La Cassazione, con la sentenza 8719 dell’11 maggio 2020, accoglie il ricorso del condominio, secondo cui, per l’inerzia dell’agente della riscossione nel recupero dei crediti Tarsu, prolungata per oltre cinque anni, sarebbe maturata la prescrizione degli stessi.
Inoltre, gli Ermellini confermano che legittimato passivo dell’azione di annullamento (e di accertamento della prescrizione) è solo l’ente impositore, e non l’agente della riscossione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V civ., sent. 11.5.2020,
n. 8719
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Nel corso di un accesso presso gli sportelli dell’agente della riscossione “Equitalia Nord s.p.a.”, l’amministratore del condominio … venne a conoscenza dell’esistenza di ingenti somme iscritte a ruolo dal Comune di Milano (d’ora in poi anche solo “Comune”) a suo carico a titolo di Tarsu (ruoli nn. …, per complessivi euro 20.758,63, oltre accessori).
Con istanza di annullamento in autotutela, notificato in data 14/2/2013, il condominio chiese al Comune l’annullamento dei predetti ruoli, in quanto i crediti in ciascuno di essi portati erano caduti in prescrizione (quinquennale) successivamente alla notifica delle singole cartelle di pagamento.
Il Comune di Milano, con atto pervenuto al condominio in data 3/4/2013, rigettò l’istanza, motivando il diniego di autotutela sull’assunto che ogni contestazione circa i crediti portati dalle cartelle di pagamento notificate dovesse essere mossa nei confronti dell’agente della riscossione.
Il condominio impugnò il diniego di autotutela dinanzi alla CTP di Milano.
Quest’ultima, nel contraddittorio con il Comune, accolse il ricorso.
Il Comune propose appello dinanzi alla CTR che, nel contraddittorio con il contribuente, riformò la sentenza di primo grado dichiarando inammissibile il ricorso introduttivo del condominio.
In particolare, la CTR statuì che ammettere che il condominio potesse impugnare il diniego di autotutela significherebbe consentire ad esso di contestare le cartelle di pagamento notificate dall’agente della riscossione, nonostante che per esse fosse decorso il termine di decadenza di sessanta giorni, ai fini dell’impugnazione.
Inoltre, erroneamente il condominio avrebbe instaurato il contraddittorio nei confronti del Comune, visto che il legittimato passivo era l’agente della riscossione.
Il condominio ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR, sulla base di quattro motivi.
(omissis)
La CTR è incorsa in un palese equivoco nell’affermare che il condominio, impugnando il diniego di sgravio in autotutela dei ruoli portanti i crediti TARSU prescritti, tenta di eludere il termine di decadenza per l’impugnazione delle cartelle di pagamento a suo tempo notificate e non contestate.
L’odierno ricorrente, infatti, con l’impugnazione del diniego di sgravio, non intende far valere vizi propri delle cartelle o del procedimento impositivo: al tempo in cui le cartelle furono notificate, infatti, la prescrizione dei crediti da esse portati non era certamente maturata.
Il condominio deduce che per l’inerzia dell’agente della riscossione nel recupero di tali crediti, prolungata per oltre cinque anni, sarebbe maturata la prescrizione; e tale deduzione è fondata.
(omissis)
Quanto al termine di prescrizione dei crediti per TARSU, questa Corte lo ha fissato in cinque anni, applicando l’art. 2948, comma 1, n. 4 c.c. (Cass., n. 4283/2010; Cass., n. 24679/2011).
È stato anche affermato che l’art. 2953 c.c., in tema di prescrizione decennale dell’actio iudicati, si applica solo ai crediti portati da sentenze di condanna passate in giudicato, con evidente impossibilità di sua applicazione ai crediti portati da cartelle inoppugnabili, non potendo equipararsi la loro irretrattabilità agli effetti del giudicato, discendenti solo da un provvedimento giurisdizionale contenzioso irrevocabile.
Infine, coglie nel segno il condominio quando deduce che, essendo l’atto da esso impugnato un diniego di sgravio dei ruoli, chiesto per l’avvenuta prescrizione dei crediti da essi portati (prima ancora che dalle cartelle di pagamento emesse sulla base di quei ruoli), legittimato passivo dell’azione di annullamento (e di accertamento della prescrizione) è solo l’ente impositore (nella specie, il Comune di Milano).
Né potrebbe sostenersi che quest’ultimo si troverebbe in condizioni di minorata difesa, non disponendo della possibilità di produrre eventuali atti interruttivi della prescrizione, che sarebbero nella esclusiva disponibilità dell’agente della riscossione.
In disparte, infatti, la considerazione che il rapporto di affidamento esistente tra il Comune e il suo agente della riscossione configura quest’ultimo come una sorta di mandatario senza rappresentanza, al quale l’ente impositore potrebbe sempre richiedere gli atti da esso formati o detenuti necessari per difendersi in giudizio, il Comune avrebbe comunque potuto chiedere di chiamare in giudizio l’agente della riscossione, sulla base dell’art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, affinché fosse accertata, anche nei suoi confronti, ed anche al fine di stigmatizzare una sua responsabilità in merito, l’inesistenza di atti interruttivi della prescrizione dei crediti affidati al suo recupero.
Dall’accoglimento del ricorso discende l’accertamento del compimento della prescrizione con riferimento ai crediti TARSU portati dai quattro ruoli e dalle pedisseque cartelle di pagamento indicati nel ricorso per cassazione, senza necessità di rinvio alla CTR in conseguenza della cassazione della sentenza impugnata.
(omissis)
La Corte accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il diniego di sgravio impugnato in prime cure e dichiara la prescrizione dei crediti TARSU portati nei quattro ruoli e nelle pedisseque cartelle di pagamento ìndicati nel ricorso per cassazione.
(omissis)