Cortile: solo il titolo costitutivo può smentire la condominialità
I titoli di trasferimento servono ad escludere la presunzione di condominialità dei beni esemplificativamente indicati dall’art. 1117 cod. civ. e non ad affermarla. Ne discende che la natura condominiale di un cortile deve essere presunta a meno che diversamente risulti dal titolo costitutivo. Il principio di diritto espresso dalla Corte d’Appello di Catanzaro viene confermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 25829/2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 14.10.2019,
n. 25829
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Rilevato che:
- il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato il 26 marzo 2015 da D.M. nei confronti del Condominio … avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro emessa l’11 febbraio 2014 con cui veniva respinto l’appello dell’odierno ricorrente e confermata la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia – sezione distaccata di Tropea;
- il giudice di prime cure aveva accolto la domanda del Condominio di accertamento della natura condominiale del cortile adiacente il fabbricato costituente il Condominio e di declaratoria della nullità del contratto del 23 luglio 1984 con cui D.M., costruttore dell’edificio condominiale, ed il Condominio avevano costituito sullo stesso la servitù per l’installazione della autoclave condominiale;
- la corte distrettuale aveva confermato la correttezza della motivazione resa dal giudice di primo grado secondo cui la natura condominiale del cortile deve essere presunta a meno che diversamente risulti dal titolo costitutivo;
- in altri termini, il giudice d’appello aveva precisato che i titoli di trasferimento servono ad escludere la presunzione di condominialità dei beni esemplificativamente indicati dall’art. 1117 cod. civ. e non ad affermarla, come erroneamente ritenuto dall’appellante nell’impugnazione della decisione di prime cure;
- pertanto, la circostanza che dai titoli di trasferimento delle varie unità immobiliari non risultasse il riferimento al cortile, non avallava l’assunto del convenuto D.M. che lo stesso fosse rimasto di proprietà esclusiva di G.T., titolare del terreno utilizzato per costruire il fabbricato condominiale;
- neppure poteva invocarsi la circostanza che il regolamento del condominio non ricomprendeva nell’elenco dei beni condominiali il cortile, dal momento che la presunzione legale di condominialità può essere vinta dalla diversa previsione del titolo e non dal tenore del regolamento di condominio;
- inoltre il giudice d’appello, in merito all’eccepita destinazione del cortile al solo servizio dei magazzini posti sul retro del fabbricato quale accesso ai medesimi e non di tutte le unità facenti parte del condominio, osservava che tale circostanza, oltre a non essere provata, non era neppure dirimente, stante la oggettiva funzione dell’area in contestazione di dare luce ed aria a tutte le unità immobiliari sovrastanti;
- la cassazione della pronuncia d’appello è chiesta dal D.M. sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso il Condominio;
Considerato che:
- con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art.1117 cod. civ. per irriducibile contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione per avere la corte territoriale affermato la natura condominiale del cortile pur riconoscendo che lo stesso svolge la funzione di dare accesso ai magazzini posti nel retro del fabbricato (come emerso dalle allegazioni dell’appellante e dalle prove testimoniali, C. e C., assunte durante il giudizio di primo grado);
- così facendo la corte avrebbe violato l’art. 1117 cod. civ. come tradizionalmente interpretato nel senso che ove si verta sulla natura di parti rientranti tra quelle elencate all’art.1117 cod. civ. ma funzionalmente destinate a servire solo alcune unità immobiliari, la condominialità non sorge e, conseguentemente, va esclusa senza bisogno di un titolo contrario (Cass. 822/2014);
- con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1117 cod. civ. per non avere la corte territoriale valutato la destinazione di fatto dell’area controversa;
- i due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché attengono all’argomentazione utilizzata per ritenere la natura condominiale o meno dell’area cortilizia;
- si tratta di censure inammissibili perché deducono vizi di illogicità e contraddittorietà della motivazione non più deducibili ai sensi del novellato articolo 360, comma 1, n,. 5 cod. proc. civ. (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014);
- per il resto le contestazioni del ricorrente neppure attingono la ratio della decisione, la quale si fonda sulla valutazione di fatto dell’area controversa come cortile in ragione della sua effettiva destinazione, cui il giudice è pervenuto a seguito di un accertamento riservato alla discrezionalità del giudice di merito, e non frutto di un’errata applicazione della presunzione di condominialità, come sancita dall’art. 1117 cod. civ.;
- né appare pertinente il richiamo alla giurisprudenza citata a pag. 9 del ricorso e relativa alla non configurabilità della presunzione di condominialità nel caso di edifici che siano separati dal cortile dalla presenza di giardini, terreno ed altri spazi liberi, non essendo la fattispecie concreta assimilabile a quella oggetto della pronuncia richiamata;
- non sono rilevanti nemmeno le pronunce citate a pag.12 della sentenza e che valorizzano la funzione dell’area controversa perché la corte d’appello aveva respinto la prospettazione del D.M. anche per non averla ritenuta provata e tale ratio decidendi non è attinta dal motivo di impugnazione;
- con il terzo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 e ss. cod. civ. per avere la corte territoriale omesso ogni indagine interpretativa sulla reale ed effettiva volontà delle parti, dal momento che ove i condòmini fossero stati convinti della natura condominiale del cortile non avrebbero avuto alcuna ragione per stipulare il contratto nel 1984, che prevedeva l’installazione dell’autoclave dietro pagamento di un canone;
- il motivo è inammissibile poiché, come puntualmente dedotto dal controricorrente a pag. 11 del controricorso, prospetta una questione di diritto concernente l’interpretazione della volontà contrattuale nuova, non trattata dalla corte territoriale senza, tuttavia, che il ricorrente precisi dove e quando l’ha dedotta;
- il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità (cfr. 19350/2005; Cass.15196/2018);
- atteso l’esito sfavorevole dei tre motivi, il ricorso va respinto e le spese di lite vanno poste a carico del ricorrente in applicazione della soccombenza nella misura di cui al dispositivo;
- ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002,
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in euro 2000 oltre euro 200 per spese, nonché 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.