L’amministratore non ha l’obbligo, ma solo la facoltà di agire in via monitoria contro i condòmini morosi. Dunque, il non aver pagato la polizza assicurativa condominiale a causa della morosità di alcuni condòmini – che aveva messo in mora, pur senza emettere a loro carico un decreto ingiuntivo – non gli è imputabile come responsabilità, qualora il condominio risulti poi scoperto dalla polizza nel verificarsi di un incendio. È quanto sottolineato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 24920 del 20 ottobre 2017, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 20.10.2017,
n. 24920
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1. Il Tribunale di Terni, con sentenza depositata in data 12.05.2009, accertava la responsabilità di R.A., ex amministratore del condominio … per inadempimento agli obblighi derivanti dal mandato (tardivo pagamento di un premio di una polizza assicurativa); rigettava la domanda risarcitoria pure proposta dal Condominio nei confronti del R.A. (per i danni derivanti dalla mancanza di copertura assicurativa in relazione ad un incendio del tetto) e condannava il convenuto a rimborsare all’attore la metà delle spese processuali.
2. Decidendo sul gravame proposto in via principale dal Condominio e, in via incidentale dal R.A., la Corte d’appello di Perugia, accoglieva l’impugnazione incidentale dell’ex amministratore; dichiarandolo esente da responsabilità contrattuale perché l’accertata mancanza di fondi nelle casse condominiali era stata determinata proprio dalla morosità dei condòmini e i solleciti inviati a costoro erano sufficienti ai fini dell’adempimento degli obblighi derivanti dal mandato, non essendo tenuto R.A. ad anticipare le somme occorrenti per il pagamento della polizza assicurativa e non essendo obbligatorio il ricorso alla procedura monitoria per esigere i pagamenti delle quote.
3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Condominio.
R.A. resiste con controricorso.
4. Con unico motivo si deduce, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1710 c.c., “2795 c.c.” (così testualmente, ma trattasi di mero errore materiale essendo chiaro il riferimento all’art. 2725 c.c., ndr), 63 disp. att. c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. – omessa e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia.
Richiamando il principio della diligenza del mandatario (che avrebbe imposto il ricorso alla procedura monitoria per il recupero dei contributi necessari alle spese condominiali), sostiene il ricorrente che la Corte d’Appello avrebbe motivato inadeguatamente sulla prova dell’esonero di responsabilità del R.A. e sulla ammissibilità della prova testimoniale in ordine ad un documento (la costituzione in mora dei condòmini inadempienti nel versamento dei contributi) da provarsi per iscritto, salvo lo smarrimento dello stesso.
5. Il ricorso è manifestamente infondato.
5.1. La questione di diritto del divieto, ai sensi dell’art. 2725 c.c., di prova testimoniale sulla esistenza di atti di costituzione in mora (da provarsi per iscritto) è da ritenersi nuova.
Ed infatti, poiché la relativa prova per testi era stata assunta nel giudizio di appello (ne dà atto la sentenza impugnata a pag. 6), era onere del ricorrente dimostrare di aver sollevato la questione tempestivamente in quel grado di giudizio, al momento della articolazione del mezzo istruttorio e poi in sede di precisazione delle conclusioni, ma nel ricorso nulla si dice al riguardo.
Questa Corte ha costantemente affermato che, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata né indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga la questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (omissis).
5.2. Per il resto, la censura investe l’adeguatezza della motivazione adottata dalla Corte d’Appello per escludere la responsabilità dell’ex amministratore per violazione dell’obbligo di diligenza del buon padre di famiglia gravante sul mandatario (motivazione definitiva ora inadeguata, ora carente) e, dunque, un vizio non più denunziabile, come si evince dal chiaro tenore dell’art. 360 n. 5 c.p.c. nel testo attualmente in vigore.
Va comunque osservato che l’amministratore ha, nei riguardi dei partecipanti al condominio, una rappresentanza volontaria, in mancanza di un ente giuridico con una rappresentanza organica, talché i poteri di lui sono quelli di un comune mandatario, conferitigli, come stabilito dall’art. 1131 c.c., sia dal regolamento di condominio sia dalla assemblea condominiale (Cass. 9 aprile 2014, n. 8339; Cass. 4 luglio 2011, n. 14589). Nell’esercizio delle funzioni assume le veste del mandatario e pertanto è gravato dall’obbligo di eseguire il mandato conferitogli con la diligenza del buon padre di famiglia a norma dell’art. 1710 c.c..
Nel caso di specie la Corte d’appello ha accertato, con apprezzamento in fatto, che l’amministratore nel periodo 2005/2006 aveva più volte sollecitato, anche per iscritto, i condòmini morosi al versamento delle quote condominiali, avendo egli la facoltà e non l’obbligo di ricorrere all’emissione di un decreto ingiuntivo nei riguardi dei condòmini morosi.
La deduzione appare corretta perché l’art. 63 disp. att. c.c. non prevede un obbligo, ma solo una facoltà di agire in via monitoria contro i condòmini morosi (“può ottenere decreto di ingiunzione…”) e pertanto non merita censura la decisione impugnata laddove ha escluso la violazione dell’obbligo di diligenza da parte del R.A. per essersi comunque attivato nella raccolta dei fondi, avendo comunque messo in mora gli inadempienti (e l’indagine circa l’osservanza o meno da parte del mandatario degli obblighi di diligenza del buon padre di famiglia che lo stesso è tenuto ad osservare ex articoli 1708 e 1710 c.c. – anche in relazione agli atti preparatori, strumentali e successivi all’esecuzione del mandato – è affidata al giudice del merito, con riferimento al caso concreto ed alla stregua degli elementi forniti dalle parti, il cui risultato, fondato sulla valutazione dei fatti e delle prove, è insindacabile in sede di legittimità: v. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 13513 del 16/09/2002 in motivazione).
Il ricorso va pertanto respinto e le spese vanno poste a carico della parte soccombente.
(omissis)
la Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 2.200 di cui euro 200 per esborsi.