A cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Con la sentenza n. 6577 del 19 febbraio 2021, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in materia condominiale, affrontando il tema dell’appropriazione indebita dell’amministratore di condominio.
Nel caso in esame, i Giudici d’Appello, seppur parzialmente, riformavano la sentenza pronunciata dal Giudice di prime cure, riducendo e rideterminando la pena e l’entità del risarcimento del danno riconosciuto a un condominio costituitosi parte civile nel processo, e confermavano nel resto la condanna nei confronti dell’amministratore in ordine al reato di cui all’art. 646 c.p. (appropriazione indebita).
La vicenda approdava così in Cassazione, davanti alla quale l’imputato, a mezzo del suo difensore, tra i vari motivi sollevati, lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 646 c.p. In particolare, la difesa specificava che l’imputato non aveva lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto, bensì quello di utilizzare le somme per poter effettuare dei pagamenti di altri condomini dallo stesso amministrati, condotta questa imposta dalla difficoltà economica nella quale lo stesso versava. Dunque, sotto questo profilo, secondo la difesa, la conclusione della Corte territoriale in relazione alla sussistenza degli elementi costituivi del reato era del tutto errata.
Il Tribunale Supremo, dichiarando il ricorso inammissibile, escludeva l’ipotesi che il fatto non costituisse reato.
Più nello specifico, gli Ermellini affermavano che “integra il delitto di appropriazione indebita sia la condotta dell’amministratore di più condominii che, senza autorizzazione, utilizzi i saldi dei conti attivi dei singoli condomini per esigenze di altri condominii amministrati, in quanto tale condotta comporta di per sé la violazione del vincolo di destinazione impresso al denaro al momento del suo conferimento (Sez. 2, n. 57383 del 17/10/2018, Beretta, Rv. 274889), sia quella dell’amministratore che prelevi delle somme di denaro depositate sui conti correnti dei singoli condomini, dei quali egli abbia piena disponibilità per ragioni professionali, con la coscienza e volontà di farle proprie a pretesa compensazione con un credito di gran lunga inferiore alla somma così indebitamente trattenuta (Sez. 2, n. 12618 del 13/12/2019, dep. 2020, Marcoaldi, Rv. 278833)”.
Difatti, in questi casi, come nella vicenda in esame, nella quale lo stesso ricorrente aveva confermato di aver consapevolmente destinato il denaro ricevuto dai condomini per fini diversi da quelli per i quali lo aveva ricevuto, sussistono sia l’elemento materiale, costituito dalla gestione delle somme come dominus, sia l’elemento psicologico, il dolo generico, del reato di appropriazione indebita.
Inoltre, il reato di appropriazione indebita da parte dell’amministratore di condominio in danno dei condòmini è considerato ricorrente anche qualora la condotta appropriativa non riguardi il denaro, ma anche documenti e cose in genere.
In tal senso, in sede di merito è stato affermato che è imputabile per il delitto previsto e punito dagli artt. 646 e 61 n. 11 del c.p. (appropriazione indebita aggravata dall’abuso di prestazione d’opera), l’amministratore condominiale che, al fine di procurare a se o ad altri un ingiusto profitto, si impossessi di documenti giustificati delle spese condominiali inerenti ad attività di trasporto e smaltimento dei calcinacci conseguenza di lavori di riparazione di una parte comune del fabbricato (Trib. Pescara, 9 ottobre 2020 n. 1099).