Il condominio segnala ad Asl e Nas l’attività, ritenuta illecita, di una pizzeria. Il sindaco impone all’esercizio commerciale l’installazione di una canna fumaria. I titolari non vi danno seguito e anzi chiedono i danni al condominio: domanda respinta, in quanto la cessazione dell’attività non è dipesa da “atti persecutori” da parte del condominio, bensì dalla mancata esecuzione di una disposizione dell’amministrazione comunale.
Di seguito un estratto dell’ordinanza 25679/2020 della Corte di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 13.11.2020,
n. 25679
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G.G., in proprio e quale rappresentante della s.a.s. L.S. di G.G., C.G. e M.V., hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi contro la sentenza n. 34/2019 della Corte d’appello di Salerno, pubblicata il 14 gennaio 2019.
Resistono con controricorso U.M. (e altri), i quali chiedono di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso.
Rimangono intimati, senza svolgere attività difensive, il Condominio …, e la s.r.l. I..
Il Condominio …, convenne davanti al Tribunale di Nocera Inferiore la s.a.s. L.S. di G.G., G.G., C.G. e M.V., quali proprietari ed usufruttuari dell’unità immobiliare adibita all’esercizio dell’attività di pizzeria e rosticceria, chiedendo la cessazione di tale attività, perché contrastante col divieto posto dall’art. 28 del regolamento condominiale e comunque produttiva di immissioni pregiudizievoli. I convenuti domandarono in riconvenzionale il risarcimento dei danni da lucro cessante e chiamarono in garanzia la s.r.l. I., loro dante causa.
(omissis)
Il Tribunale di Nocera Inferiore accolse la domanda del Condominio attore.
La Corte d’appello di Salerno ha poi accolto in parte l’appello principale di G.G., in proprio e quale rappresentante della s.a.s. L.S.. di G.G. (omissis), negando che l’art. 28 del regolamento condominiale imponesse l’autorizzazione dell’assemblea per l’esercizio di attività commerciali nei locali-negozio siti al piano terra del fabbricato. Per converso, i giudici di secondo grado hanno respinto l’appello principale sul punto del risarcimento dei danni lamentati da G.G. e dalla s.a.s. L.S. in conseguenza delle interdizioni opposte dal Condominio all’uso degli immobili. A dire della Corte di Salerno, come sarebbe emerso dalle stesse difese dei convenuti, a seguito delle denunce del Condominio ai NAS ed alla ASL, era stata imposta alla s.a.s. L.S. l’installazione di una canna fumaria a servizio della friggitrice, e quindi, con ordinanza sindacale n. 9 del 1° luglio 2003, la sospensione dell’utilizzo della medesima friggitrice fino alla realizzazione di tale canna fumaria. Tali provvedimenti amministrativi, non impugnati, insieme al diniego della domanda di provvedimenti d’urgenza rivolta al medesimo Tribunale di Nocera Inferiore, si inserivano, perciò, secondo la Corte d’appello, nella sequenza causale impeditiva della prosecuzione dell’attività commerciale, che non poteva perciò ricondursi alla condotta colpevole del Condominio.
Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. sulla ingiustizia del danno, evidenziandosi la condotta imprudente e negligente del Condominio, la quale aveva portato alla chiusura del locale commerciale.
Anche il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c. sulla ingiustizia del danno, pur scaturito da provvedimenti giudiziari o amministrativi non impugnati. I ricorrenti evidenziano come essi non avrebbero avuto motivo di opporsi alla ordinanza sindacale intimante l’installazione della canna fumaria, mentre doveva attribuirsi proprio alla condotta persecutoria del Condominio il diniego della domanda ex art. 700 c.p.c. rivolta al Tribunale.
Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c. sulla sussistenza del nesso di causalità tra la condotta del Condominio ed i danni lamentati dai ricorrenti.
Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1126 c.c. sulla errata valutazione delle allegazioni e della prova raccolta in merito ai danni subiti.
(omissis)
I quattro motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, risultano, ad avviso del collegio, inammissibili ex art. 360 bis, n. 1, c.p.c..
La Corte d’appello di Salerno ha affermato che la chiusura del locale commerciale dove la s.a.s. L.S. svolgeva l’attività di pizzeria e rosticceria, e le correlate perdite patrimoniali occorse, non fossero causalmente riferibili ad un comportamento non iure e contra ius, e perciò contrario al principio del neminem laedere, di cui all’art. 2043 c.c., imputabile al Condominio. Nella sostanza, l’attività degli organi di gestione condominiale si era sostanziata nella presentazione di esposti amministrativi all’amministrazione comunale ed ai NAS e nel contenzioso giudiziario davanti al Tribunale di Nocera Inferiore, sul presupposto dell’esercizio del potere di curare l’osservanza del regolamento di condominio (e, in particolare, del divieto posto dall’art. 28, nella lettura che ne dava il Condominio, condivisa anche dal giudice di primo grado), nonché di tutelare l’edificio dalle immissioni di calore, odori e rumori.
Secondo la sentenza impugnata, l’impossibilità della prosecuzione dell’attività commerciale era piuttosto da riferire al provvedimento sindacale che aveva inibito l’utilizzo della friggitrice fino all’installazione di un’apposita canna fumaria.
È conforme all’orientamento di questa Corte la conclusione secondo cui la presentazione di una denuncia, come di un esposto, all’autorità giudiziaria o amministrativa, seppur rivelatasi infondata, non può essere fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante o dell’esponente, ai sensi dell’art. 2043 c.c., se non quando possano considerarsi calunniosi. Al di fuori, infatti di tale ipotesi, l’attività pubblicistica dell’organo titolare della funzione giurisdizionale o della potestà provvedimentale si sovrappone in ogni caso all’iniziativa del denunciante, togliendole ogni efficacia causale e così interrompendo ogni nesso tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato (omissis).
D’altro canto, più in generale, in tema di illecito civile, la ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e l’oggetto dell’obbligazione risarcitoria implica la scomposizione del giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti: il primo è volto ad identificare il nesso di causalità materiale o “di fatto” che lega la condotta all’evento di danno; il secondo è, invece, diretto ad accertare, secondo la regola dell’art. 1223 c.c. (richiamato dall’art. 2056 c.c.), il nesso di causalità giuridica che lega tale evento alle conseguenze dannose risarcibili. Tale giudizio circa la sussistenza del nesso causale fra condotta antigiuridica ed evento dannoso involge un apprezzamento di fatto che, se, come nel caso in esame, compiutamente motivato, non è sindacabile nel giudizio di cassazione.
Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore dei controricorrenti U.M. (e altri), mentre non occorre provvedere al riguardo per gli altri intimati il Condominio …, e la s.r.l. I., che non hanno svolto attività difensive.
(omissis)
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore dell’avvocato L.M..