La veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile. Per tale ragione, necessita del permesso di costruire. È il principio di diritto rimarcato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 18000/2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 18000/2019
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1. Con l’impugnata sentenza, in riforma della decisione resa dal tribunale di Marsala, che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di G.M. in ordine ai reati di cui agli artt. 44, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001 (capo A) e 181, comma 1, d. lgs. n. 42 del 2004 (così riqualificato il capo D) perché estinti, rispettivamente, per intervenuto rilascio in sanatoria e intervenuto accertamento di compatibilità paesaggistica, e aveva assolto l’imputata dai reati di cui agli artt. 93, 94, 95 d.P.R. n. 380 del 2001 (capo B) e 734 cod. pen. (capo C) perché il fatto non sussiste, in accoglimento dell’appello proposto sia dal P.G. territoriale, sia dal p.m., la Corte d’appello di Palermo dichiarava la predetta imputata colpevole dei reati di cui ai capi A) e B), limitatamente alla realizzazione della veranda, e D), e applicate le circostanze attenuanti generiche e riconosciuta la continuazione, la condannava alla pena di due mesi di arresto e 23 mila euro di ammenda, subordinando la sospensione condizionale della pena all’avvenuta demolizione delle opere abusive entro il termine di novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza; assolveva l’imputata dalle altre condotte contestate ai capi A) e B) perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
2. Avverso l’indicata sentenza, l’imputata, a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso affidato a quattro motivi.
(omissis)
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. c) cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 44, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001, 20 I.r. n. 4 del 2003, 9 I.r. n. 37 del 1985. Sostiene la ricorrente che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, la realizzazione della veranda/tettoia non necessiterebbe del preventivo rilascio di concessione edilizia – trattandosi di opera inidonea, per la sua stessa natura (struttura leggera in legno aperta su tre lati), ad assorbire cubatura e/o a costituire aumento della preesistente superficie – essendo perciò soggetta alla semplice comunicazione ai sensi degli artt. 20, comma 1, l.r. n. 4 del 2003 e 9, comma 1, l.r. n. 37 del 1985, come ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa indicata nel ricorso. In ogni caso, la veranda/tettoia sarebbe da considerarsi una mera pertinenza e, come tale non soggetta al permesso di costruire, rientrando tra le opere di “edilizia libera” le quali non necessitano di alcun titolo abilitativo, ovvero tra quelle assoggettabili alla mera s.c.i.a. Di conseguenza, il reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 380 del 2001 sarebbe estinto per il rilascio della s.c.i.a. in sanatoria, come ritenuto dal Tribunale.
2.3. Con il terzo motivo si eccepisce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. c) cod. proc. pen. in relazione agli artt. 93, 94 e 95 d.P.R. n. 380 del 2001 e 131 bis cod. pen. Ad avviso della ricorrente, nel caso in esame non occorreva un progetto da sottoporre all’ufficio del genio civile di Trapani e, quindi, una specifica denuncia d’inizio lavori da presentare a quell’ufficio, stante la struttura leggera dell’opera. Inoltre, aggiunge la ricorrente, il Tribunale aveva correttamente applicato il principio di offensività, escludendo la concreta lesione o messa in pericolo del bene tutelato; peraltro, come recentemente affermato da Cass., Sez. 3, n. 15782 del 23/02/2018, l’art. 131 bis cod. pen. si applica anche ai reati in materia antisismica.
(omissis)
1. Il ricorso è infondato.
(omissis)
3. Il secondo motivo è infondato.
3.1. Secondo quanto ritenuto dai giudici di merito, l’imputata, pur non essendo in possesso dei prescritti titoli autorizzativi, ha realizzato una veranda coperta adiacente al fabbricato principale, occupante una superficie di 55 mq. e un volume di 180 mc., avente struttura portante in legno e copertura a falde, circostanza peraltro nemmeno oggetto di contestazione.
Nel caso di specie, a differenza di quanto ritenuto dalla ricorrente, la costruzione della veranda, vista nella sua completezza, necessitava del preventivo rilascio del permesso di costruire. Come costantemente affermato da questa Corte, infatti, in materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile (Sez. 3, n. 14329 del 10/01/2008).
3.2. Va, inoltre, ricordato che la natura precaria delle opere di chiusura e di copertura di spazi e superfici per le quali l’art. 20 della legge Regione Sicilia n. 4 del 2003 non richiede concessione e/o autorizzazione va intesa secondo un criterio strutturale, ovvero nel senso della facile rimovibilità dell’opera, e non funzionale, ossia con riferimento alla temporaneità e provvisorietà dell’uso, sicché tale disposizione, di carattere eccezionale, non può essere applicata al di fuori dei casi ivi espressamente previsti. (Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014: fattispecie in cui è stata esclusa la natura precaria della chiusura di due verande mediante mattoni forati legati da malta cementizia).
3.3. La Corte territoriale si è uniformata ai principi ora evocati, avendo accertato che la veranda coperta, occupante una superficie e una volumetria propria, era un’opera stabilmente infissa al suolo, ciò che ne esclude il carattere di precarietà.
4. Il terzo motivo è infondato.
4.1. Va premesso che le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell’intervento (Sez. 3, n. 4567 del 10/10/2017; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015).
4.2. Ciò chiarito, la Corte territoriale ha puntualmente confutato, con apprezzamento fattuale logicamente motivato, la valutazione espressa dal primo giudice, che aveva escluso la concreta offensività del fatto, correttamente evidenziando le caratteristiche strutturali e dimensionali della veranda coperta, costituita da cinque ritti in legno, con copertura a falde composta da assoni e travi di legno, sormontate da tavolato e regolato, con superficie residenziale di 55 mq. e con un’altezza media di 3,30 m. e volume di 180 mc.; da tali elementi la Corte territoriale, con apprezzamento fattuale non manifestamente illogico, ha desunto che l’opera costituisce un serio pericolo per l’incolumità pubblica, essendo stata realizzata senza ottemperare alle prescrizioni previste in materia antisismica.
(omissis)
6. Il ricorso, pertanto, è infondato e deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.