Suona ripetutamente il citofono di notte, bussa alle porte degli alloggi, cosparge il pianerottolo di olio e sostanze corrosive. Nonostante il tentato ricorso dopo la condanna del tribunale di Ascoli Piceno, la Cassazione ha confermato la sentenza attraverso l’ordinanza 58085, della quale pubblichiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VII pen., ord. n. 58085/2018
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1. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Ascoli Piceno ha condannato A.S. alla pena di 500 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 660 cod. pen., commesso in epoca antecedente al 21.3.2013, nonché al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede, in favore della persona offesa, costituita parte civile.
2. Ha interposto appello l’imputato, a mezzo del difensore, denunziando la carenza di prove della colpevolezza, non risultando credibili le dichiarazioni della persona offesa e dei suoi stretti congiunti, animati da sentimenti di astio nei confronti dello A.S..
3. Va, in via preliminare, rammentato che, ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., avverso una sentenza di condanna a sola pena pecuniaria per contravvenzione è proponibile solo ricorso per cassazione. L’atto di appello correttamente è stato dunque trasmesso a questa Corte, dovendo essere convertito in ricorso ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen.. Ma come ricorso è inammissibile perché da propone una ricostruzione dei fatti sganciata dalle risultanze processuali, apertamente contraddetta dalle più che corrette e plausibili osservazioni della sentenza impugnata, che ha ineccepibilmente evidenziato come, alla stregua della convergente prova dichiarativa, era rimasto accertato che l’imputato, sin da quando la famiglia D.B. si era trasferita nell’appartamento confinante con quello dello A.S., aveva attuato una serie di sistematiche molestie, azionando ripetutamente il citofono corrispondente all’abitazione dei vicini, in orario notturno e più volte consecutivamente, bussando alla porta dell’abitazione, cospargendo il pianerottolo di olio e di sostanze corrosive, condotte non aventi altro scopo se non quello di disturbare e molestare. Né v’era ragione di dubitare della ricostruzione prospettata da D.B.R. e dalla moglie C.A., avendo il primo riferito di avere colto l’imputato nel frangente in cui, sempre in orario notturno, stava azionando per l’ennesima volta il campanello della porta di ingresso della sua abitazione, ed essendo la ricostruzione prospettata dalla parte civile e dai suoi familiari conviventi riscontrata dalle dichiarazioni di altro condomino, che aveva personalmente assistito a taluni dei detti comportamenti, riprendendo lo A.S. e invitandolo a desistere dalle azioni di disturbo.
A fronte, le doglianze appaiono generiche, laddove sostengono che non sarebbe stato valutato l’intero materiale probatorio, in particolare gli elementi che deponevano nel senso del malanimo delle presunte parti lese e che, dunque, i testi erano inattendibili; manifestamente infondate nella parte in cui affermano che la responsabilità non poteva basarsi sulla deposizione delle persone offese priva di riscontri; in ogni caso indeducibili, attenendo nella sostanza alla valutazione dei dati probatori compiuta dal giudice del merito con argomenti lineari e logici.
I fatti, così come descritti e ritenuti verificatisi, integrano il reato contestato, trasparendo dall’intero comportamento descritto l’intenzione di molestare e di compiere atti di disturbo, e non risultando che il ricorrente abbia mai addotto alcuna altra plausibile giustificazione, se non quella dell’asserita ostilità di tutti i testi escussi, anche quelli estranei e indifferenti.
4. All’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 2.000.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle ammende.