Per accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicché, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117, comma 1, c.c.. È il principio di diritto richiamato dalla Cassazione con l’ordinanza 1245 del 17 gennaio 2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 17.1.2019,
n. 1245
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(omissis)
Con l’unico motivo si deduce ai sensi dell’art. 360 primo comma nn. 3 e 5 c.p.c. la “violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., e omessa o quanto meno insufficiente e per certi versi contraddittoria motivazione circa un punto deciso della controversia”: i ricorrenti ritengono del tutto insufficiente la motivazione a supporto della decisione e negano che nel caso di specie il sottotetto possegga le caratteristiche richieste dall’art. 1117 per poter essere definito comune, non essendo stata fornita nessuna prova al riguardo.
Richiamano le risultanze di una consulenza tecnica svoltasi in altro procedimento ove era stata evidenziata la pericolosità della collocazione di vasche nel sottotetto sia per il sovraccarico delle strutture che per ragioni legate alla legislazione antisismica.
Il ricorso è inammissibile per due ordini di ragioni.
Innanzitutto, perché, per come si dirà a breve, non offre alcun elemento per modificare il costante orientamento di questa Corte, rettamente applicato dal giudice di appello. (v. su tale formula decisoria, Sez. U., Sentenza n. 7155 del 21/03/2017).
Infatti, la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che, in tema di condominio, per accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicché, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117, comma 1, c.c.; viceversa, allorché il sottotetto assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento (omissis).
È stato altresì affermato in giurisprudenza che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (omissis).
Ebbene, nel caso in esame il giudice di merito, partendo proprio dai principi dettati per l’individuazione della natura del sottotetto, ha accertato, sulla scorta dei rilievi svolti dal consulente, con apprezzamento in fatto certamente qui non sindacabile che il locale in questione non assolve certo all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità gli appartamenti dell’ultimo piano, ma è in teoria utilizzabile come vano autonomo (mq 280) cui si accede dalle scale condominiali, seppur non a destinazione abitativa data l’altezza, precisando che le vasche di raccolta idrica con relativo motorino rinvenute in sede di sopralluogo dal CTU, a prescindere dalla loro successiva rimozione, rivelavano una oggettiva destinazione (anche solo potenziale) all’uso comune o all’esercizio di interesse comune, salvo a dimensionare la capacità di carico che può sopportare in concreto, che però non esclude a priori qualsiasi potenzialità di utilizzazione a fini comuni.
(omissis)
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 1.700 di cui euro 200 per esborsi.