Dai lavori condominiali alla ripartizione dei relativi oneri; dalle parti comuni alle opere di manutenzione, fino alla gestione della morosità, sono innumerevoli le materie oggetto del contendere in condominio. Diatribe che non di rado finiscono il loro lungo iter legale in Cassazione.
Pubblichiamo, di seguito, una rassegna di recenti massime della Suprema Corte in tema di condominio.
In tema di condominio, le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale, la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non muta la natura di entrambi gli atti. Nondimeno, in base al combinato disposto degli artt. 68 disp. att. c.c. e 1138 c.c., l’atto di approvazione (o di revisione) delle tabelle, avendo veste di deliberazione assembleare, deve rivestire la forma scritta “ad substantiam”, dovendosi, conseguentemente, escludere approvazioni per “facta concludentia”.
Cass., Sez. II civ., sent. 15.10.2019, n. 26042
Il versamento delle spese che il condomino esegua in favore del condominio prima che sia individuabile una completa e definitiva deliberazione di approvazione dell’intervento di manutenzione straordinaria configura, agli effetti dell’art. 2033 c.c., un pagamento “ab origine” indebito, in quanto solo la deliberazione dell’assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell’intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione di contribuzione in capo a ciascun condomino.
Cass., Sez. II civ., sent. 14.10.2019, n. 25839
L’art. 1119 c.c. nel nuovo testo modificato dall’art. 4 della legge n. 220 del 2012, va interpretato nel senso che “le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione”, a meno che – per la divisione giudiziaria – “la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino” e – per la divisione volontaria – a meno che non sia concluso contratto che riporti, in scrittura privata o atto pubblico, il “consenso di tutti i partecipanti al condominio”; quest’ultimo requisito non è richiesto per la divisione giudiziaria.
Cass., Sez. II civ., sent. 15.10.2019, n. 26041
I contratti traslativi della proprietà di beni immobili o costitutivi, modificativi o traslativi di diritti reali immobiliari su cosa altrui devono, ai sensi dell’art. 1350 c.c., rivestire la forma scritta “ad substantiam”, per cui è nulla la promessa verbale dei proprietari del suolo di trasferirsi reciprocamente la proprietà del manufatto su di esso edificato per singole porzioni individuate nel corso del godimento delle rispettive abitazioni.
Cass., Sez. II civ., sent. 10.10.2019, n. 25539
In materia di distanze tra fabbricati, l’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, che prescrive una distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, è applicabile anche nel caso in cui una sola delle due pareti fronteggiantesi sia finestrata e indipendentemente dalla circostanza che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente, o che si trovi alla medesima altezza o ad altezza diversa rispetto all’altro.
Cass., Sez. II civ., sent. 1.10.2019, n. 24471
In tema di conservazione del tetto di un edificio condominiale, le relative spese vanno ripartite – salvo che si tratti di tetto di proprietà esclusiva, assimilato al lastrico solare e, perciò, soggetto all’applicazione dell’art. 1126 c.c. – tra tutti i condòmini in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 c.c., trattandosi di bene rientrante, per la funzione necessaria all’uso collettivo, tra le cose comuni, in quanto deputato a preservare l’edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua piovana e non riconducibile, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condòmini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123, commi 2 e 3, c.c.. Nella specie, è stata confermata la pronuncia di merito, che aveva ravvisato l’obbligo di un condomino di concorrere alle spese di manutenzione del tetto del fabbricato, seppur non sovrastante alcuna unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, in quanto strutturalmente destinato anche alla protezione dell’atrio comune.
Cass., Sez. VI-2 civ., ord. 7.10.2019, n. 24927
Il regime legale delle distanze delle costruzioni dalle vedute, prescritto dall’art. 907 c.c., non è applicabile, stante il disposto dell’art. 879, comma 2, c.c. – per il quale “alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze o le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze” – non solo quando la strada o la piazza pubblica si frappongano tra gli edifici interessati, ma anche nel caso in cui le stesse delimitino ad angolo retto, da un lato, il fondo dal quale si gode la veduta, e, dall’altro, il fondo sul quale si esegue la costruzione.
Cass., Sez. VI-2 civ., ord. 3.10.2019, n. 24759