Nelle controversie concernenti impugnativa ex art. 1137 c.c. delle deliberazioni dell’assemblea relative alla ripartizione delle spese per le cose e per i servizi comuni, nelle quali è unico legittimato passivo l’amministratore di condominio, non è ammissibile il gravame avanzato dal singolo condomino avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio.
È il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione nella sentenza 29748 dello scorso 12 dicembre 2017, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 12.12.2017,
n. 29748
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G.P. (e altri), tutti proprietari delle rispettive unità immobiliari comprese nel Condominio …, hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza 21 luglio 2015, n. 496/2015, resa dalla Corte d’Appello di Cagliari.
La Corte d’Appello di Cagliari aveva accolto l’appello proposto da A.S. (e altri) nei confronti dell’amministratore del complesso immobiliare …, avverso la sentenza n. 2497/2010 del Tribunale di Cagliari. Il giudizio aveva avuto inizio con citazione del 18 gennaio 2004, contenente impugnazione della deliberazione assembleare 18 dicembre 2003 del Condominio …, proposta dai condòmini G.S. e D.M. nei confronti dell’amministratore del complesso immobiliare. A seguito di rinnovazione della citazione, perché nulla, il Tribunale aveva poi dichiarato il difetto di valida procura alle liti dell’avvocato A.S.. Disattesa tale questione pregiudiziale, la Corte d’Appello di Cagliari annullava la deliberazione assembleare del 18 dicembre 2003 relativa alla ripartizione delle spese per il servizio di autospurgo, affermando che la stessa doveva essere effettuata alla stregua del criterio di cui all’art. 1123, comma 1, c.c.
Resistono con controricorso A.S., G.S. e D.M..
Su proposta del relatore, che aveva ritenuto il giudizio definibile nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in riferimento all’art. 375, comma 1, n. 1), c.p.c., era stata dapprima fissata l’adunanza della camera di consiglio. Il Collegio, con ordinanza del 10 marzo 2017, ritenne tuttavia che non ricorresse l’ipotesi di cui all’art. 375, comma 1, n. 5), c.p.c. e rimise la causa alla pubblica udienza.
(omissis)
Si impone, tuttavia, un rilievo pregiudiziale, che induce a ravvisare l’inammissibilità del ricorso.
Il ricorso per cassazione è stato proposto dai singoli condòmini del Condominio …, G.P. (e altri), laddove la sentenza oggetto di ricorso era stata pronunciata nei confronti dell’amministratore del medesimo Condominio ….
Il giudizio concerne un’impugnazione di deliberazione assembleare ex art. 1137 c.c. in tema di ripartizione di spese.
Per consolidato orientamento di questa Corte, spetta in via esclusiva all’amministratore del condominio la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condòmini per l’annullamento delle delibere assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni (omissis).
Nella specie, si tratta di impugnativa di deliberazione dell’assemblea condominiale relativa alla ripartizione di spese per un servizio comune. L’impugnativa è fondata sull’assunta violazione dei criteri di suddivisione stabiliti dalla legge, ed è quindi volta ad ottenere una pronuncia di invalidità della deliberazione assembleare, per il cui accertamento sono legittimati, dal lato attivo, ciascun condomino, e, passivamente, come accennato, soltanto l’amministratore del condominio, senza necessità di partecipazione al giudizio dei singoli condòmini (Cass. Sez. 2, 15/04/1994, n. 3542). La legittimazione passiva esclusiva dell’amministratore del condominio nei giudizi relativi alla ripartizione delle spese per le cose ed i servizi collettivi promossi dal condomino dissenziente dalla relativa deliberazione assembleare discende dal fatto che la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condòmini, ancorché in opposizione all’interesse particolare di uno di essi (Cass. Sez. 2, 11/08/1990, n. 8198).
Da ciò consegue che, nelle controversie concernenti impugnativa ex art. 1137 c.c. delle deliberazioni dell’assemblea relative alla ripartizione delle spese per le cose e per i servizi comuni, nelle quali è unico legittimato passivo l’amministratore di condominio, non è ammissibile il gravame avanzato dal singolo condomino avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condominio. Il potere di impugnazione del singolo condomino va, infatti, riconosciuto nelle controversie aventi ad oggetto azioni reali, incidenti sul diritto pro quota o esclusivo di ciascun condomino, o anche nelle azioni personali, ma se incidenti in maniera immediata e diretta sui diritti di ciascun partecipante. Mentre (secondo l’orientamento del tutto prevalente di questa Corte, che il collegio intende qui ribadire) non va consentita l’impugnazione individuale relativamente alle controversie aventi ad oggetto non i diritti su di un bene o un servizio comune, bensì la gestione di esso, intese, dunque, a soddisfare esigenze soltanto collettive della comunità condominiale, nelle quali non v’è correlazione immediata con l’interesse esclusivo d’uno o più condomini, quanto con un interesse direttamente plurimo e solo mediatamente individuale, giacché, nelle cause di quest’ultimo tipo, la legittimazione ad agire e, quindi, anche ad impugnare, spetta in via esclusiva all’amministratore, e la mancata impugnazione della sentenza da parte di quest’ultimo finisce per escludere la possibilità d’impugnazione da parte del singolo condomino (omissis).
Il ricorso va, perciò, dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore dei controricorrenti.
(omissis)
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 2.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.