In tema di risoluzione del contratto di locazione per vizi della cosa ex art. 1578 cod. civ., e non per inadempimento, la data alla quale può ricondursi la legittima interruzione del pagamento del canone coincide con quella della spedizione della raccomandata con cui il conduttore comunica il recesso, documentando la circostanza che rende l’intero bene inidoneo all’uso per il quale il contratto è stato stipulato.
È il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 13594/2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., sent. 21.5.2019,
n. 13594
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1. G.D. (ed altri della stessa famiglia) ricorrono, affidandosi a tredici motivi illustrati anche con memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Firenze che aveva confermato la pronuncia del Tribunale di accoglimento dell’opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei confronti dei conduttori A.D. (e altro) per il mancato pagamento dei canoni relativi alla locazione di un immobile di cui i ricorrenti erano comproprietari, e di accertamento dei vizi del bene con dichiarazione di risoluzione del contratto ed accoglimento della domanda riconvenzionale dei conduttori per il risarcimento dei danni subiti a seguito del crollo di un controsoffitto dell’appartamento.
1.1. Per ciò che rileva in questa sede, il Tribunale, con la sentenza confermata dalla Corte territoriale, dopo aver ridotto l’importo spettante ai locatori per la morosità dedotta, aveva compensato i rispettivi crediti ed aveva respinto la domanda proposta dai D. nei confronti di N.D. e S.D., conduttori di un altro appartamento di loro proprietà soprastante a quello locato a A.D. (e altro) (dal quale provenivano le perdite che avevano determinato il cedimento del solaio), per essere manlevati dalle loro pretese risarcitorie.
2. Tutti gli intimati hanno resistito.
(omissis)
8. Con il nono motivo, i ricorrenti deducono, ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., la violazione degli artt. 1334, 1453, 1458, 1587 e 1578 c.c: contestano la decorrenza della risoluzione contrattuale che la Corte d’appello ha ricondotto alla data di spedizione della lettera di recesso (affermando specificamente che si trattava di risoluzione per vizi della cosa e non per inadempimento) e non dalla data di domanda giudiziale o della decisione su essa.
8.1. Assumono, al riguardo, che si trattava, comunque, di inadempimento; e che la norma invocata (art. 1453 c.c.) prevedeva che nei contratti a prestazioni corrispettive, la domanda di risoluzione costituiva il riferimento temporale per sospendere la controprestazione; lamentano altresì che, trattandosi di contratto a prestazione continuata, doveva comunque valutarsi che la controprestazione non era mancata del tutto.
8.2. La censura è infondata.
La Corte d’appello ha correttamente (sia pur sinteticamente) motivato, sul punto affermando che, “trattandosi di una risoluzione per vizi della cosa e non per inadempimento” (cfr. pag. 8 sentenza impugnata), l’interruzione dell’obbligo di pagare il corrispettivo era stato correttamente ricondotto alla data di spedizione della raccomandata: risulta insussistente, pertanto, la dedotta violazione di legge, tenuto conto che nella contestazione veniva puntualmente comunicato che l’utilizzo della parte principale dell’appartamento (e cioè la stanza da letto) era pregiudicato dalla dichiarazione di inagibilità dei Vigili del Fuoco e che ciò rendeva l’intero bene inidoneo all’uso per il quale il contratto era stato stipulato.
8.3. In relazione a ciò risulta, quindi, corretta la decisione di ritenere non spettante il canone di locazione dal momento in cui, con la spedizione della raccomandata, era stato reso noto ai locatori il fatto occorso e l’impossibilità di utilizzare il bene, dichiarato inagibile: l’art.1458 u. co, è stato, pertanto, correttamente applicato, non ricorrendo alcuna valida ragione, riconducibile alle norme di legge che si assumono violate, in base alla quale la sospensione del pagamento del canone debba essere ricondotta, come dedotto dai ricorrenti, alla data della domanda giudiziale o a quella della relativa pronuncia.
(omissis)
13. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida per ciascuna parte controricorrente in euro 3500 per compensi ed euro 200 per esborsi, oltre ad accessori e rimborso forfettario spese generali nella misura di legge.