzione del fabbricato condominiale di via ….
La Corte di appello di Milano, pronunciando il 16 dicembre 2010 sugli appelli di tutti i convenuti, in parziale accoglimento del gravame proposto da E.G., ha ridotto ad euro 5.000 l’importo della somma da lui dovuta.
Ha ridotto di 5.000 euro l’importo del risarcimento dovuto da P.V..
Ha rigettato la domanda proposta contro la società costruttrice.
Il solo P.V. ha proposto ricorso per cassazione con sei motivi.
Il Condominio ha resistito con atto di “costituzione formale in giudizio ex art. 370 c.p.c.”.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
2) Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 e omessa, insufficiente contraddittoria motivazione.
La censura concerne la condanna relativa ai calcoli sui ponti termici e sulle soluzioni termotecniche, che erano stati affidati al perito industriale A..
Il ricorrente si duole del fatto che la propria responsabilità non sia stata esclusa, come era stato fatto con riguardo ai problemi afferenti a strutture e cementi armati, addebitati all’ing. E.G..
Deduce anche che nessun addebito poteva essergli mosso, perché i limiti dei doveri del direttore dei lavori non potevano giustificare responsabilità per attività su cui non era ragionevole aspettarsi un suo intervento.
Il motivo è infondato.
Quanto al trattamento diversificato delle due posizioni relative ai professionisti coadiuvanti, la differenza risiede nella situazione descritta dalla parte di sentenza riportata in corsivo a pag. 9 del ricorso stesso.
Il E.G. era ivi descritto e considerato non solo progettista ma anche «direttore dei lavori» delle strutture e delle murature in cemento armato, cosicché non v’era margine – solo in quel caso – per coinvolgere il direttore dei lavori di tutta l’opera, sollevato per quella parte dall’incarico e quindi dalla responsabilità.
Quanto al mancato controllo della adeguatezza della coibentazione termica, la specifica, congrua e logicamente ineccepibile motivazione della Corte di appello costituisce insindacabile apprezzamento di merito circa il fatto che il direttore dei lavori dovesse, proprio grazie alle sue competenze tecniche generali, controllare che l’opera dello specialista fosse idonea allo scopo; compito insufficientemente assolto.
(omissis)
4) Il terzo motivo espone violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c. e 2697 c.c., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.
Parte ricorrente sostiene che giudici di merito si siano acriticamente appiattiti sulla ctu senza valutare che sarebbero stati possibili interventi con modico costo, anziché imporre il controvalore di un costoso “cappotto termico”, quale risarcimento per riparare “i fenomeni riscontrati”.
Anche questa doglianza è inammissibilmente formulata.
Parte ricorrente non specifica, come e in quali atti sia stata formulata una proposta alternativa e da quali risultanze ritualmente acquisite possa desumersi che è illogica la valutazione di merito circa la necessità del rimedio indicato dai giudici di merito in luogo di altri. È contrario alla tecnica e ai limiti del giudizio di cassazione chiedere una rivisitazione degli apprezzamenti della Corte di appello, richiamando genericamente critiche “evidenziate nel corso del giudizio”.
5) Il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1669 e 2055 c.c., oltre che vizi di motivazione.
Il ricorrente sostiene che le azioni dannose sono plurime e distinte e quindi risalenti a responsabilità che si presume individuale. Si duole dell’addebito integrale (salvo l’esigua quota E.G.) e solidale di colpe di altri e della mancata individuazione di una quota di responsabilità addebitabile all’impresa costruttrice, «“ribaltata” in capo all’odierno ricorrente».
La tesi è priva di fondamento. Quale direttore lavori il ricorrente è stato considerato, con ineccepibile motivazione, chiaramente responsabile di omesso controllo su tutte le opere rivelatesi difettose.
Di qui la sua responsabilità solidale con eventuali altri artefici.
Non risulta che il ricorrente abbia preteso di essere manlevato da altri soggetti maggiormente responsabili; ed infatti non è denunciata alcuna omessa pronuncia sul punto.
6) Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e 34 Legge n.10 del 1991.
Con esso il ricorrente sostiene che progettazione, calcoli e certificazioni circa il fabbisogno energetico e le cause dei ponti termici spettavano esclusivamente al perito termotecnico A.G. e che compito del Direttore Lavori sarebbe solo di conservare in cantiere la relazione tecnica, nonché dell’applicazione dei criteri contenuti nella Relazione di calcolo del fabbisogno energetico, senza entrare nel merito della stessa.
La censura, infondata, trova risposta in quanto osservato nei precedenti paragrafi circa la specifica colpa addebitabile al ricorrente: non essersi accorto, benché potesse e dovesse farlo con l’uso della normale diligenza e del rispetto del suo ruolo professionale, della mancanza di idonea progettazione dei ponti termici e nell’insufficiente coibentazione.
Spettava al ricorrente in questa sede dimostrare da quali risultanze di causa possa emergere secondo criteri scientifici l’impossibilità di controllare l’erroneità dell’operato del professionista termotecnico.
Val bene osservare, anche in questo caso, che egli stesso si è ben guardato dal chiedere a quest’ultimo opportuna manleva.
7) Infondato è anche l’ultimo motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 15 d. lgs 192/05
Il ricorrente sostiene qui, tra l’altro, che il direttore lavori deve solo asseverare la conformità al progetto e verificare la presenza dell’attestato di qualificazione energetica e che solo il progettista termotecnico resta soggetto alle sanzioni amministrative per il rilascio di relazione compilata senza il rispetto delle modalità previste dalla normativa.
Tutte le doglianze di cui al motivo, come quelle esposte nei motivi precedenti, sono infondate.
Invano parte ricorrente confonde il piano delle responsabilità amministrative con quello delle responsabilità civilistiche verso il committente.
È quest’ultimo il profilo in forza del quale è stato ritenuto responsabile e sul quale non influisce causalmente quale sia stata la condotta addebitabile ad altro specialista che ha operato nella costruzione. Delle deficienze dell’operato di questi, il direttore dei lavori doveva rendersi conto e agire di conseguenza.
Questo addebito, mossogli dai giudici di merito, non è eluso dalle censure che espone.
8) Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in euro 5.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso delle spese generali (15%).