La delibera di assemblea costituisce titolo di credito del condominio e, di per sé, prova l’esistenza di tale credito e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio di opposizione che quest’ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è dunque ristretto alla sola verifica della esistenza e della efficacia della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere.
È il più importante tra i principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 17863 del 27 agosto 2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 27.8.2020,
n. 17863
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Il Condominio … chiedeva e otteneva dal Tribunale di Pescara, in forza di delibera di assemblea del 26 maggio 2015, decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, nei confronti del condomino R.L. per il pagamento di contributi condominiali.
Contro il decreto, il R.L. proponeva opposizione, sollevando una serie di contestazioni circa l’effettiva debenza delle voci a suo carico secondo la delibera assembleare. Proponeva inoltre domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna dell’ingiungente al risarcimento del danno per infiltrazione di acqua al proprio appartamento, che imputava a porzione condominiale. In proposito rilevava che il condominio non aveva dato esecuzione a sentenza inter partes che imponeva a suo carico l’esecuzione di opere di manutenzione, sentenza emessa dal giudice di pace e confermata in via definitiva in appello.
Il tribunale rigettava l’opposizione, argomentando che la delibera di assemblea era idonea a fornire la prova del credito oltre la fase monitoria, non essendo stata impugnata, né essendo stata sospesa la sua efficacia.
Il primo giudice dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale di danni proposta dall’opponente, rilevando che si trattava di questione già decisa e, in ogni caso, perché non ricorrevano i requisiti richiesti dall’art. 36 c.p.c., in assenza di ragioni idonee a giustificare comunque la trattazione simultanea delle cause.
La Corte d’appello dell’Aquila confermava la sentenza.
Contro la sentenza il R.L. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
Il condominio è rimasto intimato.
(omissis)
Il primo motivo denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in tema di riparto dell’onere probatorio, vizio rilevante ai sensi dei nn. 3 e 4 dell’art. 360 c.p.c. per avere la corte territoriale aquilana respinto la domanda oppositiva ritenendo accertato il credito escusso in decreto ingiuntivo sulla base della sola delibera assembleare del 26.5.2015. Ulteriore violazione delle norme afferenti il giudizio oppositivo (artt. 642, 645, 649 c.p.c.) pienamente esperibile e non delibato nel merito”.
La Corte d’appello, riconoscendo erroneamente l’efficacia probatoria della delibera condominiale anche nella fase di opposizione, ha omesso la verifica della effettiva esistenza del debito a carico del condomino.
Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c..
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di riscossione di contributi condominiali, la delibera di assemblea «costituisce titolo di credito del condominio e, di per sé, prova l’esistenza di tale credito e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel giudizio di opposizione che quest’ultimo proponga contro tale decreto, ed il cui ambito è dunque ristretto alla sola verifica della esistenza e della efficacia della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere» (Cass. n. 2387/2003; conf. n. 4951/2005; S.U., n. 26629/2009; n. 4672/2017).
Il giudice dell’opposizione, pertanto, deve accogliere l’opposizione solo quando la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia per esserne stata sospesa l’esecuzione dal giudice dinanzi al quale la stessa delibera sia stata impugnata o per essere da questi annullata con sentenza anche non passata in giudicato (Cass. n. 7741/2017).
Ciò posto è chiaro che il ricorrente, nel negare l’efficacia probatoria della delibera assembleare oltre la fase monitoria, non tiene conto dei principi di cui sopra, che sono stati correttamente applicati dalla corte d’appello con la sentenza impugnata, nella quale si legge testualmente: «È, in primo luogo, incontroverso che in data 26 maggio 2015 sia stata approvata la delibera condominiale contenente il rendiconto di spesa 2014 il preventivo di spesa 2015, con i relativi piani di riparto e che sulla base di tale delibera sia stato ottenuto il decreto ingiuntivo. È altresì incontroverso l’importo che in sede di riparto delle spese tra i condòmini era individuato come dovuto dall’opponente (quello portato dal decreto ingiuntivo). È incontroverso che tale delibera non sia stata impugnata da R.L. né, per quanto consta, da altri».
Il secondo motivo è così rubricato: «violazione e falsa applicazione dell’art. 36 c.p.c. avendo a torto decretato la corte aquilana l’inammissibilità della domanda riconvenzionale avanzata dall’odierno ricorrente per supposto difetto di connessione con la domanda attorea.
Violazione rilevante ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c.. Ulteriore violazione di legge con riferimento all’art. 63 disp. att. c.p.c. avendo la medesima corte avallato il credito portato dal decreto ingiuntivo avuto riguardo a delibere assembleari relative a periodi precedenti all’acquisizione della qualità di condomino da parte del R.L. e comunque a periodi antecedenti all’amministrazione in corso e all’anno precedente».
Il motivo propone tre diverse censure:
a) una, di carattere processuale, perché la corte d’appello ha ignorato il principio che le domande riconvenzionali sono consentite anche oltre i limiti dell’art. 36 c.p.c.;
b) la seconda riguardante il contenuto diritto del condomino nei confronti dell’amministratore rispetto alla documentazione contabile: si sostiene che, contrariamente a quanto affermato dal giudice d’appello, il condomino ha diritto all’invio della stessa documentazione e non alla sola consultazione; c
c) il terzo profilo, adombrato nella rubrica, riguardante il fatto che il condominio aveva fatto valere ragioni di credito riferite a periodi nei quali il R.L. non era ancora condomino.
Il motivo è complessivamente inammissibile.
«La declaratoria di inammissibilità di una domanda riconvenzionale non dipendente dal titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello già appartenente alla causa come mezzo di eccezione costituisce l’esito di una valutazione riservata all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove sia stata adeguatamente argomentata l’inopportunità del simultaneus processus» (Cass. n. 24684/2013).
Al riguardo la corte d’appello, investita da apposita ragione di censura, ha condiviso e fatta propria la valutazione di non opportunità già espressa dal tribunale, secondo il quale era nella specie «evidente che una domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni, a fronte della pretesa creditoria del condominio, che, in quanto fondata su un titolo legittimo ed efficace, è di pronta soluzione, introduce un tema di indagine che, oltre ad implicare la risoluzione di questioni completamente diverse, sia in fatto che in diritto, determina una dilatazione dei tempi in contrasto con il principio di economia processuale» (v. trascrizione sentenza di primo grado a pag. 4 del ricorso).
Tale valutazione, logica e coerente, è incensurabile in questa sede.
In quanto al contenuto del diritto del condomino rispetto alla documentazione contabile, si tratta di considerazioni prive di incidenza sulla decisione, avendo la corte d’appello ritenuto che il condomino attuale ricorrente non avesse dato prova della richiesta rivolta all’amministratore. Si deve aggiungere che le considerazioni della corte d’appello sono in linea con la giurisprudenza della Suprema Corte, che riconosce al condomino un diritto di accesso, previa richiesta rivolta all’amministratore (Cass. n. 19799/2014).
Infine, quanto al fatto che delibera di assemblea conteneva voci di spesa relative a debiti pregressi, la questione è rimasta assorbita nella valutazione compiuta sulla perdurante efficacia della stessa delibera in assenza di impugnazione.
(omissis)
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Nulla spese.
(omissis)
dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.