Con l’ordinanza n° 11906 del 19 giugno 2020, la Corte di Cassazione ha ritenuto che lo spazio utilizzato con le griglie e le intercapedini fosse del tutto inglobato nella limitrofa opera edile privata . Dunque, mancando il presupposto per il riconoscimento del canone – e cioè l’occupazione di suolo pubblico – legittimamente è stato confermato l’annullamento della cartella di pagamento.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., ord. 19.6.2020,
n. 11906
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Il Condominio di via …, con atto di citazione del 17/9/2013, propose opposizione avverso un avviso di pagamento emesso dal Comune di Roma per omesso pagamento di un canone per l’occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche comunali (Cosap) per griglie ed intercapedini, per l’importo di euro 728,15.
Il Condominio espose che le griglie ed intercapedini erano state realizzate in sede di edificazione del fabbricato su area condominiale ed oggetto di licenza edilizia (e non di concessione di uso pubblico) ed erano componenti integranti l’edificio stesso, di guisa che non sussistevano i presupposti per il pagamento del canone di uso dell’area pubblica.
Nel contraddittorio con Roma Capitale, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 15198 del 27/7/2016, accolse la domanda, ritenendo insussistente un atto di concessione di suolo pubblico e mancante la prova, da parte dell’ente creditore, di aver costituito una servitù di pubblico passaggio.
Conseguentemente dichiarò non dovuto l’importo relativo all’anno 2011 di euro 728,15 e condannò Roma Capitale al pagamento delle spese di lite.
Roma Capitale propose appello e, nel contraddittorio con il Condominio, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4194 del 19/6/2018, ha rigettato l’appello ritenendo che, a seguito del passaggio in giudicato di altre pronunce relative alle stesse parti che avevano avuto ad oggetto differenti annualità dello stesso canone, si fosse formato il giudicato sulla situazione di fatto e di diritto così come accertata e cioè sul mancato rilascio di alcuna specifica concessione per le griglie ed intercapedini, sull’essere le opere murarie realizzate dal condominio non tali da sottrarre in tutto o in parte il suolo all’uso pubblico, sul fatto che dette opere insistessero esclusivamente su terreno di proprietà condominiale.
Confermata l’inesistenza dei presupposti, il Giudice, prendendo posizione su una sentenza di questa Corte che qualifica il canone quale corrispettivo di una concessione reale o presunta del bene pubblico e lo collega all’utilizzazione che ne trae il singolo (Cass., 1, n. 1435 del 19/1/2018) ha ritenuto che la sentenza citata non potesse trovare applicazione nel caso di specie per la diversità dei presupposti in quanto, nel caso in esame, le opere (griglie) erano coeve all’edificio, non erano state realizzate successivamente, non erano oggetto di concessione e non insistevano sull’area pubblica. Il Giudice ha altresì rilevato che la statuizione del primo giudice circa la mancata prova dell’avvenuta costituzione di una servitù di passaggio non era stata censurata da Roma Capitale, di guisa che, sull’inesistenza di tale servitù, si era formato il giudicato.
Avverso la sentenza, che ha disposto la compensazione delle spese di lite, Roma Capitale propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati da memoria. Resiste il Condominio di via … con controricorso.
(omissis)
2. Con il secondo motivo – violazione dell’art. 63 D.lgs. n. 446/97 in combinato disposto con l’art. 1 del Regolamento del Comune di Roma istitutivo del canone per l’occupazione degli spazi e delle aree pubbliche comunali nonché della legge n. 2248 del 30/3/1865, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – Roma Capitale censura l’impugnata pronuncia sia con riguardo al capo della medesima che ha distinto la fattispecie in esame da altra oggetto della sentenza di questa Corte n. 1435 del 2018, sia sul capo in cui si ritiene non censurata in appello la statuizione relativa alla mancata prova della servitù di passaggio.
2.1. Il motivo non è autosufficiente e non è correlato alla ratio decidendi. Il ricorrente mette insieme censure eterogenee senza riportare in quali punti dell’atto di appello le abbia svolte e non si correla affatto con la ratio decidendi dell’impugnata sentenza. La sentenza ha ritenuto che la fattispecie oggetto di esame non potesse essere sussunta nell’alveo della pronuncia di questa Corte n. 1435 del 19/1/2018 per la diversità dei presupposti: lì il canone era comunque dovuto, indipendentemente dalla presenza o meno di un atto concessorio e dunque per il solo fatto dell’utilizzazione di suolo pubblico. Qui, invece, lo spazio utilizzato con le griglie e le intercapedini era del tutto inglobato nella limitrofa opera edile privata per la quale era stata chiesta ed ottenuta una licenza edilizia sì da far perdere alla medesima la qualità di parte del tessuto viario pubblico. La sentenza oggetto di esame ha ritenuto che le opere erano coeve all’edificio, non erano state realizzate successivamente, non erano oggetto di concessione e non insistevano su suolo pubblico ma su proprietà privata. Ne consegue che legittimamente è stato confermato l’annullamento della cartella di pagamento, in ragione dell’assenza dei presupposti che, in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, devono sussistere per giustificare la pretesa di pagamento del canone Cosap. I precedenti di questa Corte fanno riferimento ad un corrispettivo collegato all’occupazione di suolo pubblico (Cass., 5, n. 24541 del 2/10/2019), o ad un corrispettivo della concessione reale o presunta di uso pubblico (Cass., 3 n. 8/2/2019), o ad un corrispettivo che può prescindere dalla concessione e collegarsi all’uso che ne fa il singolo (Cass., 1, 19/1/2018). Dall’esame dei precedenti deve concludersi che, nell’ipotesi in cui manchi il presupposto per il riconoscimento del canone – e cioè l’occupazione di suolo pubblico – il canone certamente non sia dovuto, come correttamente ritenuto dall’impugnata sentenza.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro 700 (oltre euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.