Come si ripartisce la spesa per le pensiline installate sopra i balconi dell’ultimo piano, ma che svolgono anche funzione di protezione della facciata condominiale dagli agenti atmosferici? È la controversia giunta fino in Cassazione.
Di seguito, un estratto dell’ordinanza 6010 del 28 febbraio 2019, in cui la Suprema Corte richiama i principi di diritto afferenti alla problematica in oggetto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 28.2.2019,
n. 6010
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P.C. ha impugnato la delibera con cui il Condominio … ha approvato la realizzazione di tre pensiline presso lo stabile condominiale, ponendo il 50% della spesa a carico dei proprietari dell’ultimo piano e la restante quota a carico degli altri condòmini.
Lamentano che le opere non potevano considerarsi comuni e che la spesa andava posta solo a carico dei condòmini le cui porzioni beneficiavano in via esclusiva delle suddette pensiline.
Il Tribunale ha respinto la domanda con pronuncia confermata in appello.
La Corte di merito ha ritenuto che le pensiline servissero anche da protezione dell’intera facciata dell’edificio dagli agenti atmosferici e che pertanto fossero condominiali, ed ha considerato legittima la scelta dell’assemblea di ripartire la spesa ai sensi del secondo comma dell’art. 1123 c.c., essendo le opere destinate a servire in modo diverso i singoli condòmini.
Per la cassazione di questa sentenza P.C. ha proposto ricorso in due motivi, illustrato con memoria.
Il Condominio … ha depositato controricorso e memoria ex art. 380 bis 1, c.p.c..
(omissis)
2. Il primo motivo censura la violazione degli artt. 1123 e 1135 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, nonché l’omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., per aver la sentenza erroneamente giudicato legittima la delibera, riconoscendo all’assemblea il potere discrezionale di ripartire le spese in base al criterio di cui all’art. 1123 comma secondo c.c., mentre occorreva valutare se effettivamente ed in che misura le pensiline fossero destinate a servire in modo differenziato i singoli proprietari.
Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 1117, 1123, 1362, 1371 c.c., 112 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., e l’omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., lamentando che la Corte territoriale abbia ritenuto che le pensiline costituissero parte comune dell’edificio, pur se installate sulla parete sovrastante i balconi senza sporgere dalla loro linea esterna e pur non potendo fungere da copertura e protezione della facciata condominiale.
I due motivi, che vertono su questioni strettamente connesse e dei quali appare opportuno l’esame congiunto, sono infondati.
(omissis)
2.1. Neppure sussiste la lamentata violazione di legge.
La sentenza ha stabilito, con accertamento in fatto, che le pensiline avevano la funzione di proteggere la facciata condominiale e non i soli balconi di proprietà esclusiva, garantendo l’integrità e la conservazione dell’intero edificio, ponendolo al riparo dagli agenti atmosferici e, quindi, del tutto correttamente e con motivazione logica ed esente da contraddizioni, ha ritenuto che la spesa dovesse gravare su tutti i condòmini.
Difatti nel condominio, caratterizzato dalla coesistenza nell’edificio di una pluralità di piani o porzioni di piano di proprietà esclusiva, l’attribuzione della proprietà comune sancita dall’art.1117 c.c. trova fondamento nel collegamento strumentale ed accessorio fra le cose, i servizi e gli impianti e le unità immobiliari appartenenti ai singoli proprietari o alle altre porzioni comuni destinate in modo stabile al servizio e al godimento collettivo (omissis), mentre il concreto accertamento che un dato bene abbia le descritte caratteristiche funzionali involge questioni di fatto rimesse al giudice di merito, unitamente alla verifica della concreta utilità che dal bene traggano i singoli condòmini, essendo ammissibile, su tali profili, solo il controllo sulla motivazione (nei limiti in cui ne è attualmente ammesso lo scrutinio; cfr., Cass. 10073/2018; Cass. 8119/2004).
2.2. Sulla scorta delle descritte emergenze processuali, l’assemblea non poteva ripartire la spesa derogando a quanto prescritto dal secondo comma dell’art. 1123 c.c..
Le attribuzioni dell’assemblea ai sensi dell’art. 1135 e 1123 c.c. sono circoscritte alla verifica ed applicazione dei criteri fissati dalla legge.
Se le cose comuni sono destinate a servire i condòmini di un edificio in misura diversa, le spese, a norma del secondo comma dell’art. 1223 c.c., vanno ripartite in misura proporzionale all’uso che ogni condomino può farne, salvo eventuali accordi, approvati all’unanimità dei condòmini, con cui si preveda la ripartizione in misura proporzionale ai millesimi di proprietà.
In mancanza di una tale convenzione, ove vi sia contrasto circa la relativa ripartizione, deve escludersi che l’assemblea possa diversamente suddividere la spesa, vincolando anche i dissenzienti, essendo la legittimità della decisioni assembleari subordinata all’osservanza del criterio che tenga conto dell’utilità che ciascuno dei condòmini possa trarre dalla cosa comune, come risultante all’esito di una verifica da compiere in concreto (Cass. 5458/1986).
2.3. La delibera non è, per contro, censurabile nel punto in cui ha posto i costi delle opere per il 50% a carico dei proprietari dell’ultimo piano e per il restante 50% a carico di tutti gli altri, poiché la relativa questione è pertinente al merito.
(omissis)
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad euro 3500 per compenso, ed euro 200 per esborsi, oltre ad Iva, Cnap e rimborso forfettario spese generali in misura del 15%.