Deve ritenersi ammissibile la configurabilità di una c.d. servitù di parcheggio, a favore del condominio su un’area di proprietà di terzi, strutturata secondo lo schema previsto dall’art. 1027 del codice civile. Spetta al giudice di merito accertare la ricorrenza delle condizioni prescritte dalla norma e la sussistenza di un’utilitas di carattere reale costituita a diretto vantaggio del fondo dominante.
————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent.18.3.2019,
n. 7561
————-
L. s.a.s ha adito il Tribunale di Venezia, quale titolare di uno spazio scoperto, suddiviso in 27 posti auto, ubicato via …, esponendo che la F. s.r.l. aveva illegittimamente occupato quattro posti auto di sua proprietà. Ha chiesto il rilascio dei beni, con vittoria di spese. (omissis).
Il Tribunale di Venezia ha accolto la domanda ed ha ordinato il rilascio dei posti auto, con pronuncia confermata in appello. La Corte territoriale di Venezia, rigettando l’impugnazione principale della F. s.r.l. e quello incidentale della G. s.a.s., ha affermato che non è configurabile nel nostro ordinamento una servitù di parcheggio, mancando il requisito della realità, poiché, in tali ipotesi, l’utilitas non è riferibile ai fondi, ma alle persone che esercitano il diritto. (omissis).
Per la cassazione di questa sentenza la F. s.r.l. ha proposto ricorso sulla base di due motivi, illustrati con memoria. La Immobiliare M. s.r.l., quale incorporante della G. s.a.s., ha depositato controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..
1. Il primo motivo censura la violazione degli artt. 1027, 1140, 1158 e 1159 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., lamentando che erroneamente la Corte distrettuale abbia escluso la configurabilità della servitù di parcheggio per carenza del carattere reale dell’utilitas, trascurando che la convenzione del 23.1.1979 prevedeva il diritto di parcheggio a favore dell’intero edificio denominato Palazzo … e aveva dato luogo ad una vera e propria servitù, la quale si era trasmessa ai successivi acquirenti del fondo dominante o era stata, comunque, acquistata per usucapione, avendo la ricorrente esercitato il possesso in modo continuo, pacifico ed interrotto per oltre un ventennio ed essendo i singoli posti auto individualmente delimitati. (omissis).
2. Il motivo è fondato.
La Corte distrettuale ha ritenuto che non fosse stata costituita alcuna servitù di parcheggio in forza della convenzione del 23.1.1979 tra la A. s.r.l. (proprietaria, all’epoca, del Condominio …) e la C. s.r.l. (originaria titolare dello spazio scoperto suddiviso in posti auto), poiché difettava “la caratteristica reale di tale diritto, ovverossia la realità (inerenza al fondo dominante dell’utilità, così come al fondo servente del peso), in quanto la comodità di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedono al fondo non può valutarsi come un’utilità del fondo stesso, trattandosi di vantaggio del tutto personale dei proprietari”.
Ha soggiunto che non solo “la convenzione non ha costituito un diritto di servitù di parcheggio”, ma che tale diritto non era “sorto per usucapione perché non è configurabile né la servitù di parcheggio né, quindi, il relativo possesso”, sostenendo che le parti avevano costituito un diritto reale di uso disciplinato dal codice civile, non trasmissibile ai successivi acquirenti in mancanza di una deroga pattizia al divieto contemplato dall’art. 1024 c.c..
2.1. La decisione nel punto in cui ha escluso l’astratta configurabilità di una servitù di parcheggio è incorsa nel vizio denunciato. Occorre anzitutto premettere che non è in discussione la ricostruzione della volontà delle parti come operata dalla Corte d’appello in base all’esame della convenzione del gennaio 1979, ma la premessa giuridica da cui ha preso le mosse la sentenza impugnata per stabilire la natura del diritto controverso. (omissis).
2.1. Ciò posto, per l’indirizzo assolutamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità, il diritto di parcheggiare le auto su uno spazio di proprietà altrui sottenderebbe sempre un’utilitas di carattere personale, inidonea a sostanziare il contenuto di una servitù, mancando l’essenziale requisito della realità, intesa come inerenza dell’utilitas al fondo dominante.
