Infiltrazioni in un alloggio, la cui responsabilità è attribuita sia al condominio sia al proprietario dell’appartamento sovrastante. A quest’ultimo, in particolare, è imputata la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, la quale, come ricorda la Cassazione, ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia.
Di seguito un estratto dell’ordinanza 8393 del 4 aprile 2018.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 4.4.2018,
n. 8393
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(omissis)
Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe, dal quale risulta che:
Giudice di Pace di Alatri, con sentenza n. 11 del 2014 ha accolto la domanda di C.L. di risarcimento dei danni patiti dalla propria abitazione, a seguito di infiltrazioni addebitabili all’appartamento di A.B.. Liquidava il danno liquidandolo in euro 2.909,55, condannava il convenuto al pagamento delle spese del giudizio
Avverso questa sentenza proponeva appello A.B., (omissis).
L’appellato, costituitosi, ha chiesto di rigettarsi il gravame.
Il Tribunale di Frosinone, con sentenza n. 1011 del 2016, riformava la sentenza di primo grado, rideterminando in euro 2000 il danno da risarcire e compensava per meta le spese del giudizio ponendo a carico di A.B. la restante metà. Secondo il Tribunale di Frosinone, la causa principale delle infiltrazioni lamentate era da ascrivere alla vetustà del tetto di copertura del fabbricato, come tale, la responsabilità delle infiltrazioni a carico dell’immobile di C.L., andava imputata all’intero condominio. Ciò che, invece, appare ascrivibile all’originario convenuto, ex art. 2051 è il non avere attuato, nel corso degli anni, nemmeno la manutenzione ordinaria del proprio appartamento (senza preoccuparsi di sollecitare l’esecuzione dei lavori condominiali ed anzi disinteressandosi delle richieste dei condòmini) e lasciandolo privo di infissi (come riferito dai testi) di talché l’acqua piovana attingeva direttamente il pavimento interno, evidentemente non predisposto a svolgere funzione di impermeabilizzazione.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da A.B. con ricorso affidato ad un motivo, illustrato con memoria.
C.L. in questa fase non ha svolto attività giudiziale.
1. Con il primo motivo di ricorso A.B. lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1117 cod. civ. 2051 cod. civ. e dell’art. 102 cod. proc. civ. (art. 360 n. 3 cod. proc. civ.).
Secondo il ricorrente, avendo il Tribunale affermato che la responsabilità delle infiltrazioni di acqua erano dovute essenzialmente alla vetustà del tetto del fabbricato, cioè del tetto condominiale, legittimato passivo all’azione intrapresa da C.L. era il Condominio e non già il sig. A.B.. A sua volta, tenuto conto che le infiltrazioni di acqua si erano verificate l’11 dicembre del 2008 e, cioè, dopo che (omissis) aveva ricevuto l’appalto per i lavori di rifacimento del tetto dell’immobile sito in Fiuggi, la responsabilità delle infiltrazioni avrebbe dovuto essere riferita alla ditta appaltatrice.
1.1. Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi.
Come ha evidenziato lo stesso ricorrente, il Tribunale di Frosinone ha individuato tre elementi che avrebbero contribuito a determinare i danni da infiltrazioni lamentati dal sig. C.L. e cioè:
Pertanto, se è vero che nel caso specifico il Tribunale ha accertato una responsabilità del condominio è anche vero che ha accertato una responsabilità esclusa del A.B. per mancata custodia dell’appartamento di sua proprietà.
E si dà conto che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall’art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l’onere di provare il caso fortuito, ossia l’esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale che, nel caso in esame quell’onere non è stato assolto. Come ha avuto modo di chiarire il Tribunale: “(…) appare ascrivibile all’originario convenuto ex art. 2051 cod. civ. il non avere attuato nel corso degli anni nemmeno la manutenzione ordinaria del proprio appartamento (…) e lasciandolo privo di infissi di talché l’acqua piovana attingeva direttamente il pavimento interno evidentemente non predisposto a svolgere funzione di impermeabilizzazione (…)”.
Va da sé, per altro, che rispetto a questa responsabilità di mancata custodia ex art. 2051 cod. civ., legittimato passivamente era il sig. A.B..
Pertanto, nessun errore ha commesso il Tribunale e correttamente, proprio in considerazione del grado di responsabilità in ordine alle infiltrazioni a carico dell’appartamento del C.L., ha posto a carico del A.B., ai sensi dell’art. 1227 cod. civ. i due terzi della spesa complessiva per il ripristino dell’appartamento attoreo.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, dà atto che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.