Le emissioni sonore che arrecano disturbo agli altri condòmini. Una problematica che purtroppo promette di diventare più frequente in queste settimane di permanenza forzata a casa date le prescrizioni in materia di contenimento dell’emergenza Coronavirus.
La vicenda oggetto di questa sentenza di Cassazione è invece datata 2018.
Condannato in primo grado per aver disturbato i vicini di casa tenendo lo stereo ad alto volume, l’imputato tenta (invano) di screditare le testimonianze con argomenti inverosimili, tra cui il fatto che la parte lesa non sopportava i rumori a causa di problemi di insonnia.
Ma la Cassazione, con la sentenza 8966/2020, di cui riportiamo un estratto, ribadisce che gli elementi probatori erano molteplici e fondati.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 8966/2020
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1. Con sentenza del 23 maggio 2018, il Tribunale di Cosenza ha – per quanto qui rileva – condannato l’imputato alla pena di euro 200 di multa, oltre al risarcimento del danno nei confronti della parte civile, liquidato in euro 2000, per il reato di cui all’art. 659 cod. pen., per avere disturbato le occupazioni e il riposo dei vicini, ascoltando ad alto volume apparecchi radiofonici nella sua abitazione.
2. Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento ed evidenziando, in via preliminare, che l’imputato è stato erroneamente condannato alla pena della multa anziché a quella dell’ammenda, prevista dalla disposizione incriminatrice.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si deducono vizi della motivazione in relazione all’accertamento della responsabilità penale, che sarebbe basato sulle dichiarazioni accusatorie della parte civile, persona poco attendibile, per la sua inimicizia con l’imputato e per la sua scarsa sopportazione del rumore, a causa dei problemi di insonnia da cui è affetta. Secondo la ricostruzione difensiva, solo la parte civile e non anche gli altri condòmini, tra cui il padre della stessa parte civile, che abita nel stesso palazzo, avevano percepito rumori molesti. Si contesta, poi, l’attendibilità del teste D., il quale gestiva una scuola d’infanzia accanto a quella dell’imputato ed era il padrone della casa nella quale la parte civile viveva. Per il ricorrente, l’inattendibilità del teste risiederebbe nel fatto che egli verrebbe a perdere i canoni di locazione se la parte civile, infastidita per il rumore, lasciasse l’immobile. Si lamenta, inoltre, che mancano misurazioni con strumentazioni da cui desumere il superamento della soglia di tollerabilità, a fronte del fatto che molte delle persone che abitavano a pochi metri dall’imputato non si erano lamentate di nulla. Né potrebbero essere valorizzati, a favore della tesi accusatoria, la testimonianza della sorella della parte civile, con lei coabitante, o quella del vicino C..
(omissis)
4. Il ricorso è infondato.
4.1. Il primo motivo di doglianza – diretto a contestare la motivazione della sentenza impugnata in relazione all’accertamento della responsabilità penale – è inammissibile, perché formulato in modo non specifico e, comunque, diretto ad ottenere da questa Corte una rivalutazione del quadro istruttorio; rivalutazione preclusa in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen..
La difesa formula mere affermazioni, del tutto sganciate dagli atti di causa, con cui pone in dubbio la ricostruzione dei fatti, ma non si confronta con le argomentazioni del Tribunale, il quale coerentemente rileva che:
a) il disturbo posto in essere dall’imputato è caratterizzato dalla specifica volontà di molestare i vicini, come confermato dalla parte civile, dal padre e dalla sorella, nonché dal teste D.;
b) le testimonianze dei vicini trovano ampia conferma in quanto accertato dalla polizia giudiziaria (sovraintendente C.) direttamente sul posto;
c) i riscontri parziali e indiretti alla testimonianza della parte civile rendono credibile il complesso del suo narrato accusatorio anche nelle parti in cui non riceve riscontro diretto;
d) la ricostruzione dei fatti proposta dall’imputato, secondo cui l’impianto stereo veniva acceso solo per il suo asilo è poco credibile, perché si basa sull’inverosimile assunto che l’impianto fosse collegato ad un telecomando arbitrariamente utilizzabile dai bambini e dalle insegnanti, incuranti delle molestie prodotte;
e) vi è, dunque, una pluralità, potenzialmente indefinita, di soggetti danneggiati, perché il disturbo dolosamente posto in essere dall’imputato ai danni della parte civile va oggettivamente ben oltre la sua intenzione.
Tali conclusioni – come anticipato – non sono inficiate dagli stralci di verbali testimoniali riportati nel ricorso per cassazione, da cui emerge, anzi, la correttezza della valutazione del quadro istruttorio operata dal Tribunale. Il carattere doloso della condotta e la conclamata rumorosità dell’impianto stereo rendono superflua, sul piano logico, la misurazione dell’esatta intensità del rumore prodotto.
(omissis)
5. Da quanto precede consegue che il ricorso deve essere rigettato (omissis).
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di parte civile, che liquida in euro 2800, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Rettifica la pena in euro 200 di ammenda.