Stante la natura personale del diritto di parcheggio, il suo esercizio non sarebbe suscettibile di possesso ad usucapionem e non potrebbe determinare alcun acquisto a titolo originario di una servitù (Cass. 5769/2013; Cass. 1551/2009; Cass. 20409/2009; Cass. 8137/2004).
Si è anche asserito che il contratto costituivo di una servitù di parcheggio è nullo per impossibilità dell’oggetto (Cass. 23708/2014), stante il divieto di dar vita a servitù meramente personali, potendo inquadrarsi detta convenzione nell’ambito dei negozi costitutivi di un diritto d’uso o in altro schema contrattuale tipico (locazione, affitto o comodato). Tuttavia, questa Corte, a chiarimento dell’effettiva portata del principio enunciato dai precedenti che si sono esaminati, ha di recente escluso un’assoluta preclusione alla configurabilità della servitù volontaria di parcheggio, osservando che la relativa utilità può esser legittimamente prevista dal titolo a diretto vantaggio del fondo dominante (per la sua migliore utilizzazione), piuttosto che delle persone che concretamente ne beneficino. In tal caso, ove le parti abbiano inteso costituire una vera e propria servitù, il diritto è trasmissibile unitamente alla cessione dei fondi secondo il principio di ambulatorietà.
2.2. Tale indirizzo il Collegio ritiene di dover dare continuità, non occorrendo (per quanto già osservato dalla sentenza n. 16698/2017), rimettere la questione alle sezioni unite. Secondo il disposto dell’art. 1027 c.c. la servitù consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo, appartenente ad un diverso proprietario. La formulazione della norma non tipizza – in modo tassativo – le utilità suscettibili di concretizzare il contenuto della servitù volontaria, ma si limita a stabilire le condizioni che valgono a distinguere queste ultime dai rapporti di natura strettamente personale, non derivando alcun ostacolo dal principio di tassatività dei diritti reali, il quale si connette alle connotazioni strutturali della situazione di vantaggio esercitabile erga omnes ed è indipendente dal contenuto di quest’ultima. Difatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, per l’esistenza di una servitù non rileva la natura del vantaggio previsto dal titolo ma il fatto che esso sia concepito come qualitas fundi in virtù del rapporto, istituito convenzionalmente, di strumentalità e di servizio tra gli immobili, in modo che l’incremento di utilizzazione che ne consegue deve poter essere fruito da chiunque sia proprietario del fondo dominante, non essendo imprescindibilmente legato ad una attività personale del singolo beneficiario (Cass. 505/1974; Cass. 2413/1982; Cass. 9232/1991).
Entro tali limiti, qualunque utilità che non sia di carattere puramente soggettivo e che si concretizzi in un vantaggio per il fondo dominante, in relazione alle caratteristiche e alla destinazione del diritto, può assumere carattere di realità (Cass. 16698/2017; Cass. 10370/1997; Cass. 832/1993; Cass. 9232/1991). È dunque una mera quaestio facti stabilire, in base all’esame del titolo, se le parti abbiano inteso costituire una servitù o un diritto meramente obbligatorio, non sussistendo alcun ostacolo di carattere concettuale ad ammettere che il diritto parcheggio sia strutturato secondo lo schema dell’art. 1027 c.c.. La sentenza impugnata è quindi errata nel punto in cui ha ritenuto che il diritto oggetto della convenzione del 1979 non fosse inquadrabile nello schema della servitù per l’assoluta impossibilità di ravvisare – nella facoltà di parcheggiare le auto sullo spazio scoperto della società resistente – un’utilitas di carattere reale, mentre avrebbe dovuto accertare se detta utilitas fosse stata costituita a diretto vantaggio del fondo dominante e se ricorressero le ulteriori condizioni prescritte dall’art. 1027 e ss. c.c. (l’altruità della cosa, l’assolutezza del diritto, l’immediatezza del vantaggio, la sua inerenza al fondo servente e a quello dominante, la specificità dell’utilitas, la localizzazione, intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitù).
(omissis)
accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.