Veduta diretta, laterale o obliqua? La distinzione si ripercuote direttamente sulle distanze legali da rispettare per l’installazione di manufatti (quali ad esempio verande) sui balconi condominiali. Una disamina completa nell’ordinanza 10740 della Cassazione, datata 4 maggio 2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 4.5.2018,
n. 10740
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M.M. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 3612/2013 della Corte d’Appello di Napoli, depositata il 17/10/2013.
Resiste con controricorso P.C., mentre gli altri intimati (omissis) non hanno svolto attività difensive.
(omissis)
La Corte d’Appello di Napoli, accogliendo l’impugnazione avanzata da P.C. nei confronti della M.M., in riforma della pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Portici, il 15 marzo 2006, ha respinto la domanda di M.M. volta alla demolizione della costruzione in cemento e vetri realizzata dalla P.C. sulla sua terrazza del fabbricato del Viale …, che si assumeva dall’attrice posta a distanza inferiore di quella prescritta dall’art. 907 c.c. rispetto al bordo inferiore del proprio balcone. La convenuta aveva poi chiamato in garanzia i propri danti causa (omissis). La Corte d’Appello, sulla base dell’espletata CTU, nonché dei grafici e delle fotografie allegate all’elaborato peritale, ha evidenziato come l’appartamento di M.M. si trovi su una verticale dell’edificio diversa da quella dell’appartamento di P.C. ed ha affaccio diretto su un terrazzo diverso da quello di proprietà della convenuta. Di conseguenza, secondo la Corte di Napoli, dalla balconata dell’unità immobiliare di proprietà M.M. non si ha veduta diretta sul terrazzo P.C., ma soltanto veduta laterale ed obliqua, con conseguente inapplicabilità della distanza di tre metri, ex art. 907 c.c., per contro operando il precetto di cui all’art. 906 c.c., inerente alle vedute oblique.
Il primo motivo di ricorso di M.M. denuncia la “violazione ed errata applicazione di norme di diritto”, affermando che, nel caso di specie, dovesse applicarsi l’art. 907 c.c., in quanto il manufatto realizzato sulla terrazza di proprietà P.C. si trova “nell’area di rispetto” sancita da tale norma, perché “distaccata dai margini delle parti frontale e laterale destra del profilo esteriore della balconata destinata per sua natura a costituire una pluralità di vedute dirette per ciascuno dei tre lati su cui si sviluppa”.
Il secondo motivo contesta l’omesso esame di fatto decisivo e controverso, in quanto comunque la copertura del manufatto realizzato da P.C., come scrive il CTU a pagina 5 della sua relazione, si trova a 45 centimetri dalla parte inferiore del solaio del primo piano, ed è saldata al solaio del primo piano con una vetrata, sicché “la distanza in verticale tra la proprietà dei condòmini del primo piano e quella del manufatto è zero”. La Corte d’Appello di Napoli ha invece affermato che dai grafici allegati alla perizia risulta che “tra il lato più vicino del balcone della attrice M.M. e il tetto della veranda realizzata dalla P.C. intercorre una distanza superiore a 75 cm”.
(omissis)
Il primo motivo di ricorso è fondato, e l’accoglimento di esso assorbe l’esame del secondo motivo.
La Corte d’Appello di Napoli ha escluso che la vicenda di causa rientrasse nell’ambito di applicazione dell’art. 907 c.c., spiegando soltanto che l’appartamento di M.M. si trova “su una verticale diversa rispetto al terrazzo di pertinenza dell’unità immobiliare di proprietà della convenuta …”, sul quale è stata realizzata la veranda in cemento e vetri. Poiché è collocata nella “verticale verso est”, hanno sostenuto i giudici della Corte di Napoli, la balconata della M.M. ha “affaccio diretto su un terrazzo pertinenziale di altro appartamento”, ubicato sulla sua stessa verticale, e non sulla verticale dell’appartamento della P.C., verso il quale avrebbe unicamente “veduta laterale ed obliqua”.
Ora, per interpretazione costante di questa Corte, dal necessario collegamento del secondo comma con il primo comma dell’art. 907 c.c., a norma del quale è obbligatorio mantenere la distanza di tre metri anche dalla finestra da cui si esercita veduta obliqua, quando da questa finestra si eserciti anche veduta diretta sullo stesso fondo, deriva che quando la veduta sia soltanto obliqua, il proprietario del fondo sul quale la veduta medesima si esercita non deve rispettare la distanza di tre metri, ma solo quella di settantacinque centimetri dal più vicino lato della finestra medesima, ai sensi dell’art. 906 c.c.. La disposizione dell’art. 907, comma 2, c.c. concerne, in sostanza, la sola ipotesi in cui la veduta obliqua coesista con la veduta diretta sullo stesso fondo (omissis).
D’altro canto, qualora l’attore, come nel caso di specie, abbia chiesto la condanna del convenuto a demolire una veranda, assumendo che questa integri una costruzione edificata ad una distanza inferiore a quella di tre metri, prescritta dall’art 907 c.c., rispetto ad una veduta aperta sul fondo dello stesso attore, incorrerebbe nel vizio di extrapetizione il giudice del merito, il quale, sul diverso e non dedotto presupposto che il suddetto manufatto costituisca, a sua volta, una veduta obliqua sul fondo dell’attore, ne ordini l’arretramento, rispetto al confine di questo ultimo fondo, alla distanza di centimetri settantacinque prescritta dall’art 906 c.c. per l’apertura di vedute laterali od oblique (così Cass. Sez. 2, 27/02/1976, n. 644).
È però altrettanto unanime l’orientamento giurisprudenziale per cui è diretta (e conseguentemente il vicino non può fabbricare a distanza minore di tre metri da essa, misurata a norma dell’art. 905 c.c.) ogni veduta che consenta di affacciarsi e guardare frontalmente in alienum e, quindi, anche quella che sia possibile esercitare, verso il fondo ubicato lateralmente rispetto al muro in cui si trova l’apertura d’accesso, da uno qualsiasi dei lati secondari di un balcone, sporto o terrazza. Ai fini della distinzione tra vedute dirette, laterali ed oblique, assume rilievo decisivo, invero, la posizione di chi guarda, in particolare quando siano possibili più posizioni di affaccio. Con riferimento ai balconi, pertanto, rispetto ad ogni lato di questo si avranno una veduta diretta, ovvero frontale, e due laterali o oblique, a seconda dell’ampiezza dell’angolo, sicché la verifica dell’applicabilità dell’art. 907 c.c. va attuata non, come deciso dalla Corte di Napoli, valutando in quale “verticale” il balcone sia inserito, ma con riguardo a tutte le possibilità, che la conformazione obbiettiva di esso offre da ciascuno dei suoi lati, di guardare frontalmente o meno sul fondo del vicino (omissis).
Va quindi accolto il primo motivo ricorso, dichiarato assorbito il secondo motivo, e va cassata l’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli, la quale deciderà la causa attenendosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.