Qualora sia stato lo stesso condomino a chiedere di essere informato circa la convocazione dell’assemblea condominiale a mezzo di mail ordinaria, poi non può appellarsi al fatto che l’avviso non gli sia stato inviato via Pec. Di seguito un estratto della sentenza 4/2019 della Corte d’Appello di Brescia.
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CORTE APPELLO BRESCIA
Sez. II civ., sent. 7.12.2018 – 3.1.2019, n. 4
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Con sentenza n.790/2016 (omissis) il Tribunale di Brescia accertava la soccombenza virtuale dell’attore A.S. e lo condannava al pagamento delle spese del giudizio.
Con atto di citazione notificato in data 31.5.2016 A.S. ha impugnato la predetta sentenza per i motivi indicati in seguito, formulando le sopra riportate conclusioni.
Costituitosi in giudizio il Condominio ha chiesto il rigetto dell’impugnazione.
Indi all’udienza dell’8.7.2018, sulle conclusioni come sopra precisate dalle parti, la causa è stata posta in decisione con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Parte appellante censura la sentenza del primo giudice per non aver questi formalmente dichiarato in dispositivo la cessazione della materia del contendere e per averlo condannato alle spese del giudizio.
Ritiene, infatti, che, sebbene risulti pacifico che la delibera dell’assemblea condominiale del 20.11.2014 impugnata sia stata sostituita con la delibera del 29.12.2014, con ciò determinando appunto la cessazione della materia del contendere, il giudice avrebbe dovuto ritenere fondati i motivi di impugnazione proposti dall’A.S. e avrebbe dovuto condannare il Condominio alle spese del giudizio.
In particolare quanto al motivo di impugnazione concernente la violazione dell’art. 66 disp. att. c.c., lamenta che avrebbe errato il giudice nel ritenere che la convocazione fosse stata effettuata correttamente con le modalità richieste dallo stesso A.S., ossia via e-mail, posto che invece l’avviso di convocazione avrebbe dovuto essergli comunicato a mezzo PEC, unica forma che può ritenersi equipollente alla raccomandata e tale da consentire all’amministratore di dare prova della ricezione dell’avviso stesso.
La censura è infondata.
Premesso che costituisce semplice errore materiale l’aver dimenticato di riportare in dispositivo la dichiarazione di cessazione della materia del contendere, chiaramente indicata in motivazione, osserva il Collegio che, se invero è corretto ritenere che unico strumento equipollente alla raccomandata indicata dalla disposizione di legge è la comunicazione PEC, posto che solo con tale modalità perviene al notificante un messaggio di accettazione e consegna dell’avviso, tuttavia nel caso in esame è stato lo stesso condomino A.S. ad aver richiesto la comunicazione avverso un mezzo “informale” quale la e-mail, non avendo egli indicato un indirizzo PEC bensì l’indirizzo, mail, (omissis).
Ne consegue che l’invio della mail per come dimostrato dal Condominio appellato ha rispettato le forme indicate dal condomino.
Corretta si palesa, inoltre, la decisione del primo giudice nella parte in cui ha ritenuto che i bilanci predisposti fossero assolutamente intellegibili e che né generiche e tardive si palesavano le censure svolte dall’A.S.. Quest’ultimo ha infatti pacificamente ammesso che era stato rispettato il criterio di redazione del bilancio “per cassa”, ritenuto corretto dalla giurisprudenza di legittimità e di merito e che le censure attinenti la transazione stipulata nel 2005 afferivano al bilancio già approvato con precedente delibera mai impugnata, e quanto alla censura di genericità ha prodotto solo in corso di questa fase di gravame una CTP dalla quale emergerebbero degli errori contabili. Tuttavia, non solo la detta produzione si palesa assolutamente inammissibile ex art. 345 c.p.c. non avendo l’appellante dimostrato di non averla potuta depositare nel corso del giudizio di prime cure, ma soprattutto la stessa concerne periodi e bilanci successivi non oggetto della delibera originariamente impugnata.
(omissis)
La Corte d’Appello di Brescia, definitivamente pronunciando, così dispone:
rigetta l’appello proposto da A.S. avverso la sentenza del Tribunale di Brescia n. 790/2016 depositata il 15 marzo 2016 e condanna l’A.S. a rimborsare alla parte appellata le spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 3.777 (di cui Euro 1.080 per fase di studio della controversia, Euro 877 per fase introduttiva del giudizio ed Euro 1.820 per fase decisionale), oltre rimborso forfetario al 15%, IVA e CPA, come per legge.