Condominio: la volontà assembleare può cambiare nel tempo
La formazione della volontà assembleare non si cristallizza una volta per tutte in una determinata deliberazione, ma può subire – come ogni dichiarazione negoziale – modificazioni per effetto di successive manifestazioni di volontà. È il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 5932 del 12 marzo 2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 12.3.2018,
n. 5932
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Fatti di causa
- S.P. ha convenuto nel 1999 innanzi al tribunale di Savona R.P. deducendo essere le parti condòmine in quanto proprietarie di appartamenti nel complesso …, nonché lamentando avere la convenuta sostituito per una lunghezza di m. 3,20 il parapetto condominiale in muratura della balconata della propria unità con una ringhiera, in violazione dell’art. 4 del regolamento contrattuale del condominio, che prevede l’autorizzazione dell’assemblea per la realizzazione di opere su parti esclusive o comuni, non avendo l’assemblea concesso detta autorizzazione; comunque ha dedotto contrastare l’opera, quale modifica della facciata, con il disposto dell’art. 1120 cod. civ. e costituire essa uno stillicidio sul porticato dell’attrice.
- Sulla resistenza di R.P., che si è difesa asserendo la natura privata del parapetto e l’essere intervenuta autorizzazione dell’assemblea in data 14.8.1998, e previo intervento adesivo rispetto alle posizioni dell’attrice di G.M. ed E.R., il giudice di primo grado – stante la dedotta natura condominiale del parapetto – ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condòmini, restati contumaci, e indi con sentenza ha dichiarato nulla la delibera del 1998 e condannato la convenuta alla rimozione e alla rimessione in pristino.
- Pronunciando sull’appello proposto da R.P., sulla resistenza di S.P. e nella contumacia degli altri condòmini, con sentenza depositata il 6.5.2014 la corte d’appello di Genova ha riformato la sentenza del tribunale, rigettando la domanda proposta da S.P., ritenendo non leso il decoro architettonico del condominio, non essendo peraltro allegato alcun deprezzamento degli immobili, essendo irrilevante stabilire se il parapetto fosse esclusivo o comune.
- Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso S.P. su cinque motivi illustrati da memorie. Ha resistito R.P. con controricorso.
(omissis)
Ragioni della decisione
- Nell’ambito del primo motivo di ricorso, la ricorrente ha articolato due distinte censure, l’una per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in quanto la corte d’appello – avendo negato la sussistenza di lesione del decoro architettonico – non si sarebbe pronunciata sull’eccezione svolta in subordine con appello incidentale “condizionato” di “contrasto” dell’autorizzazione concessa dall’assemblea in data 14.8.1998 con l’art. 4 del regolamento contrattuale di condominio e con le disposizioni del codice civile, previa dichiarazione di nullità della delibera stessa; l’altra per omesso esame di un fatto decisivo, costituito dall’esistenza della delibera assembleare del 14.8.1999 che aveva comunque revocato la delibera del 14.8.1998 autorizzativa della sostituzione del parapetto, onde sarebbe derivata la necessità di accogliere l’appello.
- Con il secondo motivo, espressamente dichiarato “in collegamento con il precedente”, la ricorrente deduce violazione dell’art. 4 del regolamento condominiale e degli artt. 1136, 1138 e 1120 cod. civ., per avere la corte d’appello errato nel ritenere che la sostituzione fosse stata autorizzata dall’assemblea condominiale, essendo stata la delibera del 14.8.1998 revocata da quella del 14.8.1999. Sul punto la parte ricorrente ha richiamato la difesa all’uopo svolta con la memoria ex art. 183 quinto comma cod. proc. civ. in primo grado, sede nella quale veniva prodotta la delibera di revoca.
- Possono esaminarsi in via prioritaria congiuntamente il secondo motivo con i profili del primo motivo cui il secondo dichiara espressamente di ricollegarsi. Così integrato, il secondo motivo è fondato.
3.1. Invero, con la sentenza impugnata la corte d’appello di Genova dà per scontato (v. p. 6 della sentenza), richiamando l’atto di appello, che la realizzazione dell’opera avesse trovato “l’assenso dell’assemblea condominiale con delibera non impugnata da alcun condomino e la cui nullità parte appellata aveva dedotto … esclusivamente sotto il profilo dell’incompletezza dell’ordine del giorno”; tema questo che viene trattato anche alla p. 8. In entrambi i luoghi, dunque, non si esamina il fatto, ritualmente dedotto per come trascritto in ricorso (p. 17) nella memoria ex art. 183 quinto comma cod. proc. civ. dell’odierna ricorrente, dell’intervenuta revoca della delibera del 14.8.1998 ad opera della successiva del 14.8.1999, che all’uopo sarebbe stata prodotta; tanto in relazione ai principi di cui agli artt. 1136 e 1138 cod. civ..
3.2. L’aver trascurato la considerazione di tale fatto decisivo – costituito dalla dedotta revoca, la cui valutazione in concreto compete al solo giudice del merito – costituisce, oltre ad omesso esame quale dedotto nel primo motivo, falsa applicazione (quale dedotta con il secondo motivo) dei principi di diritto concernenti la formazione della volontà assembleare, che non si cristallizza una volta per tutte in una determinata deliberazione, ma può subire – come ogni dichiarazione negoziale – modificazioni per effetto di successive manifestazioni di volontà.
3.3. Ne discende che, in accoglimento del secondo motivo come innanzi integrato, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla corte d’appello di Genova, in altra sezione, per rinnovato esame anche alla luce degli indicati principi giuridici.
(omissis)
P.Q.M.
La corte dichiara inammissibile primo e accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia a diversa sezione della corte d’appello di Genova anche per le spese del giudizio di legittimità.