Il regolamento condominiale contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condòmini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. Per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulla proprietà dei singoli condòmini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni chiare e non, dunque, indeterminate e generiche, come quelle oggetto della vicenda di cui all’ordinanza 27257/2019 della Corte di Cassazione, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 24.10.2019,
n. 27257
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Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 3660/2013, annullava – sulla domanda proposta dai condòmini M.G. e G.G. – la deliberazione assunta in data 29 ottobre 2009 dall’assemblea del Condominio …, in relazione al punto 3 dell’ordine del giorno; dichiarava, per l’effetto, che gli attori avevano diritto di realizzare l’invocata passerella che dal terrazzo di fronte alla porta di caposcala dell’appartamento interno 16 scala A del civico 11a di via … consentiva l’accesso all’appartamento 12a del civico 2 di Vico …, respingendo la contrapposta domanda riconvenzionale intesa al riconoscimento dell’insussistenza delle condizioni per l’accertamento di tale diritto.
Decidendo sull’appello del soccombente condominio e nella costituzione degli appellati, la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 1449/2017 (depositata il 16 novembre 2017), accoglieva parzialmente il gravame e, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiarava l’inesistenza del diritto degli appellati (già attori in primo grado) a realizzare la passerella come da progetto prodotto in atti, regolando, conseguentemente, le spese del doppio grado, che venivano compensate per la metà, con accollo della residua metà in capo agli appellati, condannati, tuttavia, alla rifusione integrale delle spese occorse per la c.t.u.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte ligure evidenziava che il diritto reclamato dagli originari attori non poteva trovare fondamento dell’art. 3 del regolamento condominiale di natura contrattuale, la cui clausola – con riferimento ai criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 e 1363 c.c. non avrebbe potuto essere interpretata nel senso prospettato dagli appellati e, in ogni caso, l’invocata possibilità di realizzare la controversa passerella si poneva in contrasto con le norme civilistiche in materia di condominio.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione i sigg. M.G. e G.G., affidato ad un unico motivo, al quale ha resistito con controricorso – contenente ricorso incidentale condizionato – il Condominio …. I ricorrenti principali, a loro volta, hanno formulato controricorso al ricorso incidentale ai sensi dell’art. 371, comma 4, c.p.c.. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
(omissis)
Osserva i collegio che, sul piano generale, il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condòmini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare. In quest’ultimo caso, peraltro, per evitare ogni equivoco in una materia atta a incidere sulla proprietà dei singoli condòmini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni chiare, avuto riguardo, più che alla clausola in sé, alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire, così consentendo di apprezzare se la compromissione delle facoltà inerenti allo statuto proprietario corrisponda ad un interesse meritevole di tutela (v., per tutte, Cass. n. 956471997 e Cass. n. 19229/2014).
In altri termini, è stato ancora precisato (cfr., da ultimo, Cass. n. 21307/2016) che i divieti ed i limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condòmini sulle unità immobiliari in proprietà esclusiva devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro ed esplicito, non suscettibile di dar luogo ad incertezze; pertanto, l’individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l’ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti.
Orbene, il collegio rileva che la Corte territoriale si è correttamente conformata a detti principi poiché – in applicazione dei criteri ermeneutici generali previsti dagli artt. 1362 e 1363 c.c. – ha desunto che la contestata clausola di cui all’art. 3 del regolamento condominiale non potesse essere interpretata secondo quanto auspicato dai ricorrenti M.G. e G.G., ma dovesse, invece, interpretarsi nel senso che essa non consentiva il riconoscimento di tale diritto invocato dai medesimi in qualità di condòmini. Poiché, sulla base delle non chiare espressioni utilizzate nella richiamala clausola, quest’ultima era da ritenersi indeterminata e generica e, in quanto tale, sprovvista di valore precettivo e, perciò, inapplicabile fini del positivo accertamento del diritto reclamato dai suddetti condòmini.
In questo modo il giudice di appello si è attenuto all’insegnamento di questa Corte che – come posto in risalto – non consente al giudice di merito di poter interpretare in senso estensivo le clausole dei regolamenti condominiali, dovendo, peraltro, evitare – nell’incertezza del dato letterale – di imporre pesi sui beni condominiali o, addirittura, di creare delle servitù, non previste né deliberate successivamente con il quorum prescritto dalla legge. La possibile verificazione di tale conseguenza è stata – nel caso di specie – riscontrata anche a seguito dell’espletata c.t.u., alla stregua della quale non solo la realizzazione della progettata passerella si poneva in contrasto con una norma regolamentare di natura amministrativa, ma avrebbe comportato una violazione delle norme civilistiche condominiali, che – evidentemente – il regolamento condominiale aveva inteso evitare, non prevedendo una inequivoca clausola tale da consentire l’esecuzione dell’opera invocata dai ricorrenti.
Alla stregua delle argomentazioni svolte consegue, quindi, il rigetto del ricorso principale ;a cui si correla l’assorbimento di quello incidentale, siccome condizionato, con la conseguente condanna dei ricorrenti principali al pagamento – in solido fra loro ed in favore del controricorrente Condominio – delle spese del presente giudizio di legittimità. che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale e condizionato.
Condanna i ricorrenti principali, in solido fra oro, al pagamento delle spese dei presente giudizio, in complessivi curo 3.200, di cui curo 200 per esborsi, oltre al contributo forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap come per legge.