Qualora il regolamento di condominio vieti di svolgere attività di ristorazione, esercitarla è sempre illegittimo. Questo il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 129/2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 7.1.2019, n. 129
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1. Con ricorso ex att.702 bis c.p.c. S.C. conveniva innanzi al Tribunale di Milano Cal., U. s.r.l. ed il Condominio di via … per sentir:
Cal., costituitasi, resisteva e chiedeva il rigetto della domanda.
Il Condominio si rimetteva alla valutazione del tribunale in ordine all’interpretazione del regolamento condominiale e chiedeva di essere in ogni caso mantenuto indenne da ogni forma di responsabilità.
U. s.r.l. restava contumace.
Il tribunale accoglieva la domanda, rilevando l’esistenza nel regolamento condominiale di una specifica clausola volta a limitare lo svolgimento di attività di ristorazione alla sola unità immobiliare prospicente via …, vale a dire quella contraddistinta al sub … del foglio …, mapp. … in NCEU di Milano e condannava conseguentemente U. s.r.l. e Cal. alla immediata cessazione dell’attività di ristorazione nello spazio corrispondente al sub … ed alla rimozione della relativa attrezzatura.
La Corte di appello di Milano, con la sentenza n. 841/17 pubblicata il 27/2/2017 confermava integralmente la statuizione di primo grado.
Per la cassazione di detta sentenza ricorre, con due motivi, la Cal..
Il S.C. resiste con controricorso.
(omissis)
Con il primo mezzo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza, per violazione degli artt. 115 e 324 c.p.c., 2909 c.c., in relazione agli artt. 360 nn.3 e 4 c.p.c., deducendo che il Tribunale aveva accolto la domanda del S.C. unicamente sotto il profilo della violazione del regolamento condominiale ed aveva pertanto implicitamente disatteso la distinta causa petendi, costituita dalla violazione dell’accordo concluso con Cal. anteriormente al rogito.
La corte territoriale, avrebbe invece fondato l’accoglimento della domanda di cessazione dell’attività di ristorazione anche sulla violazione dell’accordo suddetto, nonostante il “giudicato” formatosi sulla reiezione implicita di detta autonoma domanda, non impugnata dal S.C.; si deduce inoltre la violazione dell’art.115, in quanto, contrariamente a quanto affermato dalla corte territoriale, la ricorrente aveva specificamente contestato sia la suddetta pattuizione che il contenuto della stessa.
Il motivo è infondato.
Premesso che nella sentenza di primo grado non può configurarsi alcun rigetto implicito di una autonoma domanda fondata sulla violazione del patto concluso tra S.C. e Cal., la Corte territoriale ha fondato, come già il primo giudice, l’accoglimento della domanda di cessazione dell’attività di ristorazione sulla disposizione dell’art. 12 del regolamento condominiale, affermando che in forza di tale disposizione l’attività di ristorazione doveva ritenersi consentita nelle sole porzioni dell’edificio prospicienti via ….
L’accordo tra il S.C. e la Cal. è stato dunque preso in esame quale antecedente logico ed elemento di interpretazione della disposizione regolamentare violata, potendo da tale accordo desumersi la concreta finalità perseguita mediante la suddetta previsione regolamentare.
Non si era dunque formato alcun “giudicato interno” su una specifica e diversa causa petendi, in relazione all’ accordo tra la Cal. e S.C. antecedente la compravendita.
La seconda censura risulta invece inammissibile per carenza di interesse, in quanto non attinge l’autonoma ratio decidendi della pronuncia impugnata: la Corte territoriale ha fondato l’accoglimento della domanda sulla disposizione del regolamento condominiale che superava l’accordo antecedente, avente unicamente efficacia inter partes.
Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., nonché degli artt. 2697, 1362, 1367 e 1369 c.c., contestando l’interpretazione data dalla Corte territoriale all’art. 12 del reg. di Condominio.
Il motivo, articolato in diverse censure, è infondato.
(omissis)
Del pari infondata l’ulteriore censura, avente ad oggetto l’errata applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c., non ravvisandosi la violazione di nessuno dei canoni interpretativi richiamati dal ricorrente.
La Corte di merito ha rilevato, con argomentazione logica e coerente, che l’art. 12 del regolamento condominiale vietava, in via generale, la destinazione di unità immobiliari ad attività di ristorazione, con la sola eccezione di quelle poste al piano terra e prospicenti la via …. In presenza di tale inequivoca disposizione, la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante la mancanza di porzioni evidenziate nella planimetria unita al regolamento condominiale, non potendo attribuirsi a tale mancanza l’ abrogazione o inefficacia della menzionata clausola n. 12 del regolamento, in forza della quale era consentito svolgere attività di ristorazione nella sola porzione che, al momento dell’approvazione del regolamento condominiale, era prospiciente a via …, vale a dire il sub ….
Secondo quanto ritenuto dal giudice di merito, l’art 18 del Regolamento condominiale attribuiva a Cal. la facoltà di unificare più porzioni di sua proprietà, ma non anche quella di aggirare il divieto del citato art. 12, ampliando lo spazio destinato alla ristorazione.
L’ interpretazione della corte territoriale appare dunque conforme non solo al significato letterale del Regolamento condominiale, ma anche al principio di conservazione del contratto (art. 1367 c.c.) ed alla conformità alla natura ed oggetto del regolamento condominiale (art. 1369 c.c.), che esprimeva la comune intenzione dei contraenti di limitare l’esercizio di attività potenzialmente foriere di immissioni (di rumore, fumo etc. ) nocive , quale quella di ristorazione.
Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.
(omissis)
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 3.200 euro, di cui 200 euro per esborsi, oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.