Secondo il Tribunale di Roma non si può vietare al proprietario esclusivo di un’unità immobiliare interna al condominio di esercitare attività di B&B in virtù di una clausola inserita nel regolamento condominiale, se questo non è mai stato approvato espressamente dalla parte, né richiamato nell’atto di acquisto dell’unità e neppure trascritto.
La mancata trascrizione della clausola che ha posto il divieto non è quindi opponibile alla convenuta che non ha mai aderito alla clausola negoziale del regolamento che vieta di destinare le proprietà esclusive ad alberghi o pensioni.
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TRIBUNALE DI ROMA
Sez. V civ., sent. 2.4.2019, n. 7104
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Con citazione notificata l’attore esponeva quanto segue. Che il regolamento di condominio stabiliva, all’art. 5, che “è vietato destinare qualsiasi locale a pensioni ed alberghi”. Che la convenuta aveva adibito la propria unità ad attività di affittacamere, quindi ad attività vietata dal regolamento di natura contrattuale. Ciò premesso chiedeva che fosse accertato che l’attività di affittacamere svolta violava il divieto contenuto nel regolamento e che, per l’effetto, fosse ordinato alla convenuta di cessare detta attività. Con conseguente condanna, ex art. 614 bis c.p.c., della convenuta al pagamento della somma di Euro 1000 per ogni giorno di ritardo nell’adempimento.
Dichiarata la contumacia della società convenuta, all’esito del giudizio parte attrice precisava le conclusioni come in atti e, all’udienza del 22-1-2019, la causa veniva trattenuta in decisone con la concessione del primo dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
All’esito di un più approfondito esame degli atti è emersa l’infondatezza delle domande avanzate dall’attore.
Invero le clausole regolamentari, quali quella invocata dal predetto, che, ponendo dei limiti all’utilizzo dei beni di proprietà solitaria, incide sui diritti dei singoli condomini, per essere opponibili devono essere approvate da tutti i condomini in quanto hanno valore negoziale. Le clausole suddette, che restringono i poteri e le facoltà sulle proprietà esclusive o comuni e che sono intese a creare vincoli anche per gli aventi causa delle parti originarie non sono nulle per la violazione del numero chiuso delle obbligazioni reali poiché tali clausole non costituiscono obbligazioni propter rem (che si esauriscono nelle specie espressamente previste dalla legge) ma integrano servitù reciproche atipiche consistenti fra l’altro nell’assoggettare ad un criterio diverso da quello legale il riparto delle spese. Ed il fatto che dette clausole costituiscano vincoli obbligatori non determina, come detto, la nullità delle stesse trattandosi, appunto, di servitù reciproche come affermato da condivisibile recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 21024/16, Cass. 14898/13, Cass. 6769/18 e Cass. 1064/11). Dal rilievo che i limiti negoziali alla destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva devono essere ricompresi nell’ambito delle servitù segue che, per poter utilmente opporre dette clausole ai nuovi titolari del bene ove il regolamento stesso non sia richiamato, con adesione, nell’atto di acquisto (o comunque sia stato espressamente oggetto di approvazione da parte del soggetto cui è imputata la violazione), non è sufficiente la trascrizione del regolamento come atto unitario ma è necessario che, nella relativa nota, sia fatta specifica menzione della servitù.
Invero in materia di costituzione di servitù, la trascrizione (richiesta dall’art. 2643 n. 4 c.c.) non adempie ad una funzione costitutiva ma serve a rendere opponibile il diritto ai terzi i quali abbiano acquistato un diritto reale incompatibile con la servitù medesima. E, quindi, perché la trascrizione possa rispondere al suo scopo di dare conoscenza ai terzi dell’avvenuta costituzione della servitù, è necessario che la conoscenza possa essere acquisita attraverso il semplice esame dei registri immobiliari perché soltanto quelle parti della nota che menzionano la servitù sono rese pubbliche ed i terzi solo a queste debbono attenersi: la trascrizione di un atto di trasferimento della proprietà senza che sia fatta in esso menzione delle servitù contestualmente costituite a favore dell’immobile trasferito non conferisce a questa alcuna pubblicità e non la rende opponibile ai terzi successivi acquirenti del fondo servente tranne nel caso in cui la servitù sia stata portata a loro conoscenza nei rispettivi atti di trasferimento (Cass. 5626/85 e Cass. 5158/03). Con la precisazione che, poiché l’art. 17 della L. n. 52 del 1985 prevede che ciascuna nota di trascrizione non può riguardare più di un negozio giuridico o convenzione oggetto dell’atto di cui si chiede la trascrizione e poiché il successivo art. 18 dispone che il conservatore “non può ricevere le note di trascrizione non conformi alle disposizioni del precedente articolo”, affinché la pubblicità operi è necessario che il negozio fatto valere sia stato autonomamente trascritto (se l’atto ne contenga più di uno) con la specifica indicazione del fondo servente e di quello dominante perché altrimenti dai registri i terzi interessati non sono in condizione di verificarne l’esistenza (Cass. 17491/14).
Orbene nel caso in esame non può ritenersi che il prodotto “regolamento”, le cui clausole incidono sul diritto dei partecipanti di liberamente disporre delle unità di loro proprietà esclusiva prevedendo divieti nell’uso, sia stato espressamente oggetto di accettazione, al momento dell’acquisto, da parte della convenuta posto che il documento prodotto non reca data né riferimento alcuno alla sua provenienza (non risulta depositato presso un notaio né risulta prodotta delibera unanime di approvazione) e l’atto di acquisto della convenuta non reca alcun riferimento ad un preciso regolamento ed in particolare a quello prodotto in atti (ivi si afferma solo che parte acquirente ha acquistato l’immobile con tutti gli obblighi “nascenti dal regolamento di condominio”). Donde non si può affermare che la convenuta abbia avuto contezza di approvare proprio il regolamento opposto dall’attore. Né risulta provata l’esistenza di una separata nota di trascrizione del regolamento o meglio della clausola contenuta nel citato atto di vendita con riguardo alla specifica costituzione della servitù invocata. Detta clausola (non oggetto di specifica nota di trascrizione che avrebbe consentito ai terzi di apprezzare l’esistenza del peso laddove la nota prodotta consente solo di accertare il trasferimento a titolo oneroso di un bene) quindi, all’evidenza, è inidonea ad essere opposta ai terzi, quale deve essere ritenuta la convenuta, considerato che non è emerso che la predetta abbiano approvato specificamente la clausola oggetto di esame o che ne abbia preso conoscenza perché debitamente trascritta.
In conclusione non vi è prova che parte convenuta abbia specificamente prestato adesione alla clausola, in deroga ai criteri di legge in tema di utilizzo delle proprietà esclusive, invocata dall’attore che non può essere considerata, quindi, opponibili alla predetta parte. Mette conto quindi di evidenziare che il difetto di trascrizione di un atto, quale fatto impeditivo dell’opponibilità dello stesso, integra un’eccezione in senso lato non subordinata alla specifica allegazione di parte che può, pertanto, essere rilevata anche d’ufficio (Cass. 6769/18).
Alla soccombenza segue la non ripetibilità delle spese di lite.
Definitivamente decidendo, nella contumacia di (…) s.r.l., rigetta la domanda avanzata dal Condominio attore.