Anche le accuse generiche – anzi, proprio perché tali – sono idonee a ledere il prestigio e la reputazione di una persona, e in tal caso il legittimo diritto di critica degenera in diffamazione. È il principio di diritto evidenziato dalla Cassazione, che con la sentenza 12556/2019, di cui riportiamo un estratto, ha affrontato il caso del conduttore di un alloggio in condominio, il quale aveva indirizzato agli altri condòmini una mail con cui apostrofava in modo non propriamente lusinghiero l’avvocato di un condomino moroso.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 12556/2019
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1. Il Giudice di pace di Bolzano ha, con la sentenza impugnata, assolto A.P. dal reato di cui all’art. 594 cod. pen. perché il fatto non è previsto come reato – essendo, nel frattempo, intervenuta l’abrogazione dell’art. 594 cod. pen. – e dal reato di cui all’art. 595 cod. pen. perché il fatto non costituisce reato.
2. A.P. – conduttore di uno stabile sito in Bolzano – era accusato di aver inviato all’avv. E.M. (il quale assisteva, come legale, R.Z., condomino dello stesso stabile) una lettera raccomandata contenente espressioni offensive dell’onore (fatto integrante l’ingiuria) e agli altri condòmini una e-mail contenenti espressioni offensive della reputazione (fatto integrante la diffamazione).
In particolare, con la lettera raccomandata A.P. intimava a E.M. di vergognarsi, gli attribuiva “buffonate” e violazioni del codice deontologico, nonché di essere costretto a dormire a casa dei propri clienti per farsi pagare le parcelle. Con la e-mail, A.P. accusava l’avv. E.M. di praticare “ogni genere di arrampicata sugli specchi al fine di non far pagare al suo assistito le spese condominiali dovute” quale contropartita per poter alloggiare gratuitamente nel condominio; di dare “nel migliore dei casi risposte maleducate”; di “non avere il senso della famiglia”; di aver annientato il prestigio dello stabile, nonché di “presunte violazioni del codice deontologico”.
3. Tralasciato l’esame del contenuto della raccomandata (per l’intervenuta abrogazione dell’art. 594 cod. pen.), il Giudice di pace è pervenuto alla decisione sopra annunciata per mancanza di offensività delle espressioni contenute nella email, per mancanza di voluntas diffamandi e per aver ritenuto operante il diritto di critica in capo al condomino (o conduttore di un appartamento del condominio) A.P., esasperato dalle condotte inurbane di R.Z..
4. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per cassazione il difensore della persona offesa per falsa interpretazione degli artt. 595 e 51 cod. pen., per erroneo riconoscimento del diritto di critica ed erronea esclusione dell’elemento soggettivo. Rileva che la e-mail contiene espressioni obbiettivamente offensive della reputazione, che l’art. 595 cod. pen. contempla un reato a dolo generico (pur essendo chiaramente ravvisabile, nella specie, l’intenzione di denigrare il legale della controparte) e che sono stati platealmente superati i limiti del diritto di critica, dal momento che la e-mail contiene espressioni incontinenti, fa riferimento a fatti non dimostrati e confonde arbitrariamente la persona della controparte con quella del suo legale.
5. Con memoria depositata in data 31/12/2018 il difensore di A.P. ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorso è fondato, nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
Accanto ad espressioni inconferenti e poco opportune, ma non propriamente diffamatorie (come quelle contenute nella prima parte della contestazione, allorché A.P. fa riferimento alle “arrampicate sugli specchi” del legale, al fine di tutelare la ragioni del proprio assistito; allorché si duole delle risposte – a suo avviso maleducate – del legale; allorché, infine, imputa alla mancanza di senso della famiglia l’indifferenza per le sorti dello stabile condominiale, reso indecoroso, a suo avviso, dalle condotte di altri condòmini), l’imputato sembra aver travalicato dai limiti della critica e dalla tutela delle proprie ragioni allorché accusa il legale di controparte di “presunte violazioni del codice deontologico”, senza specificare di quali violazioni si tratti e senza spiegare perché gli altri condòmini, a cui la e-mail fu indirizzata, fossero interessati alle violazioni suddette.
Sul punto, la sentenza impugnata omette di considerare che anche le accuse generiche – anzi, proprio perché tali – sono idonee a ledere il prestigio e la reputazione di una persona, allorché venga alla stessa imputata la violazione delle regole della convivenza, ovvero di quelle che regolano l’esercizio della professione, dal momento che, in tal modo, viene insinuato il sospetto che si tratti di persona scorretta, e perciò inaffidabile. Non è in discussione, quindi, il diritto di criticare il legale di controparte ed anche di denunciare le scorrettezze da questi poste in essere, quando ciò sia funzionale alla tutela di un proprio diritto; ciò che non è consentito è farlo gratuitamente o genericamente.
La gratuità dell’attribuzione lede, infatti, sic et simpliciter, la reputazione.
La genericità delle accuse può essere, essa stessa, segno della gratuità delle attribuzioni, allorché non dipenda dalla remora a rivelare fatti disdicevoli, di cui il denunciante intenda riservare la propalazione. In tal caso il giudice non può esimersi dall’indagare le ragioni della critica (sia pur generica) mossa al diffamato – sulla scorta di quanto allegato, nel processo, dal denunciante – al fine di verificare se e in che misura l’accusa di scorrettezza abbia fondamento e se essa sia funzionale alla tutela delle ragioni del denunciante. Tale indagine risulta, nella specie, omessa, sicché la sentenza va annullata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame, ex art. 38 d. lgs. n. 274 del 2000.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice di pace di Bolzano per nuovo esame